di
Ilaria Sacchettoni

L’ospedale Israelitico titolare delle mura: «Lo riapriremo». Ora una gara pubblica che stabilirà l’offerta migliore e una nuova gestione

Caffè Greco adieu. Addio ai tavolini di marmo, agli arredi storici, all’orgoglio del cameriere in divisa. Addio all’insegna originale, al rumore di spicci sul banco, al vociare tra i corridoi. Cambiato il tamburo della serratura — è bastato qualche minuto al fabbro, Massimo — si chiudono sette anni di guerra tra la proprietà dell’ospedale Israelitico e il gestore del locale (vincolato) Carlo Pellegrini. Era il 2017 quando filtrò la notizia di uno strappo fra i due. Ieri l’ufficiale giudiziario ha eseguito lo sfratto dopo mille proroghe e altrettante scaramucce.

Dietro lo sgombero, accuse e misteri. La prima che affiora già in mattinata riguarda lo stato dei luoghi, con pareti danneggiate dallo spostamento di tele e mobilia. Alcune foto le ritraggono smembrate e scrostate. Quei beni erano stati sequestrati nei giorni scorsi dai carabinieri della Tutela del Patrimonio che dopo averli rintracciati in un magazzino di Pellegrini, li avevano inventariati e trasferiti in un deposito pubblico. 



















































Vi saranno lavori di manutenzione straordinaria (a spese della proprietà) a breve. Ma il rebus numero uno riguarda il futuro del locale. Sarà caffè? O sarà griffe? Qualcuno riferisce di «proposte informali» venute da maison già «accasate» lungo via dei Condotti e intenzionate ad ampliare il proprio spazio. Addirittura si parla di un’offerta pari a un milione e mezzo di euro annuali con cui l’ospedale, approdato al concordato con i fornitori, si potrebbe salvare. Eppure il commissario, Antonio Maria Leozappa, appare convinto che il destino del civico 86 di via dei Condotti sia di tornare ad essere caffè: «Ora lavoreremo intensamente alla riapertura del locale», spiega ai cronisti a operazioni concluse. 

Turisti dall’aria smarrita chiedono che fine abbiano fatto cappuccini e dolcetti con vista sullo shopping internazionale. Le limitrofe Gucci, Bulgari, Cartier, Prada, Max Mara, immerse nel loro felpato viavai, sembrano aver già digerito la novità.

Gli avvocati (studio Anselmo/Lemme per Pellegrini, più gli studi del civilista Frisina e del penalista Lattanzi per l’Israelitico) sono al lavoro. Pellegrini, nel giorno più cupo, ammonisce: «Non si chiude così la faccenda. Il locale appena sigillato è un bene pubblico vincolato. Il ministero dei Beni culturali non ha ritenuto di difenderci. La questione è grave. Siamo pronti a rivalerci in tutte le sedi. Risponderanno di concorso in reato di omissione». Il tema c’è. Esiste un vincolo rinnovato recentemente (nel 2024) che tutela il Caffè Greco: gli avvocati di Pellegrini accusano di «inerzia» il dicastero guidato da Alessandro Giuli

«Nei limiti della propria posizione, l’Antico Caffè Greco ha tentato in questi anni di adempiere nel migliore dei modi agli obblighi di conservazione, tutela e valorizzazione anche dei valori immateriali», scrivono Anselmo/Lemme. Lo scatto in bianco e nero che riuniva Palazzeschi, Welles, Petrassi, Levi e altri ancora, accomodati ai tavolini del caffé, è già storia.


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8 ottobre 2025 ( modifica il 8 ottobre 2025 | 20:34)