I terroristi avrebbero detto sì alla capitolazione ma non vogliono un ruolo diretto dell’ex premier laburista. Gli Huthi lanciano droni esplosivi contro Israele. Seconda «regata» di attivisti verso la zona di guerra.A che punto è la il processo diplomatico relativo alla crisi di Gaza? Si è concluso, nel pomeriggio italiano di ieri, il secondo giorno dei colloqui indiretti, mediati da Egitto e Qatar, tra Israele e Hamas: colloqui che, ricordiamolo, sono dedicati al piano di pace per Gaza, elaborato dalla Casa Bianca. In particolare, secondo fonti della stessa Hamas, le discussioni di ieri si sarebbero concentrare sul calendario del rilascio degli ostaggi e sulle mappe del ritiro delle forze israeliane. Il gruppo terroristico avrebbe precisato che la liberazione dell’ultimo dei prigionieri nelle sue mani dovrebbe avvenire contemporaneamente all’abbandono della Striscia da parte delle truppe dello Stato ebraico.Non solo. Secondo l’agenzia di stampa Efe, Hamas avrebbe «accettato di consegnare le sue armi a un comitato egiziano-palestinese, rifiutando categoricamente di affidare la gestione della Striscia di Gaza a un comitato di transizione internazionale». Avrebbe, inoltre, chiesto «di negoziare la gestione di Gaza con l’Autorità nazionale palestinese», bocciando al contempo «la presenza di Tony Blair come governatore di Gaza». Tra l’altro, stando alla testata Al-Kahera Al Akhbariya, il gruppo islamista avrebbe altresì chiesto che Israele rilasci vari prigionieri palestinesi condannati all’ergastolo. Sempre ieri, il portavoce del ministero degli Esteri del Qatar, Majed Al Ansari, ha dichiarato che «se Hamas consegnasse gli ostaggi, ciò significherebbe la fine della guerra». Ha, inoltre, affermato che lo Stato ebraico avrebbe dovuto interrompere le azioni belliche sin da subito, per poi sottolineare che è comunque ancora troppo presto per parlare di ottimismo e pessimismo in riferimento alle trattative. Israele, dal canto suo, ha fatto sapere che c’è «ottimismo, ma molta cautela».Nel frattempo, il ministro degli Esteri egiziano, Badr Abdelatty, ha reso noto che, oggi, si unirà ai colloqui anche l’inviato americano per il Medio Oriente, Steve Witkoff. «C’è una possibilità di pace in Medio Oriente, anche oltre la situazione a Gaza», ha dichiarato ieri Donald Trump, per poi aggiungere: «Ogni Paese nel mondo sostiene il piano, c’è una reale possibilità di fare qualcosa». Poco prima, secondo Axios, Trump aveva avuto un incontro con lo stesso Witkoff e con il genero, Jared Kushner, che erano pronti per recarsi in Egitto. Al meeting erano presenti anche il vicepresidente americano, JD Vance, il segretario di Stato, Marco Rubio, e il capo dello staff della Casa Bianca, Susie Wiles. Del resto, già lunedì il presidente americano si era detto «abbastanza sicuro» del fatto che potesse essere raggiunto un accordo. «Penso che troveremo un accordo. Hanno cercato di raggiungere un accordo con Gaza letteralmente per secoli», aveva affermato.Per la Casa Bianca, l’intesa sul piano di pace costituisce una priorità. Trump vuole evitare che possano deragliare i rapporti tra il mondo arabo e lo Stato ebraico. Il suo obiettivo è quello di rilanciare e possibilmente di espandere gli Accordi di Abramo: una cornice, questa, all’interno di cui il presidente americano vuole inserire la ricostruzione di Gaza e ridisegnare gli equilibri politico-diplomatici del Medio Oriente. Non a caso, l’altro ieri, il presidente americano aveva minimizzato i dissidi con Benjamin Netanyahu, che erano stati riportati dalla stampa, e ha avuto parole amichevoli sia per Recep Tayyip Erdogan sia per il mondo arabo.«Ho parlato con il presidente turco Erdogan. È fantastico. Ha insistito molto per un accordo su Gaza e Hamas nutre grande rispetto per lui. Hanno grande rispetto per il Qatar, gli Emirati arabi uniti e l’Arabia Saudita», aveva affermato l’inquilino della Casa Bianca. Non a caso, oggi ai colloqui prenderanno parte anche il primo ministro del Qatar e una delegazione turca.Ed è qui che emerge l’incognita di Teheran. L’altro ieri, pur criticando Israele, il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Esmaeil Baghaei, era sembrato aprire al piano di pace proposto da Trump, sostenendo che il regime khomeinista sostiene ogni iniziativa che «metta fine alle uccisioni a Gaza». D’altronde, la stessa Hamas, che è storicamente spalleggiata da Teheran, sta attualmente tenendo dei colloqui indiretti con lo Stato ebraico per cercare di concludere un accordo. Eppure, nella giornata di ieri, gli Huthi hanno lanciato quattro droni carichi di esplosivo contro il territorio israeliano. Ricordiamo che il gruppo terroristico yemenita è strettamente legato al regime khomeinista. Ci sarebbe, dunque, da chiedersi per quale motivo abbia scelto di lanciare droni contro lo Stato ebraico proprio mentre si tenevano le trattative tra Israele e Hamas. Non è da escludere che Teheran voglia cercare di mettere sotto pressione Gerusalemme e di creare tensione durante i colloqui di Sharm El Sheikh. D’altronde, un’intesa tra Washington e Teheran sul nucleare sembra ancora lontana: basti pensare che, domenica scorsa, Trump aveva intimato esplicitamente al regime degli ayatollah di non riavviare il loro programma atomico.È intanto in viaggio una seconda Flotilla che, composta da una decina di imbarcazioni (sei gli italiani presenti nel convoglio, ndr), potrebbe arrivare entro oggi nella zona rossa ed essere quindi intercettata da Israele. «Tra due giorni le persone di Gaza Freedom Flotilla e Thousand Madleens to Gaza sfideranno di nuovo il blocco navale israeliano», ha dichiarato l’attivista della Global Sumud Flotilla, Tony La Piccirella.

Iil presidente di Confindustria Energia Guido Brusco

Alla Conferenza annuale della federazione, il presidente Guido Brusco sollecita regole chiare e tempi certi per sbloccare investimenti strategici. Stop alla burocrazia, realismo sulla decarbonizzazione e dialogo con il sindacato.

Visione, investimenti e alleanze per rendere l’energia il motore dello sviluppo italiano. È questo il messaggio lanciato da Confindustria Energia in occasione della Terza Conferenza annuale, svoltasi a Roma l’8 ottobre. Il presidente Guido Brusco ha aperto i lavori sottolineando la complessità del contesto internazionale: «Il sistema energetico italiano ed europeo affronta una fase di straordinaria complessità. L’autonomia strategica non è più un concetto astratto ma una priorità concreta».

La transizione energetica, ha proseguito Brusco, deve essere affrontata con «realismo e coerenza», evitando approcci ideologici che rischiano di danneggiare la competitività industriale. Decarbonizzazione, dunque, ma attraverso strumenti efficaci e con il contributo di tutte le tecnologie disponibili: dal gas all’idrogeno, dai biocarburanti al nucleare di nuova generazione, dalle rinnovabili alla cattura e stoccaggio della CO2.

Uno dei nodi principali resta quello delle autorizzazioni, considerate un vero freno alla competitività. I dati del Servizio Studi della Camera dei Deputati parlano chiaro: nel primo semestre del 2025, la durata media di una Valutazione di Impatto Ambientale è stata di circa mille giorni; per ottenere un Provvedimento Autorizzatorio Unico ne servono oltre milleduecento. Tempi incompatibili con la velocità richiesta dalla transizione.

«Non chiediamo scorciatoie — ha precisato Brusco — ma certezza del diritto e responsabilità nelle decisioni. Il Paese deve premiare chi investe in innovazione e sostenibilità, non ostacolarlo con inefficienze che non possiamo più permetterci».

Per superare la frammentazione normativa, Confindustria Energia propone una legge quadro sull’energia, fondata sui principi di neutralità tecnologica e sociale. Uno strumento che consenta una pianificazione stabile e flessibile, in linea con l’evoluzione tecnologica e con il coinvolgimento delle comunità. Una recente ricerca del Censis evidenzia infatti come la dimensione sociale sia cruciale: i cittadini sono disposti a modificare i propri comportamenti, ma servono trasparenza e dialogo.

Altro capitolo centrale è quello delle competenze. «Non ci sarà transizione energetica senza una transizione delle competenze», ha ricordato Brusco, rilanciando la necessità di investire nella formazione e nel rafforzamento della collaborazione tra imprese, università e scuole.

Il presidente ha infine ringraziato il sindacato per il rinnovo del contratto collettivo nazionale del settore energia e petrolio, definendolo un esempio di confronto «serio, trasparente e orientato al futuro». Un modello, ha concluso, «basato sul dialogo e sulla corresponsabilità, capace di conciliare la valorizzazione del lavoro con la competitività delle imprese».

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