di
Fausta Chiesa

Nella partita giocano Enel, che detiene la stragrande maggioranza degli impianti, ed altre grandi aziende di taglia grande, media o più piccola come A2a, Edison, Iren, Cva, Hera, Dolomiti Energia e Alperia. Ma serve l’ok di Bruxelles

La prossima, grande, partita per il mondo italiano dell’energia? L’idroelettrico. Il tema non a caso è stato citato da più ceo e presidenti, intervenuti ieri 7 ottobre all’assemblea annuale di Elettricità Futura e oggi, 8 ottobre, alla conferenza annuale di Confindustria Energia. Nella partita, giocano sia un big del calibro di Enel, che detiene la stragrande maggioranza degli impianti ed altre grandi aziende di taglia grande, media o più piccola come A2a, Edison, Iren, Cva, Hera, Dolomiti Energia e Alperia.  

La scadenza delle concessioni 

La sfida più grande sono le concessioni, in scadenza per la maggior parte nel 2029 (alla gara indetta dalla Regione Lombardia per piccole dighe si è presentato anche il miliardario ceco Daniel Kretinsky giusto per far capire quanto fanno gola...) e su cui le 4 proposte per non metterle a gara (siamo l’unico Paese Ue a doverlo fare perché era una delle condizioni per avere una rate del Pnrr…) a fronte di investimenti non ha ancora ricevuto risposta da Bruxelles. Il presidente di EF Gianni Vittorio Armani ha messo l’accento proprio sugli investimenti complessivi del settore: «85 miliardi nel periodo 2023-2027, mentre per l’idroelettrico le aziende metterebbero sul piatto fino a 16 miliardi, nel caso le concessioni fossero riassegnate. «L’idroelettrico – ha dichiarato a Confindustria Energia Luca Dal Fabbro, presidente Utilitalia, del gruppo Iren e vicepresidente aggiunto di EF – rappresenta un bene strategico per il Paese, da tutelare e valorizzare, come fonte energetica primaria per la sicurezza nazionale. Le realtà più idonee a gestirlo in modo efficiente e sostenibile sono quelle che da decenni operano nel settore: le multiutility, che possono abbinare competenze specifiche e capacità di investimento significative».



















































L’asta per i pompaggi

E altri miliardi sono disponibili per le dighe e per i pompaggi idroelettrici che sono programmabili», ha aggiunto il ceo di Edison Nicola Monti sempre all’assemblea di EF. Per realizzarli, ha dichiarato il dg Mercati e Infrastrutture energetiche del Mase Alessandro Noce, «la prima asta potrebbe arrivare già nel 2026».  Ma il condizionale è d’obbligo perché per poter permettere una forma di incentivazione bisogna anche qui fare i conti con Bruxelles e la programmabilità di fonti rinnovabili non basta come motivazione: questo perché l’asta «Macse» per un’altra forma di accumulo di energia green, le Bess (Battery energy storage system) per stoccare il solare, si è chiusa aggiudicando i progetti a un prezzo molto più basso delle attese: 13mila euro al megawattora a fronte di una base fissata da Arera di 37 mila euro e i pompaggi (sistemi che fanno risalire l’acqua di una diga pompandola dal bacino inferiore a quello superiore durante i periodi di bassa domanda energetica per poi poterla rilasciare e produrre energia quando la domanda è alta e la produzione delle altre rinnovabili non basta) costano molto di più. Quindi, la Commissione Europea avrebbe buon gioco a dire che se si può stoccare l’energia verde a questo prezzi non ha senso farlo a un prezzo più alto: si tratterebbe di aiuti di Stato alle imprese. La soluzione potrebbe essere quella di allargare l’utilità dei pompaggi anche alla gestione idrica in regioni che hanno grandi problemi di siccità. 

Gli energivori e la mediazione di Argirò

Altro fronte legato all’idro che si gioca internamente nel mondo di Confindustria – che associa e rappresenta sia le aziende manifetturiere grandi consumatrici di energia (come FederAcciai) sia i produttori di energia (Elettricità Futura) – è la richiesta dagli energivori di avere idro a prezzi più bassi rispetto a quelli di mercato. Dopo un grandissimo mal di pancia all’interno di EF, il vicepresidente dell’associazione con delega all’idro Giuseppe Argirò, ceo di Cva, storico sostenitore di una proposta di EF, ha portato alla soluzione compromesso all’interno dell’associazione: la disponibilità è di cedere il 15% dell’idroelettrico prodotto.  

L’ultima parola alla Ue 

Ma la condizione per fare gli investimenti, realizzare i pompaggi e cedere energia idro a prezzi calmierati è avere un orizzonte temporale lungo e quindi non essere nella condizione di perdere le dighe. Che Bruxelles batta un colpo.

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8 ottobre 2025 ( modifica il 8 ottobre 2025 | 22:18)