«Appena lo ha saputo, Dimarco mi ha chiamato subito per congratularsi. Siamo buoni amici. Era molto felice per me, perché sa quanto significhi per me e quanto ami la Serbia. È orgoglioso, come la mia famiglia. I suoi consigli mi hanno aiutato anche quando dovevo decidere se trasferirmi al Lucerna. Era l’estate di un anno fa, avevo offerte dalla Serie B, ma Federico mi disse: “Vai in Svizzera, gioca, lì ti daranno spazio.” Era stato a Sion, conosce il livello del calcio. Naturalmente, non è stato facile lasciare l’Italia, ma lo rifarei senza esitazione».

«Un grande club, un progetto serio. Tutti mi hanno aiutato a integrarmi nel gruppo. Non mi è servito molto per conquistarmi un posto da titolare. Sono grato all’allenatore, ai compagni, a tutti nel club. Senza di loro non mi sarei adattato così velocemente».

«Sono felice per Chivu. So quanto lavora, quanto significhi per lui l’Inter e quanto sia importante per lui questa opportunità. Tifo per lui con tutto il cuore.»

«Papà è il mio idolo, non c’è dubbio. Ma ho guardato tanto Çalhanoğlu negli ultimi due anni mentre mi allenavo con la prima squadra. Quello che fa in campo è semplicemente incredibile».

«Come ogni padre direbbe a un figlio, mi ha detto di comportarmi bene, e che prima di indossare la maglia, di guardare lo stemma della Serbia e di metterlo sempre davanti al cognome. Ho visto la sua foto davanti agli spogliatoi. Ogni volta che vengo a Pazova, mi fermo davanti a quella foto, la guardo e desidero un giorno avvicinarmi al suo numero di presenze in Nazionale».