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Paolo Sottocorona, il ricordo del meteorologo Marco Rabito: «Era un grande divulgatore, non si è mai atteggiato a star»
IIntrattenimento

Paolo Sottocorona, il ricordo del meteorologo Marco Rabito: «Era un grande divulgatore, non si è mai atteggiato a star»

  • 9 Ottobre 2025

di
Dimitri Canello

Il collega racconta il rapporto con l’«uomo del tempo» di La7 scomparso di recente: «Studiò con me il tornado del 2015 in Riviera del Brenta. Esempio di competenza, umiltà e passione, ha contribuito a creare consapevolezza sul cambiamento climatico»

La scomparsa di Paolo Sottocorona, storico meteorologo di La7, avvenuta mercoledì 8 ottobre, ha profondamente colpito il mondo della meteorologia italiana e il pubblico televisivo che per decenni si è affidato alle sue spiegazioni chiare e pacate. Figura autorevole e al tempo stesso accessibile, Sottocorona ha rappresentato un punto di riferimento per chi si avvicinava a questo campo complesso. Marco Rabito, meteorologo vicentino, con lui aveva condiviso momenti professionali importanti.

Rabito, come ha accolto la notizia della scomparsa di Paolo Sottocorona?
«Con grande tristezza e sconforto. Paolo era un meteorologo e divulgatore di straordinaria qualità, ma soprattutto una persona disponibile e cordiale. Ho avuto la fortuna di collaborare con lui negli ultimi dieci anni e posso dire che lascia un vuoto enorme. Raccontare la sua figura richiederebbe molte considerazioni: rappresentava una meteorologia che oggi si è un po’ persa, quella che dava spazio alla spiegazione, al racconto, alla divulgazione vera».



















































Che tipo di professionista era?
«Era uno che sapeva comunicare, sempre. Sapeva raggiungere chi stava dall’altra parte dello schermo, riusciva a spiegare concetti complessi con parole semplici, senza mai banalizzare. Mi hanno sempre colpito la sua umiltà e la capacità di trattare argomenti tecnici in modo accessibile anche ai non addetti ai lavori. Aveva un grande rispetto per il pubblico e per la materia che raccontava».

Lei ha avuto occasione di collaborare con lui in modo diretto…
«Sì. In particolare, nel 2016, lavorammo insieme su uno studio relativo al tornado di Dolo e Pianiga del 2015, un evento meteorologico eccezionale per il Nordest. Paolo realizzò l’introduzione al lavoro con grande disponibilità e competenza. Ricordo che lo definì “esemplare per accuratezza” e disse che avrebbe potuto essere utilizzato come protocollo per affrontare eventi simili in futuro. Era molto attento e generoso nel valorizzare il lavoro altrui».

Quando l’ha conosciuto per la prima volta?
«Lo avevo incontrato già ad alcuni convegni, prima della collaborazione vera e propria. Era sempre gentile, mai sopra le righe. Nonostante la notorietà televisiva, non si è mai atteggiato a “star”. Era un collega con cui era facile parlare».

Molti lo ricordano per il suo stile televisivo unico.
«Assolutamente. La7 gli concedeva molto più tempo rispetto agli spazi canonici delle previsioni meteo: circa sette minuti ogni mattina, contro il minuto e mezzo di altre emittenti. E lui quei sette minuti li sapeva usare in modo magistrale. Tanti si sono avvicinati alla meteorologia proprio grazie a lui. Sapeva accompagnare gli spettatori in un viaggio dentro l’atmosfera, senza fretta, con precisione e calma».

Era anche una voce netta su temi importanti come il cambiamento climatico.
«Questo è un altro aspetto che apprezzavo moltissimo. Non ha mai avuto paura di prendere posizione. Ha sempre stigmatizzato i negazionisti con fermezza, senza scadere nella polemica, ma con argomentazioni solide. Ha contribuito a creare consapevolezza, cosa che per noi meteorologi è fondamentale».

C’è un ricordo personale che le resterà più di altri?
«Oltre ai momenti professionali, mi ha molto colpito la sua ultima apparizione: aveva letto in diretta una poesia su Gaza inviata da una telespettatrice, poi aveva fatto le previsioni per oggi e domani. Pensare che il giorno dopo non ci fosse più è sconvolgente. Credo che porterò sempre con me un po’ di Paolo, perché gli esempi di vita servono proprio a questo».

Anche la comunità scientifica lo aveva riconosciuto pubblicamente…
«Sì, qualche anno fa gli avevamo conferito, tramite Unimet, il premio come “Meteorologo dell’anno”. Era il 2020. Lo meritava pienamente: era un riferimento per tutti noi».

Che eredità lascia Paolo Sottocorona?
«Lascia l’esempio di come si può fare divulgazione con competenza, umiltà e passione. Ha aperto la strada a molti e ha fatto capire che la meteorologia non è solo icone sullo schermo, ma racconto, conoscenza, responsabilità verso chi ascolta. È questo che resterà del suo percorso umano e professionale».


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9 ottobre 2025

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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