di
Virginia Piccolillo

Alla camera 251 contrari all’autorizzazione a procedere per Nordio e Mantovano, 256 per Piantedosi. In totale la maggioranza aveva 242 voti più i 3 del gruppo misto

«Eravamo vincolati al segreto istruttorio. Quella “timidezza” o addirittura “menzogna” che ci è stata attribuita dipendeva dal fatto che non si potevano esternare in Parlamento delle considerazioni che potevano essere fatte solo davanti al Tribunale dei ministri». Il ministro della Giustizia Carlo Nordio esce soddisfatto dall’aula della Camera che, presente la premier Giorgia Meloni, ha «scudato» lui, il ministro Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano, per la consegna alla Libia del torturatore libico Osama Almasri, ricercato dalla Corte Penale internazionale, anziché arrestarlo. E ha confermato che non dovranno essere processati, come invece chiedeva il Tribunale dei ministri. 

Le argomentazioni del governo, a sorpresa, raccolgono più dei voti previsti. Nordio lo annuncia soddisfatto, «risultato oltre le aspettative numeriche»: 251 «no» per Nordio e Mantovano, 256 per Piantedosi. Invece dei 242 della maggioranza più i 3 del gruppo misto. 



















































Ed è subito giallo. Chi ha tradito la disciplina di partito? Elly Schlein e Giuseppe Conte si intrattengono a lungo e ne parlano. Come altri. Ciascuno ha sospetti diversi. Ci si interroga sui renziani, che smentiscono. Azione aveva annunciato il «no» al processo. Allora chi? I dem riformisti? «Non guardate in casa nostra» replica il Pd. Qualche M5S in transizione? Galeazzo Bignami, capogruppo FdI, rimarca: «Fossi un esponente dell’opposizione meno dialogante un dubbio me lo farei venire».

«I servizi avevano segnalato rischi concreti di ritorsioni e minacce per il personale e i cittadini italiani», si è scelta la prudenza istituzionale, in una decisione «dettata dalla ragion di Stato», ricostruisce il relatore di maggioranza Pietro Pittalis (Fi). Allora perché Nordio e Piantedosi in Parlamento parlarono di tutt’altro? Nordio risponde sferrando un attacco durissimo al Tribunale dei ministri che «ha fatto strazio delle norme di diritto». E spiega: «L’aver voluto giurisdizionalizzare la vicenda, affidandola subito alla procura, ha ridotto le nostre capacità difensive, perché eravamo vincolati al segreto». 

In più «violando i diritti più elementari, sono state valorizzate dichiarazioni da noi rese in Parlamento senza garanzie di difesa». Anomalie, le chiama. «Tali e tante» che, dice, «è da stupirsi come non gli siano schizzati i codici tra le mani, ammesso che siano stati consultati». L’Anm reagisce: «Stupisce e rammarica che il ministro decida invece di venir meno a ogni principio di continenza, rispetto e misura, aggredendo in maniera scomposta colleghi sorteggiati per il Tribunale dei ministri, contraddicendo il decantato intento di abbassare i toni».

L’opposizione si infiamma. C’è chi, il relatore di minoranza, minimizza l’allarme libico: «Era generico». E su questo la maggioranza fa quadrato: «Dovevamo aspettare che ci fosse un morto?». E c’è chi, come la dem Debora Serracchiani, avverte: «Riconoscere ai ministri libertà di mentire senza conseguenze mina il rapporto di fiducia tra governo e Camere». L’Avs Angelo Bonelli chiosa: «Almeno avessero chiesto scusa e rivisto gli accordi perché non si riproponga nel futuro».

L’attenzione ora si sposta sulla fase due dell’inchiesta che riguarda la capo di gabinetto del ministro Nordio, Giusi Bartolozzi, accusata di false informazioni ai pm e avviata a un processo a se stante che va avanti, e nel quale, se chiamati a testimoniare i ministri avrebbero l’obbligo di dire la verità. Per salvarla la maggioranza valuta se sollevare un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale, ma ieri in Transatlantico si accarezzava un’altra possibilità. 

La norma prevede la sospensione del procedimento se quello nell’ambito del quale sono state raccolte le informazioni false (in questo caso l’inchiesta del Tribunale dei Ministri) è stato «definito con archiviazione o con sentenza di non luogo a procedere».


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9 ottobre 2025