Le possibilità che qualcuno riesca a spodestare l’attuale presidente della FIA, Mohammed Ben Sulayem, alle elezioni di dicembre appaiono ormai quasi nulle: infatti, nessuno dei suoi rivali sembra in grado di presentare una squadra conforme ai requisiti.

Mohammed Ben Sulayem punta a un secondo mandato quadriennale alla guida della FIA, con le elezioni fissate per il 12 dicembre a Tashkent, in Uzbekistan. Al suo fianco si erano presentati tre potenziali sfidanti: l’ex commissario di gara di Formula 1 Tim Mayer, la pilota svizzera Laura Villars e la conduttrice televisiva belga Virginie Philippot.

I candidati avevano tempo dal 3 al 24 ottobre per presentare la propria candidatura, che prevedeva anche la composizione di una lista presidenziale con i nomi destinati a ricoprire i ruoli di presidente del Senato, vicepresidente per la mobilità e il turismo e vicepresidente per lo sport.

F1 CEO Stefano Domenicali and Fabiana Ecclestone

F1 CEO Stefano Domenicali and Fabiana Ecclestone

Photo by: Zak Mauger / Motorsport Images

La lista deve comprendere anche sette vicepresidenti per lo sport: due provenienti dall’Europa e uno per ciascuna delle altre regioni – MENA, Africa, Nord America, Sud America e Asia-Pacifico. I candidati a queste cariche possono figurare soltanto in una lista presidenziale e devono essere idonei a far parte del Consiglio Mondiale del Motorsport (WMSC). L’elenco ufficiale dei membri eleggibili, reso pubblico di recente, presenta però un dato cruciale: per il Sud America figura un solo nome, quello di Fabiana Ecclestone.

Fabiana Ecclestone, brasiliana e moglie dell’ex patron di Formula 1 Bernie Ecclestone, ricopre attualmente il ruolo di vicepresidente regionale al fianco di Ben Sulayem ed è inserita anche nella sua squadra per la rielezione. Di conseguenza, nessun altro candidato alla presidenza può presentare una lista che rispetti tutti i criteri richiesti.

Le candidature al WMSC potevano essere presentate dalle ASN (Autorità Sportive Nazionali) di ciascun Paese. Con una circolare del 13 giugno, la FIA aveva fissato al 19 settembre il termine ultimo per proporre i nomi. Scaduta quella data, non esiste più alcun meccanismo per inserire nuovi candidati: di conseguenza, nessun altro rappresentante sudamericano può figurare in una lista presidenziale alternativa.

Secondo le linee guida FIA, i candidati al WMSC devono avere meno di 75 anni il giorno delle elezioni e non devono presentare precedenti che possano mettere in dubbio la loro integrità professionale. Ciò implica che Mayer e gli altri aspiranti presidenti non siano riusciti a reclutare in tempo un rappresentante sudamericano, oppure che una candidatura sia stata presentata ma respinta dal Comitato Nomine della FIA.

Tim Mayer

Tim Mayer

Photo by: Clive Mason/Getty Images

Per motivi di riservatezza la FIA non può fornire dettagli, ma alcuni episodi di quest’anno lasciano intuire perché la strada fosse già in salita per Mayer. A maggio la leggenda dei rally Carlos Sainz Sr. aveva annunciato l’intenzione di candidarsi alla presidenza. Alla fine non ha dato seguito a quell’idea, ma la sua sortita aveva comunque catalizzato grande attenzione mediatica.

Poche settimane più tardi, un gruppo di 36 membri FIA di lingua spagnola, insieme a diversi club automobilistici delle Americhe, inviò a Ben Sulayem una lettera congiunta di sostegno alla sua rielezione. Tra i firmatari figurava anche Fabiana Ecclestone.

Ancora più rilevante, la lettera portava la firma di tutti e undici i presidenti delle federazioni sudamericane, a dimostrazione di quanto fosse arduo per qualsiasi rivale di Ben Sulayem convincere uno di loro a cambiare schieramento – passaggio indispensabile per proporre un candidato WMSC disposto a entrare in una lista presidenziale alternativa.

Nel frattempo Mayer aveva intrapreso un tour in Sud America per promuovere la sua campagna “FIA Forward”. “Ho trascorso alcuni giorni intensissimi visitando i nostri club in Cile, Bolivia e Argentina”, ha scritto sul sito ufficiale. “L’accoglienza è stata calorosa ovunque e i paesaggi straordinari, ma soprattutto la visita ha rafforzato la convinzione che la FIA debba offrire soluzioni mirate alle sfide specifiche di ogni regione”.

David Richards and Mohammed Ben Sulayem, President, FIA

David Richards and Mohammed Ben Sulayem, President, FIA

Photo by: Mark Sutton / Motorsport Images

Tuttavia, con Ben Sulayem forte anche del sostegno in Asia e in Africa, lo stesso Mayer aveva riconosciuto che sfidarlo sul terreno della fedeltà dei club membri sarebbe stato complicato. Alle elezioni, infatti, ciascuno dei 149 Paesi affiliati alla FIA dispone di un voto, suddiviso tra la componente sportiva e quella della mobilità.

“È fondamentale che i club membri percepiscano il valore, che vedano cosa ricevono in cambio”, dichiarava Mayer a luglio. “A dire il vero, Mohammed è stato piuttosto bravo a spiegare loro cosa sta facendo. Ma deve farlo a tutti i livelli, non solo qua e là. Deve essere universale all’interno dell’organizzazione”.

Nella lettera di sostegno, i firmatari hanno elogiato Ben Sulayem per la sua leadership e per aver risanato la situazione finanziaria della FIA dopo la pandemia di COVID-19. Allo stesso tempo, però, l’ex pilota di rally è stato criticato per il suo stile di governo.

A marzo, il presidente di Motorsport UK, Dave Richards, ha accusato Ben Sulayem di accentrare il potere, scrivendo in una lettera aperta che “la governance e l’organizzazione costituzionale della FIA stanno diventando sempre più opache, con il potere concentrato nelle mani del solo presidente”.

Mohammed ben Sulayem, FIA President on the grid with a VIP guest.

Mohammed ben Sulayem, FIA President on the grid with a VIP guest.

Foto di: Mark Sutton / Formula 1 via Getty Images

Quella lettera arrivava dopo una serie di dimissioni e licenziamenti di alto profilo all’interno della FIA, che avevano coinvolto lo stesso Mayer, la CEO Natalie Robyn, il direttore tecnico Tim Goss, il direttore sportivo Steve Nielsen, il responsabile della compliance Paolo Basarri e Deborah Mayer, presidente della Commissione FIA Women in Motorsport.

Il vero scossone è arrivato ad aprile, quando il vicepresidente per lo sport Robert Reid – braccio destro di Ben Sulayem – si è dimesso denunciando un “crollo degli standard di governance” e “decisioni critiche prese senza il dovuto processo”. Al suo posto è subentrato Malcolm Wilson, fondatore del team di rally M-Sport.

A giugno, infine, sono emerse contestazioni anche contro le modifiche allo statuto e al codice etico della FIA introdotte da Ben Sulayem, che hanno rafforzato l’influenza del presidente sulla composizione del Senato e irrigidito il processo di selezione dei candidati al WMSC.

All’epoca la FIA aveva spiegato che le modifiche, approvate a larga maggioranza durante l’Assemblea Generale di Macao, erano “destinate a rafforzare ulteriormente i processi di governance e riservatezza”, concedendo al Comitato Nomine “più tempo per valutare i criteri di eleggibilità dei candidati e garantire coerenza e rigore nel processo elettorale”.

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