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Rapper di tutto il mondo, dormite pure sonni tranquilli: il «dissing» – la diffusissima pratica di scrivere versi (anzi: «barre») di denigrazione – nei confronti di colleghi rivali non è reato, non ha a che fare con la diffamazione ma va considerato, piuttosto, «un’opinione». Almeno negli Stati Uniti, dove un giudice federale ha respinto la causa intentata dal canadese Drake, 170 milioni di dischi venduti e un patrimonio personale stimato in 400 milioni di dollari, contro la major Universal Music, per il brano Not Like Us, pubblicato nel 2024 da Kendrick Lamar, 100 milioni di copie vendute, 250 milioni di dollari guadagnati in carriera e addirittura un Premio Pulitzer.

Drake, al secolo Aubrey Drake Graham, si è ritenuto diffamato dal momento che il brano – vincitore quest’anno dei Grammy per miglior canzone, migliore registrazione, miglior pezzo rap, migliore interpretazione rap e miglior videclip – lo definisce pedofilo («Certified Lover Boy? Certified pedophile», recita il testo). Il giudice Jeannette A. Vargas, tuttavia, nel suo parere ha scritto che, per quanto gravi fossero quelle parole, «un ascoltatore ragionevole non avrebbe potuto concludere che Not Like Us trasmettesse fatti oggettivi» su Drake.

«Sebbene l’accusa di pedofilia rivolta al querelante sia certamente grave», si legge nel dispositivo, «il contesto più ampio di una battaglia rap accesa, con linguaggio incendiario e accuse offensive lanciate da entrambi i partecipanti non indurrebbe un ascoltatore ragionevole a credere che Not Like Us trasmetta fatti verificabili su chi ha sporto denuncia».

Gli avvocati di Drake sostenevano che Universal Music, curiosamente la stessa casa discografica di Kendrick Lamar ma anche del querelante, avesse intenzionalmente pubblicato e promosso il brano pur sapendo che conteneva accuse false e diffamatorie e addirittura suggerisse agli ascoltatori di ricorrere a forme di giustizia sommaria. Si sarebbe spiegato così che il fatto che la geolocalizzazione della villa di Drake a Toronto apparisse sulla copertina del singolo. La canzone, secondo la tesi del ricorrente, avrebbe quindi danneggiato la sua reputazione e diminuito il valore del suo marchio.

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Accuse respinte al mittente da Umg. «Fin dall’inizio, questa causa è stata un affronto a tutti gli artisti e alla loro espressione creativa e non avrebbe mai dovuto vedere la luce», ha scritto Universal Music in un comunicato. «Siamo soddisfatti del rigetto da parte del tribunale e non vediamo l’ora di continuare il nostro lavoro promuovendo con successo la musica di Drake e investendo nella sua carriera».