Caricamento player

Il romanzo d’esordio dello scrittore ungherese László Krasznahorkai, vincitore del premio Nobel per la letteratura di quest’anno, ha ispirato un film famoso per i suoi lunghi piani sequenza, i suoi ritmi molto lenti e la sua proverbiale durata: 435 minuti, più di 7 ore.

Il film, diretto dal regista ungherese Béla Tarr nel 1994, ha lo stesso titolo del romanzo: Satantango. Racconta la vicenda degli abitanti di un villaggio ungherese abbandonato che, dopo la fine della loro fattoria collettiva, progettano una nuova vita ispirata ai valori del comunismo. I loro piani vengono però stravolti dal ritorno di Irimiás, un carismatico contadino che li convince a fondare una nuova comunità.

Pur non essendo un film di facile fruizione, negli ultimi trent’anni Satantango è diventato un punto di riferimento per molti cineasti e studiosi. È considerato un esempio radicale e affascinante di cinema d’autore, apprezzato per la sua costruzione rigorosa, la forza visiva (è girato interamente in bianco e nero, con un controllo molto curato della luce naturale) e la capacità di rappresentare lo scorrere del tempo e lo spazio d’azione in modo estremamente realistico.

Nel corso degli anni è stato inserito in numerose classifiche dei migliori film della storia, e continua a essere proiettato nei festival e nelle rassegne dedicate al cinema d’autore.

La lunghezza di Satantango è uno dei motivi del suo fascino. Sui blog e nei forum di discussione dedicati al cinema, gli appassionati si scambiano spesso consigli su come suddividere la visione in più parti e rendere l’esperienza meno traumatica. Quelli che riescono a finirlo, comunque, rimangono quasi sempre soddisfatti.

– Leggi anche: Il Premio Nobel per la Letteratura è stato vinto da László Krasznahorkai

Bèla Tarr aveva in mente di trasporre Satantango già nel 1985, l’anno di uscita del romanzo, ma dovette rimandare a causa del rigido controllo statale sulla produzione cinematografica dell’Ungheria socialista. Il principale problema era il tema centrale del romanzo, che rappresentava in forma allegorica il fallimento delle utopie comuniste, un argomento difficile da affrontare apertamente in quel contesto politico.

Alla fine Satantango uscì nove anni dopo, quando l’Ungheria era diventata una democrazia parlamentare e Tarr era ormai un regista stimato a livello internazionale.

Prima di mettersi a scrivere la sceneggiatura, Tarr ha visitato personalmente i luoghi che hanno ispirato il romanzo di Krasznahorkai, tra cui i villaggi e le fattorie collettive abbandonate della Grande Pianura Ungherese, una vasta regione rurale nella parte orientale del paese, caratterizzata da quei paesaggi rurali e spogli che poi sarebbero diventati lo sfondo del film.

Il film è composto da sole 151 inquadrature, un numero sorprendentemente basso se si considera la sua durata complessiva. Molte di esse sono infatti dei piani sequenza, cioè scene lunghe girate in un’unica ripresa, senza montaggio e quindi senza i normali tagli o l’alternarsi di inquadrature diverse tipici per esempio di un dialogo tra due persone.

Uno degli elementi maggiormente citati da chi ha visto Satantango – o almeno da chi ha provato a guardarlo – è il lungo piano sequenza iniziale: dura quasi 8 minuti, e mostra una mandria di mucche che si muove lentamente tra gli edifici fatiscenti del villaggio, anticipando il ritmo lento e il tono simbolico dell’opera.

In diverse interviste, Tarr ha raccontato che dare grande importanza alla lentezza e spingere lo spettatore a osservare ogni gesto e ogni dettaglio con attenzione quasi contemplativa furono due aspetti fondamentali della costruzione di Satantango.

Per accentuare questa sensazione di dilatazione del tempo, Tarr ha curato ogni minimo dettaglio. Il suo obiettivo era rappresentare un tempo sospeso, avulso dal presente e quasi estraneo alla percezione quotidiana.

Per farlo, ha evitato di inquadrare qualsiasi oggetto che potesse suggerire un legame con l’attualità. «Volevo mettere in scena una sorta di eternità. Non si vedono mai automobili o elementi che indichino una data precisa. Non si vede mai un giornale con la prima pagina e la data. Abbiamo svuotato completamente le strade, eliminando pubblicità e insegne che potessero collocare la storia in un momento preciso, perché per me tutto è eterno», ha raccontato in un’intervista data al British Film Institute nel 2024, in occasione del trentennale di Satantango.

Già prima dell’uscita di Satantango, Krasznahorkai e Tarr avevano sviluppato un forte rapporto di complicità artistica. Nel 1988 avevano scritto insieme la sceneggiatura di Perdizione, il sesto film di Tarr. Nel 2000 uscì Le armonie di Werckmeister, tratto dal romanzo di Krasznahorkai Melancolia della resistenza. In seguito collaborarono anche per le sceneggiature dell’Uomo di Londra (2007) e del Cavallo di Torino (2011), l’ultimo film del regista.

La Rai mandò in onda Satantango in più di un’occasione: qui si può vedere la prima ora e mezza.

– Leggi anche: Come si fa un piano sequenza