La conduttrice è tornata sul trauma vissuto nel 2016, quando furono diffuse foto intime rubate. “La colpa non è mai della vittima”, ha spiegato
10 ottobre – 17:22 – MILANO
In una lunga intervista a Vanity Fair, Diletta Leotta affronta con lucidità la violazione del 2016 che ha cambiato per sempre la sua vita, quando alcune foto intime rubate dal suo archivio Cloud furono diffuse online insieme al numero di telefono. A distanza di quasi dieci anni, la conduttrice ha deciso di trasformare quel trauma in un messaggio di forza, consapevolezza e solidarietà per le altre vittime di violenza digitale. E oggi, a 34 anni, è Ambassador di Meta per la sicurezza online. “La colpa non è mai della vittima”, spiega.
Diletta Leotta, il furto delle foto intime—
Tutto è cominciato con il messaggio da un’amica: “Hai visto le foto che stanno girando in rete?”. Era il 2016, Leotta aveva 26 anni e una promettente carriera televisiva agli esordi. “Sono andata a cercare su Google e intanto il mio telefono ha iniziato a impazzire. Avevano rubato alcune immagini intime e, insieme a quelle, diffuso anche il mio numero di telefono”, aveva raccontato. Nel giro di pochi minuti è stata travolta da una slavina di chiamate e messaggi. “Mi sono sentita paralizzata, violata nella mia identità e nella mia libertà”. Inevitabile il senso di terrore e smarrimento, la sensazione di impotenza.
Dalla paralisi alla denuncia dopo l’hack—
Metabolizzato lo shock iniziale, Diletta Leotta ha trovato la forza di rivolgersi alla polizia postale. “All’inizio totale sconforto, un senso di solitudine incredibile. Non sapevo cosa fare. Poi ho trovato il coraggio di andare a denunciare”, ha raccontato. All’epoca, non esistevano ancora termini come revenge porn o sextortion, oggi usati per indicare la diffusione non consensuale di immagini intime e i ricatti che spesso ne derivano. “Mi sono ritrovata a combattere contro un gigante invisibile, senza strumenti né leggi che mi tutelassero”. Un percorso solitario ma necessario per poter riprendere il controllo della propria vita.
“basta colpevolizzare vittime”—
Al di là della violenza in sé, Diletta Leotta denuncia soprattutto il peso del pregiudizio sociale. “La colpa non è mai della vittima, ma di chi viola la sua privacy”, ha spiegato. “Finché non si fa chiarezza su questo, continueremo a proteggere i carnefici”. La conduttrice aveva criticato una cultura ancora permeata da pregiudizi, in cui le donne vengono spesso additate come responsabili della violenza subita. “C’era persino un programma televisivo che insinuava che fosse colpa mia. Ma non era così”. Ha ricordato come, nei primi anni della diffusione degli smartphone, era comune scattare foto con leggerezza, noncuranti dei rischi legati alla rete.
diletta leotta, il ruolo da Ambassador—
A distanza di anni, Leotta non ha potuto non riconoscere gli enormi progressi compiuti sul fronte della tutela della privacy digitale. “Molto di più rispetto al 2016. Già il fatto che queste violenze abbiano un nome è un passo avanti”, ha spiegato. Oggigiorno si può contare su nuovi strumenti e piattaforme create per proteggere le persone dagli abusi online, oltreché sul supporto legale e psicologico di diverse associazioni. “Bisogna sensibilizzare, spiegare alle ragazze e ai ragazzi che non devono vergognarsi, ma denunciare”.
l’appello di Diletta Leotta—
Nel tempo, il rapporto tra Diletta Leotta e la tecnologia è radicalmente cambiato. “Subito dopo quell’episodio, vivevo il telefono come uno strumento che non sapevo più gestire. Oggi invece so usarlo in modo consapevole”, ha confidato. La conduttrice ha raccontato di non voler più scattare certe foto e di prestare maggiore attenzione alla privacy e ai contenuti condivisi. E a chi dovesse finire nel suo stesso incubo, Diletta Leotta rivolge un appello: “Non avere paura e denunciare subito. Il silenzio è amico del carnefice“.
La Gazzetta dello Sport
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