L’ex stella della Seleçao presente al Festival di Trento: “La vittoria a Usa ’94 ha riportato gioia al paese dopo la morte di Senna. Il Fenomeno ebbe le convulsioni prima della gara contro la Francia: Zagallo piangeva e noi eravamo sotto shock”

dal nostro inviato Simone Battaggia

10 ottobre 2025 (modifica alle 16:51) – TRENTO

I ricordi del 1994, i retroscena del 1998, l’affetto per l’Italia. Bebeto racconta la sua storia alla Filarmonica e porta al Festival dello Sport degli squarci sul calcio dei grandi, su anni passati e bellissimi che anche noi italiani ricordiamo con un misto di affetto e di sofferenza. Era in campo, Bebeto, nella finale del Mondiale americano del 1994, persa dall’Italia ai rigori. “Per noi è stata una gioia enorme il quarto mondiale. Venivamo dalla perdita di Ayrton Senna che era avvenuta solo due mesi e mezzo prima, dovevamo dare una gioia al nostro popolo. Questo titolo fu fondamentale. Io quel giorno ero stato assegnato come quinto rigorista. Se Baggio non avesse sbagliato il suo io ero pronto. Mi ero allenato tantissimo, facevo 70 tiri al giorno. La nostra squadra era preparatissima, a livello mentale come fisico”. 

La doccia di Leonardo—  

Bebeto ha raccontato di come in quel Mondiale fu fondamentale la vittoria contro gli Stati Uniti, agli ottavi. “Quel giorno ho avuto la certezza che il Brasile avrebbe vinto. Quel giorno contro gli Usa, il 4 luglio, Leonardo venne espulso alla fine del primo tempo. Lui che è un ragazzo educatissimo, incapace di far male, venne buttato fuori per una gomitata. All’intervallo lo cercai nello spogliatoio, mi dissero che era sotto la doccia. Era lì, seduto sotto l’acqua, che piangeva. “Leo, alza la testa”, gli dissi. “Vinceremo il quarto mondiale e oggi farò il gol della vittoria, te lo prometto”. Così nel secondo tempo ho fatto il gol, e quando sono rientrato nello spogliatoio mi ha abbracciato e ha pianto tantissimo sulla mia spalla. Un momento splendido che il calcio mi ha regalato”. 

La culla e Ronaldo—  

Ai quarti un altro gol di Bebeto e un altro momento epico, contro l’Olanda: il gesto della culla, che è diventato un simbolo per tutti i calciatori del mondo. Perché lo fece? “Chiesi a Dio di poter fare un gol contro l’Olanda, per dedicarlo a mia moglie e a mio figlio. Quando ho visto che avevo la possibilità di farlo, ho cercato di segnare, perché non potevo perdere quell’opportunità. È il solo figlio che non ho visto nascere, così era il modo per sentirlo con me, con il gesto della culla”. Bebeto ha poi fatto una carrellata di altri grandi campioni brasiliani. “Zico era il mio idolo nel calcio. Oltre a essere un grande giocatore, è un grande essere umano. Mi ha ispirato, gli voglio molto bene. Ronaldo il Fenomeno? Fantastico. Ho avuto la fortuna di vederlo iniziare, a 14 anni. Stavo per giocare al Maracanà, un allenatore mi disse ‘Lui diventerà un grande’. Quando l’ho visto giocare, ho capito che era particolare. Velocità, rapidità di ragionamento, palleggio: si vedeva che sarebbe diventato una star. Quel giorno prima della finale del 1998, contro la Francia, si era sentito male. Aveva avuto una convulsione. Ricordo che Zagallo piangeva, noi abbiamo cercato di tranquillizzarci e concentrarci, ma purtroppo non siamo riusciti a farlo come avremmo dovuto per una partita così importante. La Francia se l’è meritato, quel titolo, ma la Seleçao era sicuramente molto meglio”. 

Il Mondiale—  

Bebeto ha offerto anche il suo sguardo sulla prossima Coppa del Mondo: “Il Brasile sta vivendo un momento di rinnovamento. Sarà molto difficile vincere il Mondiale, ma abbiamo molta fiducia in Carlo Ancelotti. È nato per vincere, lo ha nel Dna. Averlo nella nostra nazionale è un motivo d’orgoglio. Spero che possa avere tutte le chance”. L’Italia che rischia di restare fuori per la terza volta di fila? “E’ un peccato che fatichi, l’Italia e il Brasile devono sempre far parte della Coppa del Mondo. Ha un potenziale enorme, ricordo dei grandi come Baresi, Baggio e poi Donadoni, Maldini. E Paolo Rossi, che nel 1982 è stato il nostro boia. Non riesco a spiegarmi le difficoltà di oggi”. Infine una battuta sul suo passato da calciatore. “Non ho mai voluto lasciare il Brasile, sono innamorato del mio paese. Ricevevo delle proposte attraverso il Flamengo: il Bayern Monaco, anche la Juventus si erano fatti avanti, ma in quel momento dovevo restare nel mio paese”.