A HOUSE OF DYNAMITE. Nelle sale, dal 24 ottobre su Netflix
L’ansia del peggio e la consapevolezza di essere indifesi. Ecco il tema di A House of Dynamite, prodotto Netflix che esce in anteprima in poche sale selezionate per poi arrivare sulla piattaforma il 24 ottobre. Laddove la casa imbottita di dinamite è chiaramente il mondo in cui viviamo, sconvolto dall’odio, dalla guerra, dall’orrore. Sul gran ritorno di Kathryn Bigelow otto anni dopo Detroit aleggiano almeno quattro fantasmi: 1) la memoria mai cancellata dell’11 Settembre, 2) la minaccia della bomba definitiva, 3) il caos morale e civile americano, 4) il timore che il mondo in fiamme abbia superato il punto di non ritorno e viaggi verso un’irreversibile autodistruzione. Avrete capito: siamo di fronte a un thriller catastrofico, tardo pacifista e nevralgico, in cui uno stesso avvenimento viene osservato da più punti di vista, come insegnò Akira Kurosawa, ma con ricadute e inflessioni che ricordano uno dei capolavori di Stanley Kubrick, Il Dottor Stranamore (1964, dal romanzo omonimo di Peter George).
Bigelow qui ha una cura particolare nella costruzione drammatica del racconto, un tic-tac thriller orientato sul dissesto psicologico dei personaggi, attento a capire come il mondo reagisce all’emergenza. Kathryn Bigelow, per la cronaca, è la regista di The Hurt Locker (doppio Oscar 2010, miglior film e miglior regia) e Zero Dark Theory (2012). A #Venezia82 ha spiegato che «diverse nazioni possiedono armi nucleari e potrebbero porre fine alla civiltà in pochi minuti». Da da qui è partita per costruire il suo kolossal adrenalinico. Il titolo del thriller, molto azzeccato, è tolto di bocca al presidente colored degli Stati Uniti (Idris Elba stile Obama), titolare di uno dei piani di osservazione del film: «È come se avessimo costruito una casa piena di dinamite». Un orologio scandisce i minuti che mancano alla catastrofe: il ticchettio nasce dalle coscienze in tumulto.
Una triste mattina le teste d’uovo della sicurezza nazionale, guidate dalla dottoressa Olivia Walker (Rebecca Ferguson) con il generale Anthony Brody (Tracy Letts), restano a bocca aperta quando scoprono che un missile balistico a testata nucleare in grado di distruggere un’intera città sta attraversando il cielo degli Stati Uniti. Oscura è l’origine del flagello. Nessuno rivendica il lancio, mentre salgono le tensioni geopolitiche. Né Russia né Cina né Corea sembrano essere i responsabili. Le diplomazie negano l’operazione che equivarrebbe a una dichiarazione di guerra. Tutti, dentro e fuori dalla Casa Bianca, si adoperano per superare la crisi, pregano e piangono di nascosto. Le rilevazioni sull’impatto dicono che nel giro di pochi minuti Chicago verrà completamente distrutta. L’intera civiltà è sotto scacco: l’ignoto terrorizza i governi che non sanno cosa fare. La scia rossa del razzo avanza sulla mappa elettronica trasformando il sangue freddo iniziale in un diffuso panico.
Ognuno dei personaggi coinvolti ha la sua storia da raccontare. Bigelow fa a pezzi il tabù nucleare: «Dopo la Guerra Fredda concordammo che si vive meglio senza armi nucleari. Ebbene, quell’epoca è finita». Chiede verità, innesca casi di coscienza, indaga sull’ineluttabile conciliando gli schemi del film da piattaforma con i codici del cinema-cinema. La cinepresa scava sui volti ritrovando il segno della tragedia imminente, di un pericolo invisibile e travolgente. Il film ha un finale sospeso: un lampo sullo schermo chiude tutti i capitoli. Bigelow profetizza come avverrà la fine del mondo o tutto quel putiferio è solo un colossale fake intimidatorio contro le ex sentinelle del mondo? La puntuale sceneggiatura è di Noah Oppenheim. Cast compatto, con una citazione speciale per Rebecca Ferguson, sempre più matura e sempre più vicina al (molto amato) modello Ingrid Bergman.
A HOUSE OF DYNAMITE di Kathryn Bigelow
(Usa, 2025, durata 112’, Netflix)
con Idris Elba, Rebecca Ferguson, Jonaa Hauer-King, Willa Fitgerald, Tracy Letts, Jared Harris
Giudizio: 4 su 5
Nelle sale, dal 24 ottobre su Netflix