A settant’anni, Ornella Muti decide di raccontarsi davvero. Lo fa in Questa non è Ornella Muti (La Nave di Teseo, in uscita il 14 ottobre), un’autobiografia che somiglia più a un atto di liberazione che a un bilancio. In un’intervista a Candida Morvillo per il Corriere della Sera, l’attrice svela alcuni aneddoti contenuti nel libro, dove si spoglia dei suoi personaggi e lascia parlare (forse?) Francesca Rivelli, la bambina che è sempre rimasta dietro allo sguardo magnetico di una delle attrici più amate del cinema italiano.

Nella sua casa immersa nel verde del Monferrato – popolata da cani, **gatti e due maiali domestici – Ornella Muti vive circondata dall’affetto dei figli e dei nipoti. È a loro che ormai dedica gran parte del suo tempo, trovando in quella piccola tribù la serenità che a lungo ha inseguito altrove. «Vedere i miei nipotini felici, senza preoccuparsi di chi sono o di come appaio, è la mia gioia più grande», confessa.

Il libro, Questa non è Ornella Muti

Il libro è un viaggio attraverso luci e ombre, un racconto sincero di ingenuità, fragilità e rinascite. Muti ripercorre l’infanzia segnata dallo «sgomento» – un sentimento che, dice, non l’ha mai abbandonata. Aveva solo quattro anni quando la madre la mandò in Svizzera «per guarire», lasciandola per un anno e mezzo in un mondo di lingue sconosciute. «Non fu un abbandono, ma lo vissi come tale», ammette. Da allora, la vita per lei è sempre stata un alternarsi di incanto e dolore, di desiderio di leggerezza e paura di non appartenere al mondo mai del tutto.

Anche il suo debutto nel cinema fu un caso. A quattordici anni, accettò il ruolo ne La moglie più bella di Damiano Damiani più per necessità economica che per vocazione. Non sapeva cosa significasse recitare, ma imparò presto quanto potesse essere duro quel mondo. Racconta di schiaffi sul set, lividi nascosti e di una produzione che rispose alle proteste della madre con un cinico «dovete ringraziare il cielo che la facciamo lavorare».

Gli amori di Ornella Muti

Tra le pagine del libro scorrono amori travolgenti e delusioni profonde. C’è la ragazza innamorata di Luca di Montezemolo, «pazzo e divertente», che correva in mezzo alla strada gridando «ti amo». C’è la donna adulta che si scopre vulnerabile di fronte ad Adriano Celentano, in una storia «breve, ma d’amore». E c’è la consapevolezza di aver sempre cercato nell’altro una risposta che, forse, solo lei poteva darsi: «È facile manipolare una donna che vede in te quello che vuole vedere. Io ho sempre armato i miei nemici, ma nell’amore ci credo ancora».

La Muti che emerge da queste pagine è ben lontana dal mito della «femme fatale» che il cinema le ha cucito addosso. È una madre giovanissima che nel 1974 rifiuta di abortire nonostante le pressioni di tutti, un’attrice che lavora con i grandi – Monicelli, Risi, Tognazzi, Mastroianni – senza mai sentirsi davvero parte di un sistema.

La vita di Ornella Muti oggi tra cinema e religione

Sean Baker, regista premio Oscar 2025 con il film Anora e autore della prefazione del libro, la definisce «Guerriera, madre single e artista sfuggita ai cliché» . Lei sorride e ammette che, almeno nella vita, sì: «Mi armo, combatto. Ma poi torno sulla mia nuvola, quella dei figli e dei nipoti».

Oggi continua a lavorare, scegliendo ruoli che la divertono e la incuriosiscono: da Il filo rosso di Alessandro Bencivenga a Roma Elastica di Bertrand Mandico, dove interpreta «una presentatrice orrenda» ma ironica. «Faccio quello che c’è e che mi diverte – dice Ornella Muti -. I ruoli per donne della mia età sono pochi, ma non importa. Ho fatto tanto. Le cose cambiano e va bene così».

Anche la sua spiritualità è mutata nel tempo. Dopo anni di buddismo, racconta di aver riscoperto la fede in Dio: «Pregando, le cose si sono sciolte. Mi sento più al sicuro sapendo che c’è Dio sopra di me».