Ospite del Festival dello Sport, l’ex centrocampista dell’Inter Lothar Mattheus ha parlato per l’evento “L’Inter dei record”

Ospite del Festival dello Sport, l’ex centrocampista dell’Inter Lothar Matthaus ha parlato per l’evento “L’Inter dei record”.

INTER – “C’erano altre squadre italiane, per esempio la Juve. Tantissime squadre, ma Trapattoni era quello che aveva l’argomento più forte. Tutti mi hanno raccontato delle esperienze bellissime con lui e ho deciso di andare all’Inter. Berlusconi? C’è stato un incontro nel 1986, una delegazione del Milan era arrivata a Monaco e hanno cercato di convincermi, avevo un contratto col Bayern e non ero pronto per la Serie A. Ero passato dal Moenchengladbach e non ero ancora pronto. Sì mio figlio si chiama Milan, ma non ho pensato al calcio. E comunque gioca in una squadra nerazzurra”.

TRAPATTONI – “Ho detto a Trapattoni, non sono un 10, non sono Platini, Maradona, gliel’ho detto io. Lui lo sapeva e mi ha detto: Napoli aveva bisogno di Maradona, la Juve di Platini, l’Inter di te per vincere”.

NUMERO 10 – “Per prima cosa non ero sposato con Trapattoni, ma con l’Inter e i tifosi che ci hanno sempre dato una grande energia che erano il dodicesimo uomo. Abbiamo scritto la storia, i tifosi non hanno mai dimenticato questi momenti. Il numero 10 era qualcosa di speciale, sono cresciuto con Pele, Platini, Boninsegna…Il numero 10 negli anni70-80 aveva un significato diverso, come il ruolo del capitano. Il numero 10 me l’ha dato Trapattoni, ma era un dovere nei confronti della squadra, dei compagni e dei tifosi. Sono molto felice di aver giocato così, con degli ottimi compagni come Zenga, Bergomi… Era una grande onore, ma era stressante, dovevo abituarmi al 10. I tifosi aspettavano da 9 anni il titolo, lo aveva vinto il Milan e avevano pianto parecchio. Avevo una grande responsabilità”.

TEDESCHI – “Abbiamo portato la fiducia in noi stessi, fiducia di vincere titoli. Ci si aspettava questa fame di vittoria. Alle volte mancava la fiducia perché era troppo tempo senza vincere. Abbiamo portato nuovi impulsi, nuova energia, una nuova consapevolezza. Arrivato Bergomi che aveva vinto nell’82 prima del Bologna e mi diceva firmerei per un pareggio e io gli dissi non mi accontento, io voglio vincere. GLi dissi per me vinceremo 4-0 e invece poi abbiamo vinto 6-0. Nell’Inter non c’era questa mentalità vincente, avevano sfiducia. I nostri compagni hanno creduto in me, in Brehme”. 

BREHME – “Quanto ci manca? Abbiamo avuto momenti meravigliosi, ci conosciamo dall’inizio, abbiamo giocato insieme in Nazionale, arrivati all’Inter insieme, campioni del Mondo. Per me è stata una grandissima perdita, non era solo un collega, ma era come un fratello. Sempre insieme agli allenamenti, siamo sempre stati insieme, sapevamo tutto uno dell’altro. Più notti con Andreas che con le mi mogli. Mi manca tantissimo, continua a essere un grandissimo dolore per me”. 

BIRRA – “I nostri amici e colleghi arrivavano alla sera e c’erano sempre 20-30 birre nella vasca da bagno. Un amico di Andreas ha portato le birre dalla Germania. I compagni venivano da noi per la birra, questo dimostra che eravamo i benvenuti. Nessuno all’Inter parlava inglese, sono momenti che porto con me sempre”. 

BERGOMI – “Era vestito in modo sempre elegante, ora sembra più giovane di 30 anni fa. Col Partizan Belgrado nel 1991 ho sempre cercato di convincere i miei compagni che eravamo forti. Bergomi era un campione del mondo del 1982 non poteva darmi contro”.

PALLONE D’ORO – “Era un premio sincero, equo perché è assegnato da una giuria internazionale. Un trofeo con una lunga tradizione, molto orgoglioso di averlo vinto, ho giocato in una squadra incredibile, poi da capitano ho vinto il Mondiale. Se tutta la squadra non funziona non si arriva a questo premio. Trofeo per tutti, per la squadra, i presidenti e per i tifosi. Vittoria per il mio gioco per la Germania e per l’Inter. Pagato da bere ai compagni? Trapattoni era venuto da me dicendo lo capisco che voi volete bere la birra, ma gli italiani non la reggono. Bevete con moderazione se non poi hanno mal di testa”. 

REAL MADRID – “Volevo provare qualcosa di nuovo nel 1991, c’era Orrico all’Inter non era più così buona la situazione. L’offerta del Real l’ho ascoltata sono andato da Pellegrini e gli ho detto che avevo questa possibilità, volevo fare una nuova esperienza con la consapevolezza che all’Inter le cose sarebbero andate diversamente. Volevo avere successo con l’Inter. Era un po’ come se non credevo più nella società. Non c’era la calma di prima, non si poteva ripetere. Ho avuto ragione, nell’Inter era cambiato qualcosa, era completamente diverso”. 

PUNIZIONE – “L’arbitro fece ribattere due volte la punizione a Brehme. Gli dissi a Brehme, tu hai battuto già due volte, ora lo calcio io. Dovevamo vincere quello scudetto. Dico tiro io e la palla è entrata, è stato il calcio di punizione più importante. Non solo la vittoria dello scudetto, ma la vittoria di fronte a 85mila tifosi, avevo paura che cadesse lo stadio. Abbiamo vinto contro il Napoli di Maradona, ha pianto, è una cosa che si racconta ancora oggi. Vincere lo scudetto lì, questa gioia, questa felicità, non era solo quel giorno, ma anche i giorni successivi è stata una soddisfazione incredibile per i tifosi dell’Inter”.

ADDIO – “Nel 1992 mi sono rotto il crociato contro il Parma, subire questo infortunio è molto pericoloso. Il 1991 è stato un anno molto difficile all’Inter, nessuna soddisfazione. Poi nel 1992 mi sono operato, sono arrivati nuovi giocatori e un nuovo allenatore. Ho visto una grande differenza, Trapattoni aveva lottato per me, nessuna telefonata, Pellegrini non si è più interessato molto. Non mi sentivo più utile, poi mi chiama Beckenbauer dal Bayern e mi disse se non ti vogliono vieni da noi. Mi ha dato molta fiducia, mi sentivo di nuovo utile. I tifosi dell’Inter mi hanno sempre amato, ma all’interno della società non c’era più quella fiducia, era arrivato Sammer, c’erano giocatori nuovi, l’allenatore non parlava con me, nessuno mi chiedeva come stessi e allora ho detto non servo più. È arrivata la rottura, non ho ottenuto quel supporto che mi aspettavo e sono tornato al Bayern”.

BAYERN – “Mi hanno dato il numero 3, era l’unico numero libero. Prima si giocava dall’1 all’11, il numero 3 era quello libero. Poi arrivato Trapattoni, lui gioco difensivo e catenaccio, io volevo attaccare e vincere. Per quello discutevamo. Poi abbiamo vinto nel 1989, nel Bayern è arrivato nel 1994. Beckenbauer era l’allenatore perché il tecnico di prima non era andato bene. Serviva un nuovo allenatore, parlavo spesso con Trapattoni, lui era a Cagliari e aveva ricevuto un’offerta dalla Roma. Mi chiamò, voleva andare a Roma, era sulla strada per Roma, mi chiede di tornare in Italia alla Roma. Questo era Trapattoni, avevo 33 anni ma lui aveva grande fiducia in me, non avevo prolungato col Bayern perché c’erano dei problemi. A fine aprile mi chiama Trapattoni, non alla Roma e sapevo che non aveva un lavoro, vado da Beckenbauer e gli dico fallo chiamare da Rummenigge. Magari vuole una nuova esperienza. Con i miei pensieri, questa costante conversazione abbiamo iniziato questa collaborazione col Bayern”. 

TRAP – “Si è sempre sforzato di imparare una nuova lingua, io devo ringraziarlo tantissimo, gli devo molto. Mi ha insegnato molto. Ho vinto il Pallone d’Oro grazie anche a lui soprattutto, mi ha aiutato grande alle esperienza insieme a Brehme e poi siamo diventati campioni con la Germania Ovest qua in Italia. Cosa mi ha insegnato? Io giocavo solo col piede destro, arriva lui e mi dice hai un tiro fantastico, ma servono due gambe. Io ho cercato di migliorare col sinistro. Mi ha insegnato a tirare col sinistro, Ho capito quando è importante usare entrambi i piedi. Grazie ai suoi esercizi, alla sua pazienza ho guadagnato fiducia. Ho segnato anche tantissimo col sinistro, anche da 25-30 metri, prima non facevo nulla col sinistro. Non era semplice, pretendeva moltissimo da me e da tutti, ma ci ha difeso anche dai giornalisti. Era sempre dalla nostra parte, è stata una figura paterna, quello che deve essere un allenatore, ha ottenuto grandi successi. Ci ha sempre spronati a dare il meglio. Ci ha sempre dato ottimi consigli per difenderci da quello che a lui era già successo”. 

TROFEI – “Cosa ti è mancato? Sono completamente soddisfatto della mia vita, non ho vinto purtroppo la Champions, potrei dire che mi manca ma in realtà no. Ho dato tutto, alla fine posso dire di essere soddisfatto. I miei genitori sarebbero orgogliosi di me, non sono lontano dal calcio, lavoro per la televisione tedesca nel calcio, seguo Bundesliga, Champions… Il calcio mi ha dato tantissimo, ho trasformatoun hobby, in un vero e proprio lavoro”.

INTER – “Inter di Chivu meglio di quella di Inzaghi? No. Inter di Chivu? può vincere lo scudetto? Sì, lo scudetto è aperto. Nella serata di Monaco a casa tua hai sofferto tanto o tantissimo? Ero a favore dell’Inter ma non ho pianto perché quando si perde in modo così netto… Il Psg ha meritato, ma l’Inter può essere orgogliosa per come ha giocato col Bayern e il Barcellona. Hanno vissuto quello che altri tifosi non hanno potuto vivere. Italia andrà al Mondiale? Sì, ma penso che avrà bisogno del playoff, la Norvegia è molto forte. Con Gattuso vedo la differenza, ha portato energia.