di
Giusi Fasano

Avviate le procedure di trasferimento, tutto pronto per la liberazione dei detenuti palestinesi che saranno scambiati con gli ostaggi israeliani tenuti per due anni da Hamas. Tra coloro che saranno liberati anche chi linciò i due riservisti a Ramallah nel 2000

DALLA NOSTRA INVIATA
IL CAIRO – Yossi Avrahami aveva 38 anni, vendeva giocattoli.
Vadim Norzhitz invece faceva il camionista e aveva 33 anni.
Erano due riservisti dell’esercito israeliano. Il 12 ottobre del 2000, nel pieno della seconda intifada, attraversarono per errore un posto di blocco palestinese.
Furono fermati e portati in un commissariato di Ramallah, in Cisgiordania, e quello fu l’ultimo luogo che videro.

Perché appena la notizia si diffuse un migliaio di persone inferocite marciarono verso la stazione di polizia per protestare contro lo «sconfinamento» dei due riservisti. Riuscirono a entrare i più violenti, che fecero letteralmente a pezzi quei due ragazzi prima di trascinare fuori i loro corpi straziati diventati trofei da esibire per strada. Il nero più nero di quella pagina di ferocia fu l’espressione soddisfatta di Aziz Salha, un ragazzo che si affacciò dalla finestra del commissariato e mostrò con orgoglio le sue mani insanguinate.
Ecco. Se Aziz Salha fosse ancora vivo (e non lo è: è stato ucciso un anno fa in un raid israeliano) forse andrebbe di persona ad accogliere Raed Sheikh, uno dei «compagni» di quell’assalto brutale che proprio oggi compie 20 anni.



















































Sheikh è nella lista dei prigionieri che Israele ha accettato di rilasciare appena i 48 ostaggi ancora nelle mani di Hamas saranno tornati a casa.
Ancora poche ore, quindi (i trasferimenti sono già cominciati: i detenuti faranno prima tappa in due prigioni israeliane, Ketziot e Ofer), e torneranno liberi 250 ergastolani: 63 di Hamas, 159 di al-Fatah e gli altri terroristi — diciamo così — di iniziativa «privata». Quindici di loro hanno come destinazione Gerusalemme Est, 100 andranno in Cisgiordania e 135 saranno espulsi in Paesi che hanno già dato disponibilità ad accoglierli. E poi riavranno la libertà anche 1722 palestinesi arrestati dopo il 7 ottobre ma non coinvolti nella carneficina di quel giorno.
Oggi può dirsi quasi-libero Baher Badr: 11 ergastoli per aver pianificato un bombardamento a una stazione di autobus davanti a una base dell’esercito. I morti furono 8.

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Niente più prigione anche per Nabil Abu Khdir, che assassinò sua sorella accusandola di aver aderito allo Shin Bet, i servizi segreti interni israeliani.
Riconquistano la libertà Muhammad Daoud, che bruciò viva una donna incinta e suo figlio di 5 anni, e Ahmed Kaabna,che nel 1997 ammazzò a coltellate due ragazzi rincorrendone uno che aveva provato a scappare.
Mahmoud Moussa Issa rapì e uccise l’agente della polizia di frontiera Nissim Toledano nel 1992; Ahmad Jamal Ahmad Qanba, uccise il rabbino Raziel Shevach in un attacco terroristico nel 2018; Iyad al-Rub (alto dirigente della Jihad islamica) fu la mente di un attacco suicida nella città di Hadera: sei morti; Mahmoud Atallah, è stato accusato di una serie di stupri contro due soldatesse in servizio come guardie nelle carceri israeliane. Anche per tutti loro la libertà è qui, a portata di mano.
Mancano all’appello dei «liberandi», sui quali Israele non ha voluto trattare, Marwan e Abdullah Barghouti e Ahmed Saadat, simboli e leader di primo piano del movimento nazionale palestinese.

E poi è vero: non saranno restituiti i corpi di Yahya e Mohammad Sinwar, fratelli alla guida del gruppo islamista uccisi fra ottobre 2024 e maggio 2025.
Ma è anche vero che accanto a quei nomi depennati dalla lista ce ne sono di nuovi che vantano «curriculum» terroristici diventati incubi collettivi.
Murad Badr Abdallah Dais, per dire. Nel 2016 entrò nella casa di Dafna Meir, 38 anni, e l’accoltellò davanti alla figlia adolescente. Dafna era infermiera e madre di sei figli, israeliana della colonia cisgiordana di Otniel.
Non commentano, le tante famiglie spezzate dalla brutalità di questi futuri uomini liberi. Solo Michael, il fratello del riservista Vadim linciato a Ramallah, si lascia andare a uno sfogo con i giornalisti di Ynet : «Il terrorista che l’ha ucciso torna libero e per me tornano dolore e lacrime».

12 ottobre 2025 ( modifica il 12 ottobre 2025 | 09:22)