di Enrico Caiano
Nel 1992 partecipò a tre GP senza qualificarsi. Da allora in F1 corrono solo uomini. «Il nostro corpo non regge forze gravitazionali così forti»
«No, non è uno sport per donne». Che va molto oltre la celebre, patriarcalissima frase, «non è uno sport per signorine» mille volte sentita nelle partitelle di pallone improvvisate, rivolta a ragazze ma anche a ragazzi poco pratici di calcio muscolare e falli cattivelli. Va molto oltre soprattutto perché è una donna a pronunciarla e non si riferisce al calcio ma alla Formula 1. Va molto oltre perché se il calcio femminile è esploso ed esiste, negli abitacoli di F1 donne non se ne vedono. E soprattutto perché la donna che quella frase pronuncia è Giovanna Amati, 62 anni, l’ultima a calcare le piste F1, nell’ormai lontanissimo 1992 quando fu ingaggiata poco più che trentenne dalla scuderia Brabham per tre gran premi (Sudafrica, Messico e Brasile) senza però mai riuscire a qualificarsi per la griglia di partenza.
Quella frase arriva a dirla al termine di un’approfondita riflessione, che nulla ha a che vedere con la giustificazione di uno stizzito e bambinesco «non gioco più, me ne vado» che qualcuno potrebbe imputarle. «Io credo che ci siano degli sport», argomenta Giovanna, figlia dell’industriale cinematografico Giovanni Amati e dell’attrice Anna Maria Campani, «che non possono essere declinati al femminile, che antropologicamente sono nati per gli uomini». Tira poi in ballo «la tradizione secolare e il fatto che la prima macchina fu inventata a fine 800 da Karl Benz, che era un uomo». Ce n’è abbastanza per far inorridire molto femminismo di ieri e di oggi. Ma Giovanna ha per sua stessa ammissione poco da spartire con quella visione del mondo: «Diciamolo che ci sono determinate cose come il coraggio, l’adrenalina, la forza che non tutte le donne hanno. Io credo che il femminismo abbia prodotto solo danni. Sostiene un’inversione dei ruoli tra uomo e donna che non dovrebbe esserci. Se vuoi capovolgere la società non può funzionare. E infatti si sta cominciando con i matrimoni, che sono il fondamento della società e già non funzionano più».
Forse, però, in gioventù ha pensato di averle le caratteristiche che ora riserva solo ai maschi. «Avevo una passione e per quella sono stata disposta a sacrificare una parte della mia vita. Passione e talento devono andare di pari passo con l’ambizione e così è stato. Non a caso ora lei è qui a intervistarmi». Passione e ambizione che si fermano davanti alla natura. «Ci vuole una forza talmente enorme per guidare una monoposto di F1! Con il cambio manuale di allora arrivavi a fare più di 100 cambiate ogni giro di pista. In ogni curva avevi 750 kg di peso sul braccio che doveva cambiare, non era semplice cambiare in mezzo a una curva in quelle condizioni. E poi, certo, la macchina non mi aiutava: la Brabham era in anni non buoni. Comunque quel che ho fatto l’ho fatto per diletto e non per capriccio. Oggi la spinta delle pari opportunità ha portato a un piccolo campionato, la F1 Driver Academy, in cui hanno messo tutte le donne insieme per togliersele di torno. Intelligenti, no? Per stoppare tutte le richieste che avevano hanno fatto un mini campionato che si chiama F1 ma ha monoposto meno veloci delle Formula 3. Insomma hanno messo tutte le papere in un recinto».
Le si potrebbe obiettare che donne prima di lei in F1 ce ne sono state: Maria Teresa de Filippis nel 1958, Lella Lombardi soprattutto, che corse per tre stagioni ottenendo anche un 6° posto e mezzo punto iridato nel GP di Spagna del 1975. «Ma ai tempi di Lella Lombardi la F1 era meno potente, era come una Formula 3000 degli anni miei e io lì facevo risultato, a volte andavo anche più forte dei miei compagni di squadra uomini. No, non era paragonabile alla F1 quando ci sono salita io».
Inutile sostenere che oggi, con le monoposto dotate di cambio automatico, la musica possa essere cambiata per le donne. «No», taglia corto Giovanna. Anche se un barlume di speranza poi lo fa trapelare: «Se dovessero aiutare la guida ancora di più con l’idroguida e adottare un impianto frenante sempre più facilitato, forse… Però le accelerazioni violente sono sempre quelle e i G della forza gravitazionale che ti prendi di traverso pure. Vedi donne sui caccia? Difficile, no? Si fanno fotografare a fianco… Ci sono accelerazioni che un corpo femminile ha più difficoltà ad affrontare. Così in F1: magari per 7, 8 giri ce la fai, metti fino a 15. Ma i GP ne durano 70».
E qui il discorso si allarga. Dalle corse alla società. «Si continuano a confondere i ruoli, è questo che l’America ha continuato a proporci in questi ultimi anni». Dunque, ben venga Trump. «Non ci sto a spettacoli penosi come quello delle Olimpiadi dove maschi competevano con le donne solo perché dicevano di sentirsi donne. A me è successo in palestra di trovare un travestito nel bagno: sono andata a lamentarmi. E poi questo woke (nel senso di dogmatismo intollerante e censorio che dà alla parola la destra; ndr), che è una demenza dei nostri tempi! Sono ben felice che sia stato eletto Trump, la sua rielezione è stato un durissimo colpo per il sistema di potere della sinistra radicale. I 4 anni che verranno credo siano l’ultima chance di redenzione per l’America. Perché andare contro le leggi di Dio penso sia una delle cose più gravi che l’umanità possa fare». La fede in Dio di Giovanna Amati è forte: «Sì, sono molto credente e quando vedo che in America con la scusa del gender si tolgono dei bambini alle famiglie, quando vedo cioè che se un bambino vuole cambiare sesso contro la volontà dei genitori questi poi perdono la potestà familiare… No, queste sono aberrazioni davanti a Dio. In un mondo così io mi sento a disagio e inerme e la società va verso il fallimento».
Nel tono di Giovanna trapela una desolazione inconsueta, com di chi ha scelto un ripiegamento sul privato. La sua vita di oggi? «È la vita di una che non ha interesse a usare i social e combatte per la sua privacy. Se mi chiede cosa faccio oggi le rispondo “un po’ di questo, un po’ di quello”…». Proviamo a chiedere qualcosa in più e qualche notizia arriva: «Seguo un po’ gli affari di famiglia e negli ultimi anni mi sono occupata di brevetti per il web. Magari un giorno ci sarà un grande annuncio tecnologico e dietro ci troverete quella matta della Giovanna Amati». Fino ad allora la vita di Giovanna trascorre tra amore immutato per la velocità (in auto e sugli sci, da neve e d’acqua) e gli sport estremi. Su quella passata, su quel rapimento a 16 anni da parte di un boss del Clan dei Marsigliesi con annessa “sindrome di Stoccolma” non vuole più dire nulla: «Invoco il diritto all’oblio, voi giornalisti sapete che esiste, no?». Certo, lo rispettiamo.
La preoccupazione sul presente è fortissima: «Quella che il Papa chiama la terza guerra mondiale a pezzi è solo una scaramuccia. Avremo 4 anni di respiro con Trump ma poi temo che quella guerra arriverà». Dunque durare a lungo non le interessa poi tanto: «Dio ci ha dato tot anni da vivere e bisogna rispettare la sua volontà. Non vuole darcene di più perché sa che ci insuperbiamo». Diventiamo prepotenti tipo Putin, insomma: «Perché Putin? Non è uno stinco di santo ma è un grande statista. Provocato come lo stanno provocando rimane fermo al suo posto. Se invece di lui ci fosse stato uno Zelensky o un Macron sa quanti bottoni avrebbe già spinto?».
10 gennaio 2025 ( modifica il 10 gennaio 2025 | 10:40)
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