Poco dopo l’insediamento della nuova direttrice Paola D’Agostino, ai Musei Reali arriva un ospite speciale. Inaugura domani la mostra Il “divino” Guido Reni nelle collezioni sabaude e sugli altari del Piemonte, visitabile fino al 18 gennaio e realizzata in occasione dei 450 anni dalla nascita dell’artista bolognese.

Un piccolo gioiello

Un piccolo gioiello curato da Annamaria Bava e Sofia Villano, con un numero contenuto di opere accuratamente selezionate, perfetto riflesso dei gusti della corte sabauda, grande estimatrice della pittura classicista bolognese.

La mostra

Della ventina di lavori esposti nello Spazio Scoperte, al secondo piano della Galleria Sabauda, la maggior parte proviene dalle collezioni dei Musei Reali, con tre eccezioni, prestiti dal territorio piemontese e dal Musée des Augustins di Tolosa. Proprio tra questi ultimi si cela la grande protagonista della mostra: una gigantesca pala di quasi 4 metri in altezza per oltre 2 di larghezza proveniente dalla chiesa parrocchiale di Abbadia Alpina, frazione di Pinerolo, e raffigurante l’Assunzione della Vergine.

Un capolavoro ritrovato

Si tratta di un capolavoro dimenticato, esposto per la prima volta al pubblico dopo un delicatissimo lavoro di restauro. Realizzata tra il 1605 e il 1606 su commissione dell’abate Ruggero Tritonio, la colossale tela giunse in Piemonte agli inizi del Seicento come dono prezioso per l’antica abbazia benedettina di Santa Maria — oggi chiesa parrocchiale di San Verano. Nei secoli però si perse la memoria di chi fosse l’artista che l’aveva dipinta e venne dimenticata. Solo recentemente, seguendone le tracce sui vari documenti dell’epoca, è stata “riscoperta”.

Il restauro dell’opera

Dopo un accurato restauro condotto dal Laboratorio di Cesare Pagliero sotto la direzione della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Torino, con il sostegno del Ministero della Cultura e della Diocesi di Pinerolo, il dipinto torna ora al suo splendore originario. L’opera rappresenta un tassello fondamentale per comprendere la fortuna di Guido Reni in Piemonte e testimonia un momento cruciale della sua prima attività romana, quando il pittore, ancora agli esordi, si confrontava con la potenza innovativa di Caravaggio.

Dietro le quinte del restauro

«Ci abbiamo lavorato in quattro per tre mesi – racconta Cesare Pagliero. – L’opera aveva già subito diversi interventi nel corso del tempo, in particolare uno del 1933 che presentava varie ripassature, quindi si è trattato di un’operazione complessa. Durante la pulitura abbiamo rimosso questi vecchi interventi e proceduto poi con una sfoderatura e una nuova rifoderatura, che ci hanno permesso di restituire linearità alla tela. Infine, abbiamo ripitturato le zone più danneggiate, dove si erano formate numerose lacune».

Gli altri capolavori

L’enorme dipinto non è però l’unico capolavoro della mostra. Tra gli altri lavori esposti figurano infatti le due versioni di “Marsia scorticato da Apollo”, di cui una imprestata dal Musée des Augustins, “San Maurizio che riceve la palma del martirio”, proveniente dal Santuario di Santa Maria dei Laghi di Avigliana, e un delicato olio su rame raffigurante un’allegoria della Fama. Infine, un’ultima parte della rassegna è dedicata all’attività incisoria dell’artista.

La direttrice D’Agostino

«Credo che lo Spazio Scoperte rappresenti un momento significativo del percorso di visita, in cui – come questa mostra dimostra – si intrecciano la tutela del territorio, la collaborazione con le istituzioni esterne e la ricerca, in particolare con le giovani generazioni» commenta la direttrice Paola D’Agostino.