Volendo, i giochi di prestigio, gli erano già riusciti un paio di volte a Milano, contro l’Olimpia. Poi, come avrebbe detto il professor Nikolic, la Virtus, nella semifinale di Supercoppa, aveva fatto acome mucca di Erzegovina, che prima dà buon latte, poi dà calcio al secchio”. La prima vittoria in trasferta, per la Virtus, porta la firma di Carsen Edwards. E’ vero che è stato acquistato per quello: segnare i canestri pesanti. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e vedere Carsen ribellarsi al destino della sconfitt fa bene ai tifosi e fa bene soprattutto alla Virtus.
E deve essere piaciuto anche al patron, Massimo Zanetti, che non ha voluto far mancare il suo apporto morale. Ha lavorato tanto in Friuli, Zanetti, ma voleva esserci, al PalaCarnera, per dimostrare piena identità di vedute con la squadra.
Gruppo che deve rivedere tante cose – la vittoria vale due punti pesanti, ma non cancella gli errori – che, altresì, festeggia la prima vittoria ufficiale lontano dal PalaDozza. Fin qui, tra Eurolega e campionato, due successi in Piazza Azzarita (Real Madri e Napoli) e tre sconfitte da viaggio, Milano in Supercoppa, Valencia e Parigi nel Vecchio Continente. Uscire dal PalaCarnera con una sconfitta, soprattutto per l’andamento dell’ultimo quarto dei tempi regolamentari, avrebbe aperto se non una crisi (da trasferta) quantomeno sollevato dubbi. Al di là delle attenuanti del caso. Scendere in campo a meno di 48 di distanza dalla prova di velocità (esasperata) di Parigi non era semplice.
Ivanovic, però, manda in archivio una vittoria che significa primato (sono passate solo due giornate, ma Milano, tanto per non girare tanto attorno all’eterno duello, è già caduta) e dà alcune certezze.
Carsen Edwards, il bulldozer di Houston è la prima. Non aveva brillato a Parigi. Ma a Udine, quando si è trattato di caricarsi la squadra sulle spalle, ha alzato il sopracciglio (modello Carlo Ancelotti), abbozzato un sorriso e confezionato due magie. C’è chi ha storto il naso spiegando che Carsen avrebbe dovuto sbagliare il libero aggiuntivo, per fare ‘morire il tempo’. I giocatori si allenano in modo esasperato per segnare i liberi. Sbagliarlo appositamente, spesso, crea disastri. Quali? Il ferro nemmeno sfiorato e la conseguente rimessa degli avversari. Senza n decimo bruciato. E in quel caso, Udine, avrebbe potuto vincere anche con un tiro da due, cercando magari un fallo sotto canestro. Questione di punti di vista.
La seconda certezza è che Akele può essere, come lo è stato nel finale della scorsa stagione, davvero importante. Anche nei quintetti anomali.
La terza è che Hackett si sta allungando la carriera con un ruolo, quello di ala piccola aggiunta, che gli permette di fare tante cose utili. Le altre sono speranze: la crescita di Niang, che deve diventare più credibile nei contatti agli occhi degli arbitri (ci sta in un processo di maturazione). La verticalità di Diarra è diversa da quella degli altri lunghi.
Da migliorare? Beh, da Vildoza ci si aspetta maggior sangue freddo e meno palloni persi. Da Smailagic un po’ di malizia in più. Da Derrick Alston Junior (in tribuna a Udine) una maggiore continuità. E un po’ di pazienza in più nell’utilizzo sia di Diouf sia di Niang ci sta.
Ma la stagione è solo all’inizio e gli impegni sono davvero tanti. E la Virtus, che deve recuperare il febbricitante Brandon Taylor, non ha tempo per rifiatare. Mercoledì arriva il Monaco, venerdì un’altra trasferta in Francia con l’Asvel. Servono punti e vittorie per un’Eurolega non da playoff. Ma quantomeno migliore di quella chiusa qualche mese fa nelle ultime posizioni.