L’ultima Volvo V90 uscita dalla linea di montaggio non verrà mai guidata. Resterà custodita all’interno della collezione storica del marchio, a Göteborg, come pezzo simbolico di un’eredità che non esiste più. È nera, ibrida plug-in, e rappresenta la sintesi finale di un’idea di automobile nata decenni fa, ai tempi della Duett, e cresciuta con modelli che hanno segnato un’epoca: le 240, le 740, le 940, fino alle moderne V70 e V90.

Fine di produzione

Costruite attorno a una promessa semplice di spazio e affidabilità, con una nota di sobrietà che non guasta, le SW soddisfacevano in modo silenzioso e rassicurante l’esigenza di coprire migliaia di chilometri, carichi di bagagli, strumenti da lavoro e, perché no, figli. Le Volvo station wagon, per almeno cinquant’anni, hanno fatto brillare gli occhi a un pubblico affamato di concretezza, tanto nei Paesi scandinavi quanto fuori, in Germania, in Francia, in Italia. Insomma, ovunque ci fosse una cultura dell’automobile pratica.

Ma quell’epoca è terminata. I numeri testimoniano senza appello il declino delle wagon a livello globale, perfino in Europa, dove una volta dominavano: i SUV hanno preso il sopravvento e Volvo, come tutti i grandi costruttori, ha seguito la corrente. Le XC60 e XC90 sono ormai le colonne portanti della gamma, mentre le station sono finite ai margini, mantenute a listino quasi per inerzia o per affetto, fino alla decisione di spegnere definitivamente le linee della V90 entro il 2025.

In concomitanza ai gusti del pubblico, pure la strategia del brand è cambiata. Volvo mira a diventare un costruttore 100% elettrico entro il 2030 e, per tener fede all’annuncio, aumenta le risorse su modelli quali la EX90 e la più compatta EX30. Tuttavia, i piani rischiano di essere frenati dagli ostacolo incontrati lungo il sentiero, dai costi di produzione elevati ai problemi tecnici, impattanti sui tempi di sviluppo. Inoltre, l’aggressiva concorrenza cinese mette un freno alla domanda, ancora timida, e in un territorio instabile ogni passo va ricalibrato in corsa.

Smentite le voci di ritorno

Qualcuno, nei mesi scorsi, aveva ipotizzato un possibile ritorno della V90 in chiave full electric, magari con una silhouette rinnovata e una base meccanica condivisa con la futura ES90. Ma la realtà ha già chiuso quella porta: oggi non ci sono piani ufficiali e la priorità resta portare in commercio Sport Utility elettrici proficui nei margini.

Nel frattempo, in Cina continua la produzione della berlina S90, che ha ancora richiesta, mentre la futura ES90, progettata per essere la nuova ammiraglia elettrica del gruppo, ne prenderà gradualmente il posto. Un tentativo di restare in alto, in un contesto sempre più dominato dai crossover e dalle architetture condivise con Geely. Anche la ricomparsa dell’XC70, in versione adattata da un modello cinese, racconta quanto sia ormai centrale il ruolo della Casa madre.

E la V60? Resiste, con vendite marginali, perciò è probabile che venga dismessa a breve: allora si eclisserà una tradizione di wagon Volvo funzionali ed esteticamente discrete. La fine della V90 decreta la fine di un approccio, quello in cui l’automobile era una risorsa intelligente, non un simbolo da ostentare.