La gestione dell’impianto frenante è stato un argomento ricorrente per la Ferrari durante la stagione. Sono due i filoni principali osservati in quest’area, riconducibili però a fenomeni differenti, slegati inoltre da alcun difetto nei materiali Brembo. A Singapore la Scuderia ha faticato con la gestione delle temperature dei dischi, portando all’estremo la pratica del lift and coast attuata per tutto l’anno. A tenere banco a inizio stagione erano invece le difficoltà di Hamilton in staccata, apparentemente diventate ora meno limitanti.

L’origine del lift and coast

A Marina Bay entrambi i piloti della Ferrari hanno dovuto fare i conti con il grave surriscaldamento dei freni. Per Hamilton il fenomeno ha provocato un tale consumo di dischi e pastiglie da causarne un tracollo negli ultimi giri, ma nemmeno Leclerc ne è stato esente, dovendo gestire il passo per l’intera durata di gara.  A causare il problema è stato un raffreddamento inadeguato dell’impianto, con l’utilizzo di prese d’aria troppo piccole pur di migliorare leggermente l’efficienza aerodinamica.

È una pratica in realtà a cui ricorrono tutte le squadre, come testimoniano le parole pronunciate alla vigilia dall’ex Enrico Cardile, neo Chief Technical Officer dell’Aston Martin: “Per gestire le temperature dell’auto si possono aprire gli sfoghi sul cofano e sulle pance per permettere di evacuare più aria calda, oltre che utilizzare condotti dei freni più grandi, essendoci molte frenate. Entrambe le cose però possono minare l’efficienza aerodinamica, causando una maggiore resistenza e penalizzando la velocità sul dritto. È una questione di compromesso”.

F1 GP Singapore 2025, Marina Bay: Charles Leclerc (Scuderia Ferrari) - Foto: Getty ImagesPhoto Robert Szaniszlo/NurPhoto via Getty Images

La qualifica è ormai sempre più importante ai fini del risultato finale, giocandosi inoltre costantemente sul filo dei centesimi. Pur di guadagnare qualche punto di efficienza in più al sabato, i team sono disposti a gestire le temperature in gara, rilasciando l’acceleratore alcuni metri prima del punto di staccata. È una delle ragioni che concorrono alla pratica del lift and coast, approccio che la Ferrari ha sposato maggiormente nell’ultimo biennio, rimarcato dalle ricorrenti comunicazioni radio sull’argomento che ne suggeriscono però una padronanza ancora parziale.

Il caso di Singapore

L’appuntamento di Marina Bay è storicamente uno dei più critici per le temperature, non solo per le torride condizioni ambientali, ma anche per le basse velocità medie sul giro, che riducono l’apporto di aria per raffreddare un impianto sollecitato per circa il 20% del tempo. La Ferrari tuttavia è stata l’unica a soffrire in tale misura, evidenziando un chiaro errore di valutazione sulle scelte di raffreddamento.  “Avevamo del surriscaldamento non dal primo giro, ma dal secondo o dal terzo, e abbiamo dovuto fare del lift and coast”, ha raccontato Vasseur al termine della gara. Oltre al tempo perso per il rilascio anticipato dell’acceleratore, l’estremo lift and coast ha generato una serie di problemi a cascata. I piloti non avevano chiari punti di riferimento, attuando inoltre ripetute correzioni alla ripartizione di frenata, di certo non il massimo per mantenere le gomme nella corretta finestra di funzionamento.

Photo by Mark Sutton – Formula 1/Formula 1 via Getty Images

La priorità adesso a Maranello è capire cosa abbia portato a una tale situazione. È evidente che le simulazioni in fabbrica e i riscontri delle prove libere non abbiano indirizzato il team verso la scelta di un raffreddamento adeguato dell’impianto. Non è chiaro se a Singapore la SF-25 montasse i nuovi condotti anteriori introdotti a Baku e se tali modifiche possano aver giocato un ruolo in questo. A Marina Bay, inoltre, tutte le squadre hanno dovuto fare i conti con la difficoltà ad accendere le gomme anteriori a inizio giro in qualifica. In questi casi è prassi sfruttare il calore generato dai freni per accelerare il riscaldamento degli pneumatici ed è possibile che anche questa esigenza abbia spinto la Ferrari a una scelta troppo aggressiva per le prese d’aria, pagandone il prezzo in gara.

Le difficoltà di Hamilton

La gestione dell’impianto frenante è stata fonte di non pochi problemi per il Cavallino nel 2025, considerando anche le difficoltà denunciate da Lewis Hamilton durante l’anno, seppur di tutt’altra natura. Il pilota britannico ha faticato non poco a instaurare la giusta sintonia con il comportamento in frenata della Ferrari, da ricondursi a più fattori. Tra questi rientrano la risposta dinamica e aerodinamica della SF-25 in staccata, oltre che un utilizzo più aggressivo del freno motore rispetto alla power unit Mercedes, che favorisce la rotazione in curva a discapito della stabilità in ingresso.

Ferrari Lewis Hamilton F1Photo by Alexander NEMENOV / AFP

Altro elemento è la rigidezza del pedale, legata molto alle abitudini personali. Alcuni piloti preferiscono infatti una corsa più lunga che aiuti a modulare la frenata, mentre altri ne prediligono una più breve per una maggiore prontezza di risposta. Per Hamilton infine c’è una fisiologica questione di familiarizzazione con i materiali Brembo dopo oltre dieci anni con i Carbon Industrie, che in quanto diversi forniscono decelerazioni e risposte differenti a seconda delle condizioni operative.

Il pilota inglese sembrerebbe ora aver trovato la sua strada, individuando una direzione di assetto più simile ma allo stesso tempo diversa da quella del compagno. Il sette volte campione del mondo ha inoltre gradito le nuove mescole per le pastiglie posteriori sviluppate da Brembo che ha avuto a disposizione da Spa, mentre Leclerc le ha impiegate sin dal Canada. I problemi in frenata denunciati da Hamilton erano quindi legati più all’adattamento personale, mentre tutt’altra questione è stata il ritiro sfiorato a Singapore, dove la squadra ha sbagliato a calibrare il raffreddamento dell’impianto. Nel complesso, nel 2025 la frenata è stata fonte di un doppio tormentone per la Ferrari, che, dopo aver apparentemente risolto il primo, deve ora trovare il modo per risolvere anche il secondo.