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A un mese dall’inizio del processo di secondo grado arriva un nuovo colpo di scena nella vicenda giudiziaria di Filippo Turetta, assassino reo confesso di Giulia Cecchettin e condannato all’ergastolo lo scorso anno dalla Corte d’Assise di Venezia. In una lettera depositata alle cancellerie degli uffici giudiziari veneziani ha annunciato di rinunciare ai motivi d’appello contro la condanna.


APPROFONDIMENTI

L’AGGRAVANTE

Una «mossa» che sembra smentire le intenzioni dei difensori del 23enne di Torreglia (Padova), gli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera. A maggio, infatti, i legali chiedevano l’esclusione dell’aggravante della premeditazione e la concessione delle attenuanti generiche, per la collaborazione prestata agli inquirenti e per il comportamento processuale tenuto dall’imputato. Contro la sentenza aveva presentato appello anche la Procura della repubblica di Venezia, in particolare sul punto relativo al mancato riconoscimento dell’aggravante della crudeltà e dello stalking: le 75 coltellate inferte a Giulia la notte del delitto, e gli atti persecutori, il controllo ossessivo di Filippo sulla ragazza, e la marea di messaggi, circa 300 al giorno, che inviava alla giovane. Oltre 225mila interazioni registrate sul suo cellulare. Nelle 145 pagine di motivazioni depositate l’8 aprile scorso – forse il punto più controverso della sentenza – la corte d’Assise aveva sostenuto che i colpi ripetuti non rientravano nella categoria della «crudeltà” ma nella «inesperienza» del giovane assassino. Nella lettera in cui rinuncia all’appello Turetta scrive soprattutto di un «sincero pentimento».

PROCESSO D’APPELLO

La rinuncia all’appello comporterebbe l’inammissibilità dei motivi di opposizione della difesa, ma tecnicamente il processo potrebbe comunque proseguire; resta da capire se sussiste l’interesse della Procura all’impugnazione della sentenza di primo grado. La rinuncia potrebbe soprattutto essere la via per quella richiesta di accesso alla giustizia riparativa, un altro dei punti che in queste settimane hanno fatto tornare alla ribalta la vicenda Turetta. L’ipotesi della giustizia riparativa aveva trovato il dissenso da parte di Gino Cecchettin, secondo il quale la richiesta era arrivata troppo tardi e troppo a ridosso del processo di appello. «Io credo nella giustizia riparativa – aveva precisato Cecchettin – e lo dico da cittadino, a prescindere da quello che mi è successo. Però è un percorso che deve passare attraverso l’autoconsapevolezza, prima attraverso le scuse e poi alla richiesta di perdono. Tutto questo percorso non è iniziato. Filippo ha sbagliato e ha fatto del male, ha fatto tanto male. E quindi deve partire dalla consapevolezza di quello che lui ha fatto, e la consapevolezza ti porta alle scuse, che non sono arrivate mai, e poi ad una richiesta di perdono eventuale, e neanche questa è arrivata». Una posizione confermata oggi dall’avvocato Stefano Tigani, legale di Cecchettin: «Abbiamo sempre avuto l’unico scopo – ha detto – di dare a questo fatto il corretto inquadramento giuridico, che però dal nostro punto di vista prevede anche il riconoscimento delle aggravanti che non sono state riconosciute in primo grado». La prima udienza del processo d’appello a Turetta era già stata fissata per il 14 novembre prossimo, nell’aula bunker di Mestre (Venezia), davanti alla Corte d’assise d’appello presieduta dal giudice Michele Medici.


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