Le curiosità di I figli degli altri
Due ‘figli’ dalla stessa origine
L’intenzione di partenza per la sceneggiatrice/regista Rebecca Zlotowski – che casualmente è rimasta incinta durante la pre-produzione e ha dato alla luce il suo primo figlio dopo la fine della post-produzione – è stata quella di adattare per il grande schermo il romanzo del 1975 “Biglietto scaduto” di Romain Gary (titolo originale in francese: Au-delà de cette limite votre ticket n’est plus valable), essendosi rivista nella quarantenne senza figli ma matrigna dei figli del suo compagno.
“Ho iniziato adattando il romanzo di Romain Gary, che affrontava in modo diretto e diretto l’impotenza maschile. Ma qualcosa opponeva resistenza. Non che non riuscissi a proiettarmi in quest’uomo che non riusciva più ad avere un’erezione o aveva paura di non farcela… Ma forse perché mi ci proiettavo troppo – ha raccontato. – E gradualmente la mia impotenza mi è diventata evidente, quella di una donna di quarant’anni senza figli che ne desidera uno e che in parte sta crescendo i figli di qualcun altro, di qualcun altro”.
Le matrigne
“Colei che si prende cura dei figli degli altri”, per Virginie Efira che la interpreta e “un personaggio raramente visto al cinema”, “Una suocera, senza essere madre – come la descrive la regista, che dice di essersi ispirata alla propria esperienza di vita personale. – Per quanto banale, dolorosa e vergognosa come l’impotenza maschile, questa situazione era comunque il punto di partenza per una storia degna di essere raccontata. Era stata raccontata poco. Nemmeno nominata. Perché il legame che può unirci ai figli di un altro, un uomo amato con cui condividiamo la vita e quindi la famiglia, mi sembrava non solo privo di nome (si parla di maternità, paternità, non di matrigna, patrigno), ma anche orfano di rappresentazione. C’era una sorta di divario tra la rappresentazione nel cartone animato, la matrigna cattiva dei film Disney, erede di un mondo in cui le donne morivano di parto e venivano sostituite da “loro malgrado”, giovani donne mal equipaggiate per amare figli non propri, fardelli, e dall’altro lato, la matrigna sopraffatta delle famiglie allargate delle commedie romantiche più o meno riuscite“.
Doppio cameo
Come già accennato, c’è la scrittrice Anne Berest a interpretare Jeanne, mentre il ginecologo è interpretato da Frederick Wiseman (Ex Libris), famoso documentarista, Leone d’oro alla carriera nel 2014 e Premio Oscar onorario nel 2017. Ma nel film ci sono numi tutelari come Jill Clayburgh, Meryl Streep e Diane Keaton “nell’interpretazione intelligente, la generosità, la dignità” della Efira.

I premi
La vittoria più bella è stata quella di Virginie Efira, Miglior Attrice del 2023 per i Premi Lumière, ma – oltre a partecipare al concorso della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia nel 2022 – il film ha sfiorato anche quelli come Miglior film, miglior regia e sceneggiatura (di Rebecca Zlotowski).
Virginie a nudo
“La nudità al cinema non è una novità per me! – ha raccontato la protagonista della sua scena di nudo. – Ma questa è la prima volta che faccio una scena di nudo divertente, perché il corpo ha parti morbide, e quando ti muovi, è divertente! Questa non aveva alcuno scopo sessuale, quindi è stata molto divertente da girare, ma anche molto intimidatoria. Ero nuda all’aperto, c’erano persone che potevano vedermi, non potevo, ad esempio, coprirmi con il corpo di qualcun altro, o con l’erotismo di una scena, come ho fatto in altri film. Qui, siamo semplicemente lì, come un piccolo verme nudo, che si muove in ogni direzione. Sì, è stato molto divertente“. Aggiungendo: “È difficile filmare la nudità. Mi interessa solo quando interessa profondamente il regista, e quindi trovare il linguaggio particolare del corpo, il modo preciso di muoversi, sentire che siamo tutti insieme, nello stesso film, in un modo quasi religioso, trascendente, e dirci che stiamo realizzando qualcosa di più grande di noi“.
L’esempio di Diane Keaton
“Rebecca mi ha mostrato dei film con Diane Keaton, che mi hanno ispirato molto per il linguaggio del corpo di Rachel – ha rivelato la Efira. – Nella Keaton c’è una mobilità del volto, una sorta di cortesia del sorriso, che è anche nel mio carattere: la cortesia del sorriso, l’importanza della risata. Sono rimasta particolarmente colpito da Spara alla luna di Alan Parker. È cinema statunitense popolare, accessibile, esigente e profondo, che mantiene costantemente il suo messaggio a una certa altezza. Per me e Rebecca i film erano ulteriori modi di connettersi, di condividere una prospettiva. Mi ha lasciata libero di prendere, di usare o meno ciò che volevo da ciò che avevo visto, ad esempio, nella recitazione di Diane Keaton“.