Una «donna controcorrente, senza pregiudizi, spesso scomoda, che ha fatto del precetto “visitare i carcerati” la sua missione». Viene presentata così suor Gervasia Asioli nel libro Una suora all’inferno. Lettere dal carcere a Gervasia Asioli, edito da Marietti 1820. Il volume, curato da Gabriele Moroni ed Emanuele Roncalli, raccoglie le lettere indirizzate alla orsolina delle Figlie di Maria Immacolata, scritte da ergastolani, pluriomicidi, ex terroristi, grandi falsari e altri detenuti. Suor Gervasia era chiamata “mamma dei detenuti”, “battagliera d’acciaio”, “suora postina di Rebibbia”.

Entrare nei cuori difficili

«Il merito di suor Gervasia è stato quello di entrare nei cuori, certamente difficili, delle persone che incontrava in carcere. Aveva conquistato la loro fiducia e anche il loro affetto. E parliamo di personaggi assolutamente difficili, controversi, con un passato terribile», dice Gabriele Moroni, uno dei curatori. «Le hanno scritto a lungo terroristi, esponenti dell’estrema destra nera. Ci sono Gilberto Cavallini, Giuseppe Valerio “Giusva” Fioravanti, Francesca Mambro. Questi detenuti si aprono con lei e svelano un lato privato, personale. C’è chi nelle lettere la chiama “Gervy”, chi “Gervasietta”, chi “Fatina mia carissima”. Questa è la particolarità del libro, che pone queste persone in una luce diversa, nuova: quella della loro personalità, della loro intimità». Ad esempio, Valerio “Giusva” Fioravanti, terrorista esponente del gruppo eversivo Nuclei armati rivoluzionari, in una lettera parla dell’amore per la moglie Francesca Mambro.

Nel libro le lettere sono un continuo rimando agli anni di piombo, ai periodi più bui della storia della Prima Repubblica, macchiata da attentati, sequestri di persona, omicidi

Storie di risalite

Nel libro le lettere sono un continuo rimando agli anni di piombo, ai periodi più bui della storia della Prima Repubblica, macchiata da attentati, sequestri di persona, omicidi. C’è anche un protagonista di una straordinaria storia di risalita. «Vincenzo Andraous, un uomo da tre ergastoli poi riuniti in uno e 30 anni di reclusione per omicidi, rapine ed estorsioni. In carcere ha iniziato un percorso, si è scoperto poeta. Ha iniziato a raccontare la propria storia nelle scuole e negli oratori. Da 25 anni è un operatore comunitario alla Casa del Giovane di Pavia. L’Andraous che scrive a Suor Gervasia è ancora in una fase di traghettamento tra il passato e il futuro, che però già comincia a illuminarsi». Per esempio, fa una confessione alla suora quando le parla del suo rimorso per i dolori che ha provocato alla madre, e le comunica l’amore per la figlia Ylenia: «Ho la mia Ylenia e mia madre, che per me sono veramente importanti, unici valori veri al mondo ed allora non mi lascio andare».

Suor Gervasia con Giuseppe Valerio “Giusva” Fioravanti

«Io credo fermamente nel paradiso e sono convinta che Gervasia, col suo inconfondibile accento veneto, starà perseguitando nostro Signore per far entrare chi, per quello che ha combinato in vita, avrebbe per certo la porta sbarrata»: così la magistrata e deputata Simonetta Matone conclude la sua prefazione al volume, che ha titolato Una suora rivoluzionaria. «Queste parole danno la cifra della persona che era suor Gervasia», prosegue Moroni. «Credo che nei percorsi “positivi” di alcune delle persone le cui lettere sono nel libro, durante e dopo la detenzione, abbia giocato un ruolo importante, anche la conoscenza e la frequentazione di suor Gervasia».

Come nasce questo libro

«Tutto nasce dal fatto che suor Gervasia scriveva per una rivista che si chiama Amici di Papa Giovanni, dove teneva una rubrica in cui parlava dei detenuti, dei problemi del carcere. Alla sua morte le suore orsoline delle Figlie di Maria Immacolata pensarono di donare il carteggio all’editore della rivista, alla quale collaboro anch’io», racconta Emanuele Roncalli, l’altro curatore del libro. «L’editore mi consegnò questo baule molto grande, pieno di carte, che rischiava di rimanere in uno scantinato. Un giorno mi sono deciso ad aprirlo e, leggendo i nomi delle persone che avevano scritto le lettere, ho fatto un salto sulla sedia. Ovviamente per avere un’autorizzazione alla pubblicazione di quelle lettere, abbiamo dovuto ricontattare tutte quelle persone». Nel libro sono pubblicate una dozzina di corrispondenze, «però in realtà saranno almeno 150 i carteggi che ci sono in questo baule. Siamo riusciti a ricontattare le persone tramite gli avvocati, grazie ad articoli di giornali che dicevano in quali carceri si trovavano, ai quali ho mandato delle lettere per avere una risposta. Tutti mi hanno dato l’autorizzazione a pubblicarle».

In autostop per andare in carcere

«Questo libro nasce anche dalla volontà di dare immagine a questa figura di religiosa, un personaggio straordinario. Suor Gervasia faceva l’autostop per andare in carcere e aiutava i detenuti non solamente con le belle parole, ma anche dando dei contributi, faceva un po’ la postina con i familiari». Secondo Roncalli questo libro si può leggere in due modi, come fossero due facce della stessa medaglia: «Da una parte c’è la figura di questa religiosa, dall’altra c’è il mondo carcerario. C’è ancora un po’ di pietas in questi personaggi, nessuno si autoassolve o vuol entrare nel merito dei fatti che hanno commesso, è un po’ come vedere quegli Anni di piombo visti dal di dentro, visti da loro. Quando si parla della strage di Bologna o del delitto di Piersanti Mattarella, ci sono nelle lettere delle ricostruzioni di alcuni fatti, anche legati a questi protagonisti».

L’editore mi consegnò questo baule molto grande, pieno di carte, che rischiava di rimanere in uno scantinato. Un giorno mi sono deciso ad aprirlo e, leggendo i nomi delle persone che avevano scritto le lettere, ho fatto un salto sulla sedia

Emanuele Roncalli

Tra i detenuti protagonisti delle lettere di Una suora all’inferno «alcuni sono ancora in carcere. Come Domenico Papalia, che ha 80 anni ed è malato di cancro. Con Mambro e Fioravanti ci sentiamo ancora, il loro affetto nei confronti di suor Gervasia dopo tanti anni dalla sua morte è ancora molto forte».

Suor Gervasia Asioli è morta il 28 luglio 2010, all’età di 93 anni.  
Il 25 ottobre Una suora all’inferno. Lettere dal carcere a Gervasia Asioli sarà presentato a Verona, presso la casa madre delle suore orsoline delle Figlie di Maria Immacolata (sala conferenze di Palazzo Allegri-Ferruzzi), con gli interventi degli autori. «Speriamo di poter presentare presto il volume anche in alcune carceri», conclude Roncalli.

Foto fornite da Emanuele Roncalli

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.