Quando l’Air Force One ha sorvolato la striscia di sabbia sulla quale gli israeliani avevano scritto in blu e rosso «Thank You» dentro a un profilo del volto di Donald Trump, il pilota ha fatto fare un giro all’aereo, perché il Presidente potesse vedere meglio. È stata la migliore accoglienza per una giornata storica. Mentre gli ostaggi tornavano a casa Trump è andato alla Knesset, a ricevere la sua ricompensa per l’importante tregua raggiunta. È stato un vero trionfo. Accompagnato dal premier Benjamin Netanyahu, dal genero Jared Kushner, dalla figlia Ivanka e da molti esponenti dell’amministrazione, Trump è stato accolto da un applauso durato più di tre minuti (e dalla contestazione di due parlamentari, espulsi dall’aula). Ogni tanto annuiva ai complimenti, le labbra strette, sembrava commosso. Era da tempo che non riceveva un tributo così intenso, soprattutto all’estero. Ma ora che i suoi meriti gli vengono riconosciuti, tutti sembrano capire che quando nel discorso inaugurale aveva promesso di essere un portatore di pace diceva la verità. Trump avrà pensato che in Israele, a Gaza e nel resto del mondo tutti gli stavano tributando sinceri applausi. Anche chi lo accusava di non rispettare le regole, di mettere in pericolo i principi della democrazia e di essere privo di scrupoli doveva ammettere che un grande risultato lo aveva raggiunto, aprendo un cammino di speranza.
IL DISCORSO
Gli applausi sono continuati mentre lo speaker del Parlamento, Amir Ohana, nominava uno dopo l’altro gli artefici della tregua: Trump «un gigante della storia ebraica che sarà ricordato per migliaia di anni», poi Netanyahu, che ha ricevuto applausi ma anche qualche fischio. E Jared Kushner, sua moglie Ivanka, l’inviato Steve Witkoff, il Segretario di Stato Marco Rubio, il ministro della Guerra Peter Hegseth, tutti presenti. Applausi e ringraziamenti anche per gli esponenti del governo israeliano coinvolti nelle trattative. Nel suo discorso di mezz’ora, in inglese, Netanyahu ha ringraziato «il miglior amico mai avuto alla Casa Bianca» per tutto: il sostegno militare, quello all’Onu, il bombardamento dell’Iran, il riconoscimento di Gerusalemme come capitale e della sovranità di Israele sul Golan. E ovviamente per Gaza, per la nuova «importante alleanza tra le nostre due terre promesse». «Non ho mai visto nessuno – ha detto – muovere il mondo così velocemente, in modo così decisivo e risoluto come il nostro amico Donald J. Trump». Trump ha parlato bene, adottando i toni dell’uomo di pace. «È una nuova alba per il Medio Oriente», ha detto. «Israele ha vinto tutto ciò che si poteva ottenere con le armi. Ora è il momento di trasformare queste vittorie sul campo nel premio finale: pace e prosperità per tutto il Medio Oriente». Trump ha ringraziato «l’onnipotente Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe» che ebrei e cristiani condividono. «Dopo tanti anni di guerre e pericoli senza fine, oggi il cielo è sereno, le armi tacciono, le sirene non suonano più e il sole sorge su una Terra Santa finalmente in pace».
Il futuro degli abitanti di Gaza: «L’attenzione deve concentrarsi su stabilità, sicurezza, dignità e sviluppo economico, affinché possano avere la vita migliore che i loro figli meritano». «Dovrebbe essere ormai chiaro che decenni di terrorismo, estremismo, jihadismo e antisemitismo non hanno funzionato: si sono ritorti contro di loro». I rapporti con l’Iran: «Le nazioni produttive e responsabili della regione non dovrebbero essere avversarie, ma partner e, persino amiche. Anche con l’Iran, il cui regime ha inflitto così tante morti, la mano dell’amicizia e della cooperazione è sempre aperta». Trump ha confermato che l’appoggio a Israele sarà totale e che se l’America entrerà in guerra «lo farà per vincere: non saremo politicamente corretti». Discostandosi dal discorso preparato ha anche chiesto al presidente Isaac Herzog la grazia per Netanyahu, il cui processo per corruzione riprende domani. Sarà un passo importante per preparare l’uscita di scena politica del premier e continuare con un nuovo governo. Trump ha dovuto rinunciare a visitare lo Sheba Medical Center due ostaggi appena liberati, i fratelli Gali e Ziv Berman, perché si era fatto molto tardi. Lui aveva appena parlato per un’ora, ma ha rimproverato Netanyahu («Sei stato brillante, ma molto lungo») e Ohana («Anche lei ne ha fatto uno lungo, ma mi è piaciuto: poteva andare peggio»). A Sharm el-Sheikh lo attendevano 20 capi di stato e di governo, ma liberati gli ostaggi e i prigionieri, al vertice non c’erano né Israele, né Hamas, né l’Iran. E questo significa che il difficile comincia ora.
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