Condividi
“Put Your Soul on Your Hand and Walk” era già stato salutato a Cannes, dalla Presidente di Giuria Juliette Binoche, che aveva voluto ricordare soprattutto lei, la fotografa Fatima Hassouna, uccisa con la sua famiglia da un raid israeliano. Il documentario di Sepideh Farsi, ora alla 20^ Festa del Cinema di Roma, ci offre uno sguardo profondo, inedito e irrinunciabile sulla grande tragedia del nostro tempo.
“Put Your Soul on Your Hand and Walk” – La trama
“Put Your Soul on Your Hand and Walk” è un altro capitolo fondamentale di quella cinematografia che si è presa in carico il compito di raccontarci il massacro che a partire dal 7 ottobre scorso, sta insanguinando Gaza, distruggendo un popolo, il suo futuro, le sue speranze. Dopo “The Voice of Hind Rajab” di Kaouther ben Hania, simbolo dell’ultimo Festival di Venezia, da Cannes arriva alla Festa del Cinema di Roma questo documentario di Sepideh Farsi, un’opera necessaria, potentissima, ma soprattutto incredibilmente coinvolgente. Questo a dispetto della sua natura estetica abbastanza particolare, anzi unica. Tutto nasce nell’aprile del 2024, quando la regista iraniana, costretta a lasciare il suo paese a causa delle persecuzioni del regime, entra in contatto con lei, con Fatima Hassouna, giornalista che comincia a diventare la sua fonte per capire cosa sta succedendo, prigioniera assieme a ogni altro essere umano del terrificante assedio di Gaza. Quelle videochiamate, telefonate, per quanto instabili, sono un contatto umano prezioso, inestimabile, tra due donne che in breve diventano anche due amiche, due anime in simbiosi.
Vogliono continuare a sentirsi, ascoltarsi, rimanere in contatto. “Put Your Soul on Your Hand and Walk” assume oggi un valore completamente diverso in virtù di ciò che è capitato a Fatima, giornalista e fotografa, uccisa con la sua famiglia esattamente il giorno dopo in cui il film era stato ammesso alla Croisette in una delle selezioni. Ennesimo tributo di sangue a chi, a Gaza, in questi mesi ha cercato di raccontare ciò che Israele non vuole che si racconti: un’operazione chirurgica di smantellamento di un popolo, il suo massacro, la sua distruzione. Tutto avviene attraverso una connessione Internet spesso instabile, la Farsi ha deciso di tenere l’essenza granulosa, a volte anche abbastanza inquietante, di quel volto scarsamente definito, armato però di una voce magnifica, indomita, che ci parla di cosa succede a Gaza, dei bombardamenti, della fame e della disperazione. Ma c’è anche la certezza che, in qualche modo, l’anima del popolo palestinese, schiacciato tra martello e l’incudine, sopravviverà anche a questo, in qualche modo, come la storia ha sempre insegnato in questi casi.
Due donne, separate dalla distanza, unite dalla volontà di non arrendersi
“Put Your Soul on Your Hand and Walk” già nel titolo fa riferimento a una frase detta da Fatima, sul pericolo rappresentato dalle bombe, ma soprattutto dai cecchini, quelli che non si sono fatti alcuno scrupolo ad ammazzare bambini che cercavano cibo. La morte aleggia per tutti i 112 minuti di questo straordinario documentario che, alla fine, comincia inevitabilmente a far infuriare lo spettatore, o comunque a fargli coltivare una sensazione di inadeguatezza e impotenza, che da metà in poi diventano onestamente opprimenti. Sapere che Fatima non c’è più, che è stata uccisa nonostante il suo coraggio, la sua coerenza, la sua abnegazione nel cercare di rendere la verità sull’assedio e i massacri, i bombardamenti, visibile agli occhi di tutti, porta a chiedersi se renda questo documentario più o meno potente. Resta il fatto che senza ombra di dubbio, è uno dei migliori del suo genere degli ultimi anni, un altro grande affresco di cinema civile da tramandare ai posteri, per ricordare che non tutti furono indifferenti, non tutti si sono voltati dall’altra parte.
Certo, “Put Your Soul on Your Hand and Walk” non è un film per tutti, ma è davvero difficile rimanere indifferenti alla voce di Fatima, a quel sorriso che ci arriva da un altro mondo. Questo a dispetto di una sensazione di crescente paura, in certi casi quasi autentico orrore, che nasce dal sapere, anzi immaginare, cosa sta succedendo oltre quell’inquadratura instabile. “Put Your Soul on Your Hand and Walk” rende ancora una volta il non visto, l’ignoto, fonte di un orrore che si basa sulla nostra capacità astrattiva, visto che la mente è più forte dello sguardo, il che lo rende ancora più incisivo. “Put Your Soul on Your Hand and Walk” crea un tandem ideale con il film di ben Hania, in fin dei conti anch’esso in parte documentaristico. Sono i due lati della stessa medaglia, di un lascito artistico importante, fondamentale. Lo sarà ancora più nei prossimi anni, quando dovremmo spiegare alle nuove generazioni come è stato possibile far massacrare medici e giornalisti impunemente, permettere il genocidio di un intero popolo. Servirà a combattere anche la disinformazione. Ma Fatima e Sepiedh, loro qualcosa di grande lo hanno fatto.
Voto: 9