Fiammetta, la prima domanda naturalmente è: come stanno gli ostaggi in base alle primissime notizie?
«Stando alle indicazioni dell’Idf stanno tutti tra virgolette bene, almeno a livello fisico, sono scesi dall’auto della Croce Rossa con le loro gambe, e ovviamente sono stati portati subito in ospedale. Preoccupano molto le loro condizioni non solo fisiche ma anche psicologiche».
Che aria si respira nelle piazze israeliane questa mattina? Avete dormito questa notte?
«Confermo che stanotte non ha chiuso occhio nessuno, anche perché sembrava che sarebbero tornati già stanotte, invece alla fine sono tornati stamattina: il primo gruppo di sette alle 8.10 del mattino e il secondo gruppo dei restanti tredici vivi alle 10.55. L’atmosfera nelle piazze è che dopo due anni la gente sorride, io vedevo la gente per strada mentre venivo qua tutti con un sorriso che non si vedeva da due anni. È una cosa stranissima da spiegare per chi non vive qui, il fatto che la gente avesse completamente dimenticato cosa significasse sorridere e ora è finalmente tornata a farlo. L’atmosfera è di gioia, una gioia come non l’ho mai vista in 16 anni che vivo in Israele. Le piazze sono dei fiumi in piena già all’alba».
Le divisioni partitiche che stressano la vita politica del Paese possono essere accantonate in questo momento, e per quanto tempo? Oppure sono sempre presenti e complicheranno il prosieguo di questa road map?
«Domanda difficile: sono sicura che oggi anche chi ha votato per Ben-Gvir e Smotrich è ovviamente felice del ritorno agli ostaggi. Nei prossimi giorni si vedranno veramente come stanno le cose, innanzitutto giacché stiamo ancora aspettando i corpi dei 28 ostaggi morti e si sa già che circa 8 o 9 corpi non torneranno».
In questo momento ci sono battaglie molto violente fra i clan di Gaza contro Hamas e fra di loro: come sono cambiati i rapporti di forza nella Striscia, e Israele se ne avvantaggerà?
«Ecco, qui ci si collega alla domanda precedente, poiché di fatto a Gaza si sta consumando una guerra civile. Nelle aree da cui si è ritirato l’Idf, immediatamente Hamas sta cercando di fare piazza pulita di tutte quelle compagini armate a sé ostili. In effetti questi clan potrebbero diventare un’alternativa ad Hamas nel futuro piano di pace monitorato da Israele, ma è presto per capire come si svilupperanno gli eventi».
Qual è la situazione in Cisgiordania, come stanno vivendo questi eventi gli arabi di Samaria, Giudea e Valle del Giordano?
«Questa è una questione molto interessante. Da un lato, nei sondaggi pubblicati, proprio come nella Striscia di Gaza purtroppo anche nel West Bank risulta un forte consenso popolare verso Hamas. Poi però io sono stata la settimana scorsa a Betlemme (Giudea) a intervistare parecchi ragazzi arabi, e in realtà mi dicevano che non vedevano l’ora che tornassero gli ostaggi, si andasse avanti con gli accordi eccetera, per tornare a una normalità; anche perché la maggior parte degli arabi del West Bank lavora nel turismo, e naturalmente da due anni con la guerra è tutto fermo. Quindi bisogna sempre prendere in sondaggi con le pinze, e forse la voglia di ritorno alla vita normale anche qui è più importante della politica».
Ora la domanda più difficile. L’Arabia Saudita proprio ieri ha paventato il pericolo che il Qatar, reso tanto essenziale in questi accordi, riporti in auge Hamas nel prossimo futuro: secondo le prime opinioni, che succederà nella Striscia di Gaza adesso?
«Sarà un percorso sicuramente molto lungo e doloroso per tutte le prime fasi. E sarà cruciale il ruolo di tutti i Paesi del Medio Oriente che si sono alleati con gli Usa per sostenere il Piano Trump. Di certo il Qatar, come tutti sanno, da sempre tiene il piede in due scarpe e potrebbe continuare a tenercelo. La mia idea personale è che se vanno avanti in modo deciso con gli Accordi di Abramo allora Hamas si troverà in un vicolo cieco, rimanendo isolato assieme all’Iran. Quindi più velocemente proseguono gli Accordi di Abramo con Paesi come Siria, Libano, Indonesia eccetera, e più potere viene tolto da Hamas. Questa è davvero la grande speranza per una pace in Medio Oriente. Purtroppo, però, Hamas ha già smesso di rispettare gli accordi: non consegna i corpi dei rapiti, e ha già provato ad attaccare postazioni militari israeliane».
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Andrea B. Nardi