Chi si aspettava un fuoco d’artificio, resterà forse un po’ spiazzato. L’ultimo MacBook Pro da 14 pollici con chip M5 non cambia faccia, non cambia linguaggio estetico, eppure cambia molto. È una di quelle evoluzioni sottili – e tipicamente Apple – che non si misurano solo in numeri, ma nella sensazione d’uso quotidiana. Il corpo è lo stesso: scocca in alluminio, finiture in argento o nel nero siderale introdotto con le ultime generazioni, cornici sottili, tastiera precisa e silenziosa, il display Liquid Retina XDR da 14 pollici che resta uno dei migliori schermi su un portatile. Nessuna rivoluzione, insomma.
Ma sotto la superficie, l’architettura cambia. Il nuovo chip M5 è la vera notizia. Architettura a dieci core per CPU e GPU, un Neural Accelerator dedicato in ogni core grafico, un motore neurale a sedici core che lavora in parallelo con il processore principale. In parole povere, significa che l’intelligenza artificiale entra nel DNA del Mac, non come un servizio in cloud o una funzione accessoria, ma come parte integrante del sistema. Apple parla di un incremento fino a tre volte e mezzo delle prestazioni AI rispetto al precedente M4 e di un miglioramento grafico del sessanta per cento. Non è solo potenza bruta: è anche una questione di efficienza. Il chip gestisce meglio la memoria unificata, che ora è più ampia e veloce, con una banda di 150 gigabyte al secondo. Questo permette di elaborare direttamente sul dispositivo modelli linguistici complessi, rendering tridimensionali o flussi video 8K, senza appoggiarsi alla nuvola. In pratica, quello che fino a ieri richiedeva una workstation collegata alla rete ora può essere gestito da un laptop da un chilo e mezzo.
L’SSD, completamente ridisegnato, raddoppia la velocità di lettura e scrittura: tradotto, significa meno attese, meno progress bar, più fluidità nei progetti video e nei file di grandi dimensioni. Apple dichiara anche un miglioramento sensibile dell’autonomia: fino a 24 ore in riproduzione video, 15 ore di navigazione, e prestazioni costanti anche a batteria quasi scarica. Dati da verificare, ma in linea con l’approccio di Cupertino: spingere sull’efficienza più che sulla corsa al watt.
A livello visivo, il display rimane una certezza. Il pannello Liquid Retina XDR mantiene i suoi 1.000 nit di luminosità costante e i picchi HDR da 1.600, con contrasto da un milione a uno e refresh dinamico fino a 120 hertz. È ancora disponibile con il trattamento nano-texture, utile per chi lavora sotto luci forti o in ambienti con ampie vetrate.
Il comparto audio resta da riferimento: sei altoparlanti con supporto a Spatial Audio e Dolby Atmos, microfoni di qualità da studio e fotocamera frontale da 12 megapixel con funzione Center Stage. È un laptop, ma spesso sembra quasi un piccolo studio di produzione multimediale.
L’altra grande novità, meno appariscente ma più strategica, è l’integrazione profonda con Apple Intelligence, la piattaforma di funzioni AI integrate in macOS Tahoe. Traduzione in tempo reale, assistenza contestuale, automazioni che si adattano al contesto: il tutto gestito in locale, senza bisogno di inviare dati a server esterni. È un approccio diverso rispetto a quello di Microsoft o Google, che puntano ancora su modelli ibridi e su elaborazioni in cloud. Apple scommette sulla privacy e sull’efficienza energetica, due ambiti che diventano sempre più identitari.
La parte meno affascinante – ma inevitabile – sono i prezzi. Si parte da 1.849 euro per la configurazione base (10-core CPU e GPU, 16 GB di memoria unificata e 512 GB di SSD) e si sale oltre i 2.300 euro per la versione con 24 GB di memoria e 1 TB di archiviazione. Tutti i modelli condividono le stesse porte (tre Thunderbolt 4, HDMI, slot SDXC, jack audio e MagSafe 3), la stessa connettività (Wi-Fi 6E e Bluetooth 5.3) e la stessa filosofia: potenza professionale, ma in un formato portatile. Disponibilità fissata dal 22 ottobre.
In definitiva, il MacBook Pro M5 è un aggiornamento pragmatico: non cerca di stupire, ma di consolidare. È l’ennesima conferma della filosofia Apple: evolvere per piccoli passi, ma con una direzione precisa. Per chi viene da un modello M1 o Intel, il salto sarà netto. Per chi ha già un M4, meno. Ma resta una macchina che definisce lo standard – e, come spesso accade, lo fa senza bisogno di alzare la voce.
iPad Pro M5, la maturità del tablet
Anche il nuovo iPad Pro M5 segue la stessa logica evolutiva. Non cambia il design, non cambia la formula, ma cambia la sostanza. È ancora il tablet che vuole essere un computer, ma ora lo fa con più consapevolezza, meno timidezza e molta più potenza.
Sottilissimo – 5,1 millimetri nel modello da 13 pollici, 5,3 in quello da 11 – l’iPad Pro M5 è un esercizio di ingegneria miniaturizzata. Sembra quasi un foglio di vetro e metallo, eppure dentro nasconde lo stesso chip che anima il MacBook Pro. Il processore M5, realizzato con processo produttivo a 3 nanometri di terza generazione, integra una GPU a dieci core e un acceleratore neurale in ciascun core grafico. Anche qui il messaggio è chiaro: l’intelligenza artificiale è al centro dell’esperienza, non un’aggiunta successiva.
Le prestazioni dichiarate parlano di un incremento fino a 3,5 volte nelle operazioni AI rispetto al modello precedente, e fino a cinque volte rispetto all’M1. Nel rendering 3D, nella generazione di immagini basate su modelli di diffusione o nella transcodifica video in Final Cut Pro per iPad, il nuovo chip promette miglioramenti concreti, non solo teorici. È pensato per artisti, designer, architetti, montatori, ma anche per chi usa l’iPad come strumento professionale quotidiano.
Il display Ultra Retina XDR resta un capolavoro tecnico: tecnologia OLED tandem, luminosità di 1.000 nit (1.600 di picco in HDR), contrasto elevatissimo, frequenza variabile da 10 a 120 Hz, supporto True Tone e opzione di vetro nanotexture per ridurre i riflessi. È un pannello da riferimento, soprattutto nella resa dei colori e nella fluidità delle animazioni. Per chi disegna o lavora con la Apple Pencil, è una delle esperienze più vicine alla carta che si possano trovare oggi su un display. Questo su carta, capiremo poi alla prova sul campo.
La sezione connettività compie un salto generazionale: l’iPad Pro M5 introduce il modem C1X progettato da Apple, con connettività 5G più stabile e veloce, e il chip di rete N1, compatibile con Wi-Fi 7, Bluetooth 6 e Thread. È un ecosistema che guarda avanti, anche in ottica domotica e connessioni a bassa latenza.
La memoria unificata cresce (12 o 16 GB a seconda della versione) e la banda passa a 153 GB/s, mentre lo storage SSD diventa più rapido, riducendo i tempi di salvataggio e caricamento dei progetti. L’autonomia resta di circa 10 ore in navigazione Wi-Fi o riproduzione video, ma ora supporta la ricarica rapida fino al 50% in mezz’ora con l’alimentatore da 60 watt.
Esteticamente, è quasi identico al predecessore. Il design sottile e spigoloso resta, così come la cornice simmetrica. Naturalmente, non mancano gli accessori. La Apple Pencil Pro, nuova generazione della stylus di Cupertino, aggiunge feedback aptico, rilevamento dell’orientamento e funzioni contestuali con i comandi di iPadOS 26. C’è anche la versione USB-C, più economica ma meno sofisticata. La Magic Keyboard è stata aggiornata: tasti più rigidi, trackpad più grande, superficie in alluminio. Insieme trasformano l’iPad in un computer portatile ultraleggero, anche se – va detto – a un prezzo complessivo che può superare facilmente i 2.000 euro.
Proprio i prezzi restano il punto critico. Il modello da 11 pollici parte da 1.119 euro nella versione Wi-Fi e arriva oltre i 2.700 euro per il 2 TB con vetro nanotexture e connettività 5G. Il 13 pollici parte da 1.469 euro e può superare i 3.000 nella configurazione top. È chiaro che l’iPad Pro M5 non è pensato per tutti: è uno strumento professionale, e si paga come tale. Disponibilità a partire dal 22 ottobre.
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15 ottobre 2025
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