di
Luca Lunedì
Mario Cardinali, fondatore e storico direttore del “giornalaccio”: «C’è la crisi sempre più profonda della carta, a dettar la nuova legge dell’editoria. Quella dei giornali, soprattutto. Che quasi più nessuno legge, surclassati come sono dai social, sono un po’ stanchino»
Più livornese del ponce (rigorosamente dal Civili) e del “cinque e cinque”, il Vernacoliere era l’epitome dell’anima ruvida di una città che la satira la respira insieme al salmastro. Era e forse lo sarà ancora, ma non per adesso.
«Un po’ stanchino», come Forrest Gump, così Mario Cardinali, fondatore e storico direttore del “giornalaccio” annuncia la sospensione delle pubblicazioni dopo il prossimo numero, quello di novembre.
Ed è un colpo al cuore per tutte quelle generazioni cresciute al “pane e veleno” di quelle pagine colorate, a seguire le avventure del Trojo, di Maicòl e della tata Luana, dell’ineffabile bibliotecario, dell’indiano Fava di Lesso e quanti altri ancora ce ne sarebbero da elencare. Un universo di personaggi animati dalla genialità di penne sopraffine, sempre un gradino sopra il trash, sempre un passo avanti nella satira vera che non risparmia nessun potente, quale che ne sia il colore.
«C’è la crisi sempre più profonda della carta, a dettar la nuova legge dell’editoria. Quella dei giornali, soprattutto. Che quasi più nessuno legge, surclassati come sono dai social, coi telefonini a dettar legge ovunque, nuovi totem dell’indottrinamento in massa – spiega Cardinali -e la pubblicità a pagare il tutto, ché tanto poi a pagare veramente è il solito Pantalone quando compra. E anche per il Vernacoliere i costi ormai son arrivati a superar gl’incassi. Con le edicole che continuano a chiudere a migliaia in tutt’Italia, e quelle che ancora resistono si son ridotte a rivendite di gadget e giocattolini vari, e pare le vogliano perfino adibire a uffici postali e ricevitorie d’ogni tipo, un po’ come le tabaccherie. Non esclusa l’idea di piazzarci un confessionale, a confessar la colpa di voler leggere ancora».
Sessantacinque anni di vignette e locandine che hanno fatto la storia, nel mirino politici e papi: due processi vinti per i titoli su Wojtyla e Ratzinger (“Era meglio un Papa pisano”, geniale) esibiti come medaglie nella lotta alla libertà di satira e pensiero. E poi Berlusconi e i suoi amori, Salvini fino all’affermazione meloniana, ma anche il Pd e 5Stelle, nessuno è stato risparmiato dagli editoriali graffianti di Cardinali & co.
Il Vernacoliere è nato nel 1982 dalle radici del periodico locale di controinformazione libertaria Livornocronaca, settimanale dal 1961 al 1969, poi quindicinale fino al 1972 e infine mensile col sottotitolo il Vernacoliere, divenuto tout court il Vernacoliere con la completa svolta satirica e linguistica di 23 anni fa (il vernacolo livornese per gli articoli satirici fondamentali e per la maggior parte delle vignette e dei fumetti) e con la diffusione regionale toscana dal 1984, divenuta poi interregionale.
Il giornale ha raggiunto una tiratura media di 25mila copie a numero, diffuse nelle edicole di tutta la Toscana e in parte di quelle dell’Umbria, della Liguria, dell’Emilia, del Lazio, della Lombardia, del Piemonte e del Veneto, e con migliaia d’abbonati in tutta Italia e all’estero.
E su tutti l’amore/odio verso i cugini pisani, sempre dileggiati ma mai veramente odiati, del resto Cardinali a Pisa si è laureato in scienze politiche. La sede storica accanto al palazzo comunale di Livorno è stata una fucina di irriverenza che ha dato forma e sostanza alla satira italiana.
Non chiude i battenti ma accosta il portone in attesa di tempi migliori: «Coraggio, amici e collaboratori cari. Vediamo se dopo aver ripreso fiato ce la faremo una volta ancora. E per intanto pigliatevi, oltre all’abbraccio affettuoso, anche il mio sentitissimo grazie per quanto finora avete fatto, nel contribuire a tenere alto il prestigio d’una storica bandiera d’irriverenza satirica».
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16 ottobre 2025 ( modifica il 16 ottobre 2025 | 11:42)
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