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«È festa quando…», canta Olly, e il pubblico risponde in coro con quell’«oh-oh-oh», che completa il verso della canzone, pensata proprio per essere urlata all’unisono con migliaia di fan. «Ma pure quando… la-la-laaa»: altro verso, stesso film. Il legame tra il cantautore genovese rivelazione dell’ultima stagione discografica e il suo pubblico sta (anche) in scene come questa, che rendono i suoi concerti un rito collettivo. Ci sono le canzoni, certo: È festa, L’anima balla e Polvere fanno entrare subito la festa, appunto, nel vivo, con quei ritornelli da cantare a squarciagola. Più tardi arriveranno anche – tra le altre – Questa domenica, Per due come noi, Devastante, oltre che naturalmente quella Balorda nostalgia che gli ha permesso di trionfare all’ultimo Festival di Sanremo. Ma c’è anche la capacità di Olly di parlare al pubblico come se stesse parlando con ciascuno degli spettatori che lo compongono. Ieri sera, per la cronaca, alla prima delle due date romane del Tutta vita tour – che prende il titolo dall’album uscito un anno fa, ristampato a febbraio in occasione di sanremo e poi di nuovo all’inizio del mese con il titolo di Tutta vita (Sempre) – al Palazzo dello Sport c’erano 8500 paganti. E altrettanti ce ne staranno stasera. «Roma è un posto speciale. Dal Largo Venue al Palazzo dello Sport, passando per l’Atlantico: di strada ne abbiamo fatta insieme», dice Federico Olivieri, questo il vero nome del cantautore del 24enne cantautore genovese.


APPROFONDIMENTI

Un anno fa a quest’ora aveva già messo la quinta, pronto a prendersi il suo posto nel nuovo pop italiano.

Olly aveva pubblicato da un mesetto quella Per due come noi in duetto con l’amica Angelina Mango che aveva catapultato il duo in testa alle classifiche, stava per spedire nei negozi e sulle piattaforme l’album Tutta vita, si preparava a riempire i club con un tour tutto sold out e aveva già fatto arrivare a Carlo Conti quella Balorda nostalgia che gli avrebbe permesso di trionfare al Festival di Sanremo. In pochi l’avevano visto arrivare. A distanza di dodici mesi Olly, atteso stasera e domani al Palazzo dello Sport, è letteralmente ovunque. Basti dare un’occhiata alla classifica Fimi/Niq dei dischi e dei singoli più venduti e ascoltati in Italia nell’ultima settimana. L’album Tutta vita (Sempre) è al secondo posto, dietro solamente a sua maestà Taylor Swift e al suo The Life Of A Showgirl. La scorsa settimana era primo e con questa è per la cinquantesima settimana consecutiva in classifica, tra edizione originale, ristampa sanremese e l’ultima “incarnazione”. Il tour nei palasport intitolato semplicemente Tutta vita, il primo della sua carriera, è partito lo scorso 4 ottobre dalla sua Genova: Roma è la penultima tappa, prima della chiusura di venerdì a Napoli. Poi la tournée, il cui calendario comprende 20 date tutte sold out, riprenderà il 7 marzo dal Palazzo del Turismo di Jesolo. Come si spiega un fenomeno del genere?

A Vasco ha “rubato” il suono: pezzi come La lavatrice si è rotta, tra chitarre elettriche con chorus e reverbero e assoli di sax, sembrano uscire fuori dai dischi del Vasco di metà Anni ’80, Cosa succede in città e dintorni. Oggi che la musica è tutta un riciclo di idee e che vive di retromania, lui quantomeno si è andato a cercare un riferimento sonoro di culto. E di tutto rispetto.  A Fabrizio De André – che omaggia con la cover de Il pescatore cantata anche a Sanremo insieme a Goran Bregovic – si è ispirato per quella capacità di fare dei suoi concerti delle vere e proprie feste popolari. A Benson Boone, il nuovo volto del pop a stelle e strisce, si ispira per la muscolarità e la fisicità delle interpretazioni (gli mancano solo le capriole sul palco), dimostrando quanto fossero sterili, oltre che maliziose, le polemiche sull’autotune degli scorsi mesi. Eppure mettendo insieme un po’ di tutto Olly è riuscito a trovare una sua cifra personale, originale: basta guardarsi intorno, al palasport.

Quella di Olly – che a Roma tornerà il 25 e 26 marzo e poi ancora il 30 giugno 2026, stavolta al Rock in Roma all’Ippodromo delle Capannelle – è la storia di un ragazzo che con una manciata di buone canzoni, autentiche, genuine, senza chissà quali mosse di marketing si è preso il pop tricolore. In un mercato che cominciava ad essere saturo di progetti poco autentici, lui ha portato organicità: «Sento di appartenere a un altro club. Quello di chi scrive canzoni per emozionare, suggellare ricordi. La chiave è la semplicità». Le sue canzoni parlano di relazioni, della complessità dei rapporti che tutti noi viviamo, che si tratti di amore, amicizia, famiglia, di come si cresca e si cambi. Anche di perdite: per Buon trasloco, uno dei nuovi brani contenuti in Tutta vita (Sempre), si è ispirato alla scomparsa del padre del suo braccio destro Jvli, vero nome Julien Boverod, 27enne produttore e chitarrista aostano dal quale non si separa mai. Con quello stile di scrittura semplice, autentico, dritto, Olly e Jvli sono da tempo tra gli autori più richiesti delle popstar italiane. Emma li ha definiti «fratellini» e ha inciso la loro Brutta storia. Scommettiamo che al prossimo Sanremo ci sarà più di una canzone firmata dai due?


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