di
Elisabetta Andreis
Mercoledì sera la produzione ha ricreato l’affresco del Cenacolo. Una quarantina di comparse si sono vestite al Camplus. Ultime riprese all’Ottagono e in piazza Scala
Una cena elegante, calici che scintillano, il Cenacolo sullo sfondo. Ma non è Santa Maria delle Grazie (non ci sono state le autorizzazioni): è uno studio a Turro, dove mercoledì sera il set de Il Diavolo veste Prada 2 ha ricreato l’affresco di Leonardo in versione cinematografica. Una quarantina di comparse si sono «travestite» al Camplus, poco distante — abiti da sera, gioielli, smoking — gli stessi provati e riprovati settimana scorsa allo Studio 400 di via Tortona. Poi tutti dentro, luci accese, silenzio da cattedrale: la scena della cena prende forma, il Diavolo siede nel mezzo della tavola a ferro di cavallo.
Meryl Streep, sguardo d’acciaio, postura da regina. Intorno, piatti perfettamente disposti, vino rosso versato fino al millimetro, lampade puntate su visi immobili. Un’atmosfera sospesa, irreale, come se Leonardo avesse lasciato il pennello per una camera da presa.
Fuori dallo studio, Turro trattiene il respiro. Nessun cartello, nessuna indicazione. Solo auto nere che sfrecciano, assistenti di produzione in corsa, e il solito scambio di messaggi sottovoce: «Stanotte girano qui». Milano si trasforma in silenzio, quartiere dopo quartiere.
Ogni attore, in questa produzione blindatissima, ha il suo “stand-in” milanese: sosia scelti al dettaglio, provati, vestiti, fotografati in ogni movimento per sostituire — quando serve — la star vera. Copie perfette che attraversano le vie del centro con lo stesso passo e gli stessi gesti, mentre gli originali appaiono e scompaiono dai set come fantasmi.
Da indiscrezioni, le ultime riprese dovrebbero essere all’Ottagono e in piazza della Scala. I luoghi-simbolo del centro diventano quinte teatrali: il Duomo aveva già fatto da scenografia e si specchia nei vetri, le colonne illuminate come fari di un set infinito. Ogni scena spostata, rimontata, ogni location e data cambiata e ricambiata fino all’ultimo minuto per evitare ficcanaso. È il segreto del film: mai la stessa luce, mai lo stesso angolo.
Nel sequel, Miranda Priestly torna a dominare il mondo della moda — ma questa volta lo fa tra le guglie, le vetrine e i marmi di Milano. La città intera è un guardaroba: lucente, volubile, perfetta. Via Monte Napoleone e il Salumaio sono diventate passerella, Brera teatro della sfilata in rosso, piazza della Scala un salotto, i centro dell’Ottagono il redde rationem. Mentre la sfilata «vera», quella che comparirà nel film, è stata girata invece in esclusiva per Dolce & Gabbana, con inviti, sedute, fotografi e modelli veri.
Le comparse si muovono in silenzio, telefoni spenti, bocche cucite. Gli accordi di riservatezza sono severissimi: nessuno può rivelare dove e quando si gira. La regola è una: discrezione assoluta. Eppure, attorno al set, l’attesa si è allargata come un profumo. Turisti e curiosi si sono accalcati ai margini, sperando in un volto, uno sguardo, una fotografia rubata. Anche a Lady Gaga, che ha fatto da comparsa a sorpresa. Milano non vedeva un set così affollato dai tempi di House of Gucci: luci, generatori, autocarri, make-up, catering, e quella sensazione elettrica che tutto potesse accadere.
Venerdì tutti ripartiranno, luci spente, vestiti ripiegati, vetrine di nuovo normali. Ma Milano resterà nell’inquadratura, magnetica e indifferente, come una diva che non ha bisogno di mettersi in posa.
Il film uscirà nel 2026, ma qui è già leggenda. Perché in fondo il vero diavolo non è in passerella: è la città stessa, bellissima, vanitosa, imprevedibile. E non ha bisogno di vestirsi Prada — le basta essere Milano.
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16 ottobre 2025 ( modifica il 16 ottobre 2025 | 13:42)
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