polonia

La recente assemblea generale dei vescovi polacchi (Danzica, 13-15 ottobre) ha affrontate alcuni temi per lo più conflittivi nel contesto del paese: migrazioni, commissione sugli abusi, insegnamento religioso a scuola, catechesi parrocchiale. Memorie importanti sono state i 60 anni dalla storica lettera dei vescovi polacchi a quelli tedeschi sul perdono reciproco e l’approvazione del Concilio Vaticano II della dichiarazione Nostra aetate (dialogo con i monoteismi e, in particolare, con l’ebraismo), a cui si è aggiunto il ricordo dei 100 anni della diocesi di Danzica.

Consenso in calo

L’aspra divisione che attraversa il Paese da un paio di decenni, fra laicità illuministica e tradizionalismo autocratico filo-cattolico, ha messo in difficoltà la Chiesa, erede di un enorme deposito di fiducia legata alla fine del regime comunista.

L’erosione rapida del consenso è testimoniata dalle ricerche sociologiche e dal numero delle aggressioni al clero. Secondo l’istituto di sondaggi Ibris, la fiducia degli adulti nella Chiesa è scesa di 4 punti in un anno: dal 30 al 26% a cui si aggiunge un 21% di «quasi» sfiduciati.

La relativa volatilità dei pareri è confermata da un’indagine condotta dal prestigioso istituto di statistica della Chiesa su un migliaio di preti. I risultati presentati alla conferenza OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) a Varsavia il 14 ottobre parlano di un 49,7% che ha subìto qualche forma di aggressione (verbale il 41%, online il 34%). L’81% degli intervistati non denuncia episodi di aggressione per sfiducia verso lo stato e per timore delle procedure burocratiche. Il 96% indica nei media una delle fonti della disistima per il clero e la Chiesa e il 91% rimanda ai crescenti conflitti ideologici della società polacca. Il 72% indica la questione abusi come motivo delle distanze. Nel 2024 sono stati uccidi due preti.

A sfavore della Chiesa suonano anche le recenti disposizioni che limitano l’autonomia e la credibilità delle fonti informative cattoliche, in particolare la stimata agenzia di informazione Kai i cui vertici si sono dimessi per protesta (cf. qui su SettimanaNews).

Difesa dei migranti

Un contesto sociale teso che le manifestazioni pubbliche contro l’immigrazione testimoniano. Migliaia di persone sono scese in piazza a Varsavia l’11 ottobre al grido «la Polonia resti polacca», guidate da Jarosław Kaczyński, capo del partito di opposizione PiS e considerato vicino al sentire maggioritario dei vescovi.

L’irritazione diffusa si allarga anche verso gli ucraini fuggiti dalla guerra. Dopo tre anni, la loro presenza (un milione e mezzo di persone) è considerata un peso insopportabile. Tanto da indurre il Governo filo-europeo di Donald Tusk a chiedere e ottenere la sospensione del patto migratorio dell’Unione Europea.

Bisogna dare atto ai vescovi di una significativa resistenza verso le spinte xenofobe. Nella dichiarazione finale dell’assemblea si dice:

«I vescovi richiamano la necessità di un atteggiamento cristiano di ospitalità verso i nuovi arrivati, in particolare rifugiati e migranti […]. Nel pieno rispetto e sostegno dei principi di sicurezza applicabili, la loro integrazione nella società ospitante rimane la risposta più appropriata alle parole del Salvatore».

Confermano l’invito «a opporsi fermamente a tutte le manifestazioni di sfruttamento economico dei rifugiati e dei migranti per scopi politici e interessi particolari, fomentando sentimenti xenofobi nella società».

La spinta xenofoba – secondo i media – è stata ulteriormente alimentata dall’elezione alla presidenza della repubblica del conservatore Karol Nawrocki.

Un episodio conferma l’indirizzo episcopale, e cioè la resistenza del vescovo Krzysztof Zadarko di Kozalin davanti alle manifestazioni popolari e al voto del consiglio comunale contro il Centro integrazione stranieri destinato all’assistenza legale, linguistica, educativa oltre che materiale e psicologica agli emigrati. Non c’è alcuna aggressione alla popolazione locale:

«Non vedo minacciose manifestazioni di stranieri o musulmani come ci viene fatto credere per spaventarci. Vedo invece marce inquietanti piene di parole, dichiarazioni e slogan carichi di odio e contrapposizioni. Questo dovrebbe inquietarci […]. In conformità con gli insegnamenti della Chiesa ricordiamo a tutti che ogni migrante, ogni straniero, è tenuto a rispettare le nostre leggi, le nostre regole, la nostra cultura, il nostro benessere e la nostra lingua».

La commissione zoppa

I vescovi sono costretti sulla difensiva a proposito del tema degli abusi degli ecclesiastici e, in particolare, sul difficile e complicato avvio della commissione indipendente di indagine che dovrebbe coprire con le sue ricerche i decenni dagli anni Settanta in poi. Sembrava ormai pronta con il consenso delle vittime e l’attesa positiva dell’opinione pubblica (cf. qui su SettimanaNews).

Il processo è stata bruscamente interrotto e il nuovo gruppo episcopale di preparazione, guidato dal vescovo Slawomir Oder, ha ricominciato, pur partendo dai lavori precedenti. Ai vescovi in assemblea è stato presentato un rapporto che contiene lo statuto e i documenti procedurali. Si conferma il carattere storico-scientifico della futura commissione in vista della promulgazione di linee guida per i pastori e le comunità.

Con il consenso del Consiglio giuridico (che aveva bocciato il documento precedente) e quello dell’assemblea, il testo sarà sottoposto ai religiosi e alle religiose in attesa di un’auspicata approvazione nel marzo prossimo a cui dovrebbe seguire la nomina dei commissari.

L’attuale credibilità dell’operazione è molto bassa e si imputa a Oder non solo il segreto sui collaboratori (per altro come in precedenza) ma soprattutto l’esclusione del contatto e della collaborazione con le vittime. La commissione minaccia di nascere in ritardo e “zoppa”. Sono stati anche rinnovati i vertici della Fondazione san Giuseppe a cui fanno riferimento tutte le attività di ricerca e di formazione sul tema.

Insegnamento della religione: sulle barricate

Sull’insegnamento religioso lo scontro con il governo è al “calor bianco” (cf. qui). La dichiarazione finale parla «di modifiche illegittime e ingiuste all’organizzazione delle lezioni di educazione religiosa nelle scuole approvate dal ministero dell’istruzione nazionale».

L’indicazione di ridurre da due a un’ora settimanale l’insegnamento, di collocarlo all’inizio o alla fine delle lezioni, di accorpare classi in ragione degli avvalentesi senza la contropartita di riconoscerlo come materia curricolare ha esasperato il confronto.

La materia alternativa per i non avvalentesi (in particolare per le scuole superiori), l’educazione sanitaria, è stata fortemente criticata dai vescovi che hanno invitato i genitori a non sceglierla. Hanno sostenuto – e il Parlamento ha approvato – un progetto di legge favorevole all’insegnamento religioso da sottoporre a referendum popolare.

Nel conflitto si è aperto anche lo scontro con la Corte costituzionale che, per due volte, ha bocciato il nuovo ordinamento ministeriale. Ma la legittimità dell’istituzione è contestata dal governo in ragione di nomine “politiche” (censurate dalle istanze europee) della precedente maggioranza di governo.

I vescovi si sono preoccupati di sostenere i professori di religione (alcune migliaia sono sotto minaccia di perdere il lavoro) e di collocare la discussione non sul versante ideologico e organizzativo ma su quello pedagogico ed educativo.

Le memorie necessarie

Un’attenzione che confermano, in particolare, sul versante pastorale. “Discepoli missionari” è il titolo del nuovo programma pastorale finalizzato alla formazione cristiana con due principali aree di attività: la formazione alla fede e al rapporto con Dio e alla costruzione di una vita di comunione e di missione.

Minor rilievo ha avuto la memoria della lettera che, alla fine del Concilio, si sono scambiati l’episcopato polacco e quello tedesco, uno dei punti di forza per l’avvio di una vera riconciliazione dei due popoli. Problema purtroppo riemergente, sia sul versante politico (la Germania secolarizzata e potente è avvertita come pericolosa), sia sul versante cattolico (indicativa è la lettera di aspra e ingiustificata critica dell’allora presidente dei vescovi polacchi, mons. S. Gadecki, verso il processo sinodale tedesco nel febbraio 2022 (cf. qui).

Sotto tono anche le memoria di Nostra aetate, testo di riferimento per la discussa memoria sull’antisemitismo polacco le cui radici sembrano avere nuovi polloni (cf. qui).

Danzica: diocesi emblematica

Una nota a parte merita il luogo e la ricorrenza dell’assemblea. I 100 anni della diocesi di Danzica. Un tempo e un luogo che ben sintetizzano i punti nodali e drammatici della storia del paese e della Chiesa.

Dopo la prima guerra mondiale, Danzica fu definita come città-stato sotto tutela della Società delle nazioni. A grande maggioranza tedesca, il territorio comprendeva una parte della diocesi tedesca e di quella polacca. Venne riconosciuta come diocesi autonoma nel 1925 e fu guidata, in prevalenza, dal clero tedesco che emarginò la minoranza polacca (10%).

Col nazismo, la prevalenza tedesca divenne incombente in particolare dopo l’occupazione militare della Polonia. Il vescovo K. M. Splett cercò di barcamenarsi, ma, pur aiutando i sacerdoti polacchi in clandestinità, si adoperò per la germanizzazione e fu condannato da un tribunale dopo la vittoria del comunismo.

Alla ricostruzione della diocesi dopo la seconda guerra mondiale si applicarono A. Wronka, il prete “patriottico” J. Cymanowski e mons. E. Nowicki.

Durante la rivolta operaia del 1970, il vescovo si schierò per gli scioperanti e il successore L. Kaezmarck si impegnò molto per la formazione dei seminaristi, del clero e la costruzione delle chiese e delle parrocchie, sostenendo fino in fondo gli scioperi del 1980.

Mons. T. Goclowski si legò strettamente a Solidarnosc e a Lech Walesa. Come rappresentante dell’episcopato, partecipò ai colloqui tra l’opposizione e le autorità che portarono alle “tavole rotonde” e alla trasformazione del regime politico. Una storia affascinante e gloriosa infangata dal suo successore, Slawoj Leszek Glodz, estromesso dal ruolo e poi canonicamente condannato nel 2021 per abusi di ogni genere (https://www.settimananews.it/chiesa/polonia-abusi-aborto/).

L’attuale vescovo, il pallottino Tadeusz Wojda, è il presidente della conferenza episcopale.

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