Torna disponibile l’iconico libro di Armistead Maupin, “I racconti di San Francisco”: una California vitale, leggera, accogliente, piena di umanità, orgogliosamente ricca di diversità. Una giovane provinciale si muove in un condominio di personaggi bizzarri, in una città senza moralismi e crocevia queer, e non arretra davanti a nessuna novità…

Ha superato gli ottanta anni ed è già da tempo un mito, un’icona, Armistead Maupin, scrittore gay che con scioltezza ha oltrepassato qualsiasi steccato che taluni si ostinano a mettere nella letteratura. L’ha fatto principalmente con una decina di libri appartenenti a un ciclo, che ha avuto la sua origine in un volume leggendario, tornato in libreria, non nella storica traduzione di Valentina Guani ed Elisabetta Humouda per Rizzoli, ma nella nuova versione che Andrea Bortoloni ha affidato alla casa editrice Playground, sigla valorosa, coerente, eminentemente letteraria; Playground ha il merito di far decollare di nuovo un libro ambientato nella San Francisco degli anni Settanta, e il coraggio di proporlo a un pubblico che per larghi tratti può sembrare sordo e cieco ma che, se solo aprisse le orecchie e spalancasse gli occhi, di fronte ad Armistead Maupin rimarrebbe sbalordito, leggendo un affresco senza eguali di San Francisco, attraverso bizzarri personaggi, su tutti Mary Ann Singleton, 25 anni, che sceglie la California, mettendosi alle spalle la grigia e provinciale Cleveland e i costanti occhi addosso dei genitori.

Hippie, playboy e creativi…

I racconti di San Francisco (376 pagine, 19 euro), che i più forse conosceranno come Tales of the City, nelle sue versioni televisive, risalgono in forma embrionale agli anni Settanta e sono stati pubblicati inizialmente sulla carta stampata prima di essere raccolti in volume. Barbary Lane è il baricentro della città che evoca Armistead Maupin, una strada adagiata su Russian Hill, in cui vivono i personaggi a cui lo scrittore nato a Washington dà vita, uno spaccato di mondo di grande libertà sentimentale e sessuale. Nella disinibita metropoli la giovane Mary Ann trova casa in un variopinto condominio di buffe figure (la padrona di casa, l’eccentrica Anna Madrigal, coltiva marijuana…), che le permettono di sperimentare sotto le coperte e in tema di stupefacenti. Vitale, leggera, accogliente, piena di umanità, orgogliosamente ricca di diversità, San Francisco – popolata di hippie, gay, nobili, creativi, playboy, ereditiere, pubblicitari – riceve una dichiarazione d’amore bella e buona da Maupin, la cui scrittura vive di prosa essenziale, capitoli molto brevi e colpi di scena piuttosto ricorrenti.

… ma anche droga, Aids ed emarginazione

La protagonista del libro – di professione segretaria – sa essere, al tempo stesso, ingenua e trasgressiva, fra amori improbabili e delusioni, cerca se stessa e prova cercare, più che un posto nel mondo, l’accettazione da parte di una comunità pittoresca, che rispetta le differenze, non bada troppo a ruoli ed etichette, e che – non è tutto oro quello che luccica – fa i conti anche con storie di droga, Aids ed emarginazione. La metamorfosi da ragazza del Midwest, immersa in una dimensione decisamente borghese, a giovane vivace che in una California effervescente (e accessibile, non alla moda), crocevia queer, non arretra davanti a niente, pronta a tutto, è il filo conduttore di un libro leggero, privo di moralismi, già classico.

Seguici su InstagramTelegramWhatsAppThreadsYouTube Facebook e X. Grazie

Correlati