Pedemontana e Pfas. In un’inchiesta condotta dalla Procura della Repubblica di Vicenza, giunta ora al punto di svolta della conclusione delle indagini a carico di 12 persone, si saldano due dei principali scandali che hanno occupato e stanno ancora occupando le cronache del Veneto. Nella costruzione di due gallerie della Superstrada a pagamento che attraversa le province di Vicenza e Treviso è stato impiegato un accelerante per l’indurimento del cemento contenente Pfba (acido perfluorobutanoico), che fa riferimento alla famiglia dei Pfas, le sostanze perfluoroalchiliche note anche come “inquinante eterno”. Le acque di scolo del cantiere sono finite nel torrente Poscola, contribuendo ad adulterare non solo le acque superficiali, ma anche quelle sotterranee di una parte del Vicentino, interessando i Comuni di Castelgomberto, Malo e Montecchio Maggiore (oltre a quelli di Isola Vicentina e Costabissara). La presenza dei Pfas non ha niente a che vedere con l’incubo Miteni, l’azienda chimica che ha contaminato la falda nel sottosuolo delle province di Vicenza, Padova e Verona, anche se il gruppo industriale si trova a pochi chilometri di distanza dai cantieri della Pedemontana. Le sostanze però sono dello stesso tipo.

La Pedemontana è il cuore di uno scandalo politico-finanziario perché costa 2 miliardi e mezzo di euro, ma con il sistema del project financing costerà 12 miliardi di euro. Saranno pagati con i pedaggi degli automobilisti, ma nel caso gli introiti non bastassero, dovrà intervenire la Regione Veneto che ha cominciato a versare dal 2024 i canoni al concessionario Sis.

L’annuncio dell’inchiesta sui Pfas utilizzati nella costruzione è stato dato dal comando provinciale dei carabinieri di Vicenza. Si tratta di accertamenti che riguardano un periodo molto ampio, dal 28 giugno 2021 al 23 gennaio 2024. Le indagini sono state condotte dalla sezione di polizia giudiziaria dei carabinieri presso la Procura di Vicenza, coordinate dal pubblico ministero Cristina Carunchio. In questi giorni sono in corso di notifica gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari che riguardano 12 persone. Sono indagate a vario titolo di inquinamento ambientale e omessa bonifica.

Interessante la tipologia degli indagati. Appartengono innanzitutto al consorzio SIS che ha costruito la Pedemontana, un gruppo imprenditoriale piemontese che fa riferimento alla famiglia Dogliani. Ci sono anche rappresentanti della società per azioni Strada Pedemontana Veneta che è titolare della gestione della gestione dell’infrastruttura lunga 96 chilometri. Sono indicati però anche responsabili tecnici e direttori dei cantieri che si sono occupati della realizzazione delle opere.

Due gallerie sono finite nel mirino. Alcuni anni fa la Procura di Vicenza aveva condotto una prima indagine che riguardava la realizzazione della galleria naturale di Malo, nei territori di Castelgomberto e Malo, e della galleria naturale di Sant’Urbano che si trova nel territorio di Montecchio Maggiore. In quella occasione vennero contestati reati relativi all’utilizzo di materiale non in regola con le certificazioni europee. Per quel motivo le gallerie sono rimaste a lungo sequestrate e gli accertamenti della magistratura avevano rallentato l’esecuzione dei lavori. È da lì che nasce il bubbone dell’inchiesta Pfba. Secondo l’ipotesi accusatoria scrivono i carabinieri “gli indagati avrebbero in concorso tra loro e a vario titolo omesso di rispettare le prescrizioni tecniche relative alla composizione del calcestruzzo proiettato utilizzato per le opere in sotterraneo”.

Si tratta del cemento già finito sotto osservazione nella prima inchiesta per la conformità alle norme europee. In questo caso si contesta l’utilizzo di un additivo accelerante denominato “Mapequick AF 1000”, contenente l’acido perfluorobutanoico. Il sospetto è che sia stato utilizzato “in concentrazioni superiori ai valori soglia indicati dal parere dell’Istituto Superiore di Sanità 24565/2015”. Non è una sostanza proibita, perché si trova regolarmente in commercio, ma gli operatori di cantiere possono interferire alterando le concentrazioni creando un accelerante del cemento su misura. Per questo sarebbe stata utilizzata una concentrazione superiore ai valori consentiti. Continuano i carabinieri: “Tale condotta avrebbe determinato una contaminazione significativa delle acque superficiali e sotterranee insistenti nelle aree interessate dai lavori. Agli stessi (indagati, nda) è altresì contestata l’omessa bonifica, nonché il mancato ripristino dei luoghi, nonostante la piena conoscenza dell’avvenuto inquinamento”.

L’acqua di cantiere, infatti, era stata immessa nel torrente Poscole, con inquinamento a valle a partire dal 2021 e fino al gennaio 2024, sia delle acque che dei terreni. L’attività investigativa è stata svolta in collaborazione con Arpav di Vicenza, la struttura regionale che si occupa dei controlli delle acque, che ha fornito il proprio supporto analitico e scientifico per la caratterizzazione ambientale dei siti interessati. Le indagini non sono concluso e sono in corso ulteriori approfondimenti per ricostruire la filiera decisionale e la responsabilità gestionali legate alla realizzazione delle opere. Per questo che tra gli indagati non ci sono soltanto i responsabili di cantiere, ma anche amministratori di SIS e Società Pedemontana Veneta. Esistono punti interrogativi anche sul versante dei controlli pubblici.