Il difensore svizzero ha ulteriormente elevato il livello della retroguardia nerazzurra

Fuori Benjamin Pavard, dentro Manuel Akanji: il bilancino, almeno sulla carta, sembrava  fermarsi esattamente al centro, senza oscillare né da una parte né dall’altra. La classica situazione in cui non ci guadagni e non ci perdi. E invece… Nel calcio un conto è la carta e un conto è il campo e poco più di un mese è stato sufficiente a dare nuovi connotati a un’operazione di mercato che adesso somiglia a un capolavoro. Probabilmente è ancora troppo presto per sbilanciarsi in confronti definitivi ma le prestazioni del calciatore svizzero hanno ulteriormente alzato il livello della retroguardia nerazzurra. Questione di leadership, fisicità, letture. Anche a Roma ci sono stati alcuni momenti della partita in cui Akanji è stato perentorio, offrendo quel senso di superiorità che solo alcuni grandi difensori di un tempo riuscivano a farti percepire in modo così chiaro. È come se in lui si fondessero modernità e tradizione. Così come è stata impressionante la capacità di inserirsi così velocemente in un nuovo contesto, seppur con qualche sbavatura iniziale.