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Di un amore si ricordano sempre due momenti: come è iniziato e come è finito. E se “Uomini e Donne” era il reality sulla favola della conquista, “Temptation Island” è lo show che ci proietta diretti sull’incubo della crisi. Gli anni passano, ma la ricetta del successo della “tv dei sentimenti” sembra non invecchiare mai: i numeri record della stagione 2025 dell’isola delle tentazioni lo confermano, con Mediaset che ha riservato al programma ben 3 serate prime time questa settimana.
APPROFONDIMENTI
Perché sì, tutti lo definiscono trash ma tutti lo guardano.
C’è chi si giustifica: “Lo faccio per ridere” o “per interesse antropologico” ma la realtà è che in tanti provano un gusto inconfessabile a seguire i drammi amorosi, le scenate di gelosia e le relazioni disfunzionali dei protagonisti.
Ma cosa c’è nella fine di un amore che ci attira in modo così oscuro e inevitabile, anche quando tutto è teatralizzato ed estremizzato per farlo entrare in un format televisivo? A svelare i meccanismi segreti del programma e le ragioni del suo successo è Giulia Musini, dottoressa in scienze e tecniche psicologiche e laureanda in psicologia clinica, che nel suo profilo Instagram (127 k followers) ha pubblicato una serie di video dedicati al tema e all’osservazione psicologica delle coppie coinvolte, che sono andati rapidamente virali.
Secondo lei perché Temptation Island ha avuto questo grandissimo successo?
In generale ci attira la disfunzione dell’altro: guardare chi si distrugge in diretta ci fa stare meglio. Diventa un confronto narcisistico, si prova il piacere di sentirsi più svegli, più sani, più lucidi ma senza mettersi in discussione. È parlare degli altri per non parlare di sé: si giudica, si parteggia, a volte ci si arrabbia anche, ma non ci si guarda dentro.
Ma quindi è solo il gusto di giudicare o c’è anche dell’altro?
Il programma funziona perché queste dinamiche, per quanto disfunzionali, smuovono qualcosa in noi, toccano ferite inconfessabili. Guardare diventa così uno sfogatoio emotivo collettivo, un mezzo per dare voce alla propria frustrazione, la propria gelosia, il proprio dolore mai detto. Da esperta in relazioni sono consapevole che ciò che viene mostrato è un montaggio televisivo e che non so nulla della vita di queste persone. Le persone dovrebbero chiedersi: «Cosa mi tocca? Cosa mi risuona? Cosa colpisce?»
Quali sono le dinamiche relazionali che hai osservato nelle coppie di Temptation Island?
Il copione è quasi lo stesso in tutte le coppie e riflette dei cliché molto tradizionali. L’uomo è geloso, rabbioso, con un’emotività disorganizzata, a volte aggressiva e violenta che spesso termina in un crollo con lacrime e pianti. La donna è imprigionata nel ruolo della vittima: resta nella relazione nonostante tutto, cerca risposte, prova a capire. Premesso che ciò che viene mostrato è solo una piccola parte delle loro vite, si tratta evidentemente di relazioni disfunzionali e di persone poco consapevoli. Queste coppie dovrebbero chiedersi: “Perché resto dove sto male, dove non sono felice?”
Lei pensa che questi comportamenti possano generare un rischio emulazione, specialmente nei più giovani?
Il rischio maggiore a mio parere è quello di normalizzare dei comportamenti disfunzionali. La violenza non è divertente: non è normale che un uomo di 40 anni distrugga degli oggetti perché è arrabbiato, se il mio compagno lo facesse mi preoccuperei. Penso che il programma sarebbe più interessante se intervenisse uno psicologo che analizzasse ciò che accade.
Il tradimento è il motore del programma e fa tornare alla mente l’enorme attenzione globale che ha ricevuto il caso della coppia di amanti sorpresi al concerto dei Coldplay. Cosa ci attira così tanto delle relazioni che falliscono?
Il tradimento, soprattutto se è pubblico, spettacolare, umiliante attiva una reazione primitiva: giudichiamo, commentiamo ci indigniamo. Ciò che è avvenuto nel caso del Ceo Andy Byron e dell’HR Kristin Cabot è qualcosa di molto violento. Sono stati ripresi senza il loro consenso e sono diventati il capro espiatorio di una gogna pubblica che usa i commenti come pietre. Tutti partecipano perché a tutti piace sentirsi migliori e distrarsi dai propri problemi. Dovremmo chiederci invece perché questa storia ci ha colpito così profondamente.
Uomini e Donne è stato un programma cult degli anni 2000 sul tema di relazioni e sentimenti. Che differenza c’è con Temptation Island a suo avviso?
Uomini e Donne era una narrazione più romantica, idealizzata e ritualizzata dell’inizio dell’amore. Temptation Island è il teatro della crisi, dell’instabilità, del collasso emotivo. Ma entrambi raccontano lo stesso tema: l’amore trasformato in spettacolo, performance, contenuto.
Con i social le vite di tutti, non solo quelle dei partecipanti ai reality show, sono trasformate quotidianamente in contenuto. Quali conseguenze ha questo nel modo in cui viviamo i rapporti?
Spettacolarizzare la relazione rischia di far perdere il confine tra ciò che è autentico e ciò che è messa in scena. L’amore per funzionare ha invece bisogno di autenticità e di una connessione profonda con le proprie emozioni. Non tutto deve diventare contenuto: alcune cose hanno un senso solo quando vengono vissute individualmente, quando restano umane, imperfette, silenziose, vere. Abbiamo bisogno di ridare al sentimento, all’amore, alla relazione la sua centralità, la sua dignità.
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