Che impatto, Noa. L’unico a far sorridere per quello che poteva essere e non è stato. L’olandese del Napoli è stato il migliore in campo nel finale di Torino. Non solo per quel gol, poi annullato, che sembrava aver buttato giù i primi due mesi di sfortuna. Ma anche e soprattutto per quello che si era visto in appena 27 minuti. Intendiamoci: il finale di Torino, sabato sera, era perfetto per uno come lui. Nessun compito difensivo con il Napoli di Conte riverso tutto nella metà campo avversaria e un possesso palla prolungato. Ma Lang è stato una luce, un appiglio, un disturbatore cosmico capace di far venir giù le occasioni migliori. Il suo ingresso ha dato smalto diverso pure a Spinazzola da quel lato. A cosa è servito? A niente, dicono i numeri. Perché il suo Napoli è tornato a casa con zero punti in tasca. Eppure i lampi di Lang possono aprire un discorso, tracciare una strada. Rivitalizzare un calciatore che non è felicissimo di come lee cose siano andate in questi primi due mesi di Napoli.
APPROFONDIMENTI
Nel naufragio tecnico dell’Olimpico Grande Torino, Noa ha rimesso tutti sull’arca. Li ha caricati, ha indicato la strada. Vedeva la Terra Promessa del pareggio. E quel gol finale solo il Var avrebbe potuto impedirlo, per evitare conti con la storia di qualcun altro. Ma le sue statistiche in nemmeno mezz’ora di gioco sono illuminanti. Paragonato a Politano (l’altro esterno entrato nel finale) produce di più essendo meno servito dai compagni. Il Napoli non va quasi mai a sinistra, ma ogni volta che la palla arriva all’olandese qualcosa succede. Se De Bruyne avesse premiato il suo primissimo spunto, la partita – con ancora tantissimo da giocare – sarebbe immediatamente cambiata. Ma non va così. Appena 15 i tocchi di Lang nella sua partita, due grandi occasioni create. Come l’oro di Re Mida stava trasformando la sua performance in un dipinto d’autore. Magari fiammingo, come lui. 78% di precisione passaggi e appena due realizzati nella sua metà campo. Insomma, si pensa solo ad attaccare. A dispetto di quello che si pensa, dà anche una mano quando il Torino riparte con un pallone recuperato. Numeri che danno il senso di quello che potrebbe essere. Al netto del gol-non gol finale.
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Il destino ha strade che solo lui conosce. Quella di Lang, per esempio, riporta a Eindhoven esattamente dopo una notte così. 14 gol lo scorso anno. 5 quello prima. Corredati da assist dopo assist. Uno dopo l’altro. Il Psv è stato il suo Eldorado, il posto in cui s’è riscoperto fenomeno e l’ha ricordato anche agli altri, visto il suo ricordo nitido. Ed è proprio lì che il Napoli di Manna e Conte s’è innamorato di lui: già lo scorso gennaio poteva diventare azzurro, un amore finalizzato pochi mesi più tardi. Il Lang visto in Eredivisie – e anche in Champions League – vive su binari diversi. Anzi, per meglio dire: vive senza alcun binario. Ed è proprio questo, forse, il più grande ostacolo di adattabilità all’azzurro. «Sta capendo quello che vogliamo da lui» aveva spiegato ancora Conte venerdì. Che non sempre è cosa automatica per chi viene da latitudini così differenti. C’è un Lang prima e uno dopo Torino, sarà inevitabile.
E c’è un Lang pronto a spiegare ai compagni anche come si entra allo storico Philips Stadion. Quello è stato il suo orticello, il suo giardino di casa. Lì ha trovato gli anni e le notti migliori. Quelle che ora vorrebbe anche con il Napoli. Non si può già più sbagliare domani: non solo per dimenticare il gol del Cholo ‘ngrato, ma anche e soprattutto per dimostrare a sé stessi di non essere quelli di Torino. Contro il suo passato, Noa vuole scendere in campo dal primo minuto. Sulle spalle, l’esterno azzurro ha un monito importante: “The world is yours” recita il tatuaggio che si porta dietro. Il mondo è tuo. Sua, per una notte, potrebbe essere anche la Champions. Che non sarà il mondo tutto, ma è tutto quello che ora interessa.