La cinepresa segue Vincenzo Salemme e lo accompagna in un intreccio di memoria e modernità tra prove, confronti e dietro le quinte, mentre prende forma la sua visione del capolavoro di Eduardo De Filippo “Natale in Casa Cupiello”: è “La Commedia non esiste”, docufilm del regista Raffaele Rago, presentato stasera alla festa del Cinema di Roma.
“Un omaggio al rito collettivo del teatro, alla tradizione napoletana, al lavoro di Salemme e alla vitalità senza tempo di un testo che continua a commuovere e interrogare”, come spiega il regista in una nota.

Raffaele Rago
Regista, montatore e docente di tecnica e regia televisive, un breve passato come attore teatrale tra il 1984 e il 1988, Raffaele Rago alterna produzioni documentarie all’esercizio cinematografico d’autore, per poi dedicarsi esclusivamente all’attività di filmaker.
Ha realizzato documentari e produzioni televisive, curando l’ideazione e la regia dei suoi lavori e la fotografia e il montaggio per altri registi, per un totale di circa 40 produzioni, tra cui alcune presentate a festival nazionali e internazionali.

Salemme e Eduardo
Al centro del docufilm c’è appunto Salemme attore, regista, erede di una tradizione che conosce profondamente, ma anche uomo che si confronta con un testo sacro della cultura italiana e con il suo maestro e mito Eduardo, assieme al lavoro con la compagnia che dà vita alla magia dello spettacolo.
“Con questo documentario abbiamo voluto raccontare non semplicemente l’allestimento di uno spettacolo – spiega il regista – ma l’essenza stessa del teatro come rito collettivo, fragile e irripetibile. Poter seguire Vincenzo Salemme nel confronto con Natale in casa Cupiello significa osservare un artista che si misura con un testo-mito della nostra cultura, cercando un equilibrio tra fedeltà e libertà, tra memoria e vita nuova.

La macchina da presa non è mai spettatrice distante: entra nelle prove, cattura gli sguardi, le esitazioni, la fatica condivisa, restituendo la dimensione intima e corale del lavoro della compagnia. Il film cerca di catturare non solo il palcoscenico, ma anche ciò che accade nel silenzio di una platea vuota, nei piccoli gesti che giorno dopo giorno costruiscono la messinscena.
L’incontro tra il documentario e il teatro avviene nel momento in cui l’uno riesce a cogliere la verità nascosta dell’altro, quel fragile istante in cui una battuta, ripetuta e ripetuta, improvvisamente diventa viva.
Il palcoscenico è il luogo dove la memoria diventa presente.
Questo film è un omaggio a Eduardo, ma soprattutto al mestiere dell’attore e al senso profondo del teatro come spazio in cui una comunità si riconosce e si interroga”.