di
Francesco Battistini
Nell’ennesima prova della «diplomazia dei vaccini», la Russia di Putin trova una sponda europea nella Serbia di Vucic: l’Enteromix combinerebbe il materiale genetico del paziente col tessuto tumorale (ma il mondo scientifico è cauto): «Presto al via anche le cliniche per la sperimentazione»
Serbo vostro. Il governo di Belgrado annuncia che sarà il primo al mondo a sperimentare il nuovo vaccino russo contro i tumori.
Il ministro per la Cooperazione economica Nenad Popovic dice che l’Enteromix, messo a punto dal Centro di Ricerca medica e radiologica di Mosca, grazie all’intelligenza artificiale sarà «personalizzato» e facile da produrre anche nel cuore dell’Europa: basteranno sette giorni, per combinare il materiale genetico del paziente col tessuto tumorale e «intervenire sulle metastasi da melanoma o da cancro al colon».
C’è già un accordo diretto fra il presidente russo Vladimir Putin e il presidente serbo Aleksandar Vucic, spiega il ministro: «La scorsa settimana è venuta a Belgrado una delegazione russa per esaminare le nostre strutture» ed è stato istituito un gruppo di lavoro misto. Una missione d’oncologi, di microbiologi e d’infettivologi serbi andrà a Mosca entro la fine dell’anno, agli istituti Gamaleja e Gertsen, per partecipare alle ricerche, formare il personale, imparare il processo clinico.
Le prime dosi serbe, «destinate anche a malati provenienti dal resto d’Europa», saranno preparate all’ospedale Torlak di Belgrado. E già nel 2026, la Serbia sarà in grado di somministrarle.
È la diplomazia dei vaccini. Quella che Putin e Vucic sperimentarono ai primi tempi del Covid, con una telefonata e un accordo commerciale sul famoso Sputnik: quando ancora non era partita l’onda NoVax, ancora non
esistevano i rimedi di Pfizer o AstraZeneca, e pure dall’Italia partivano a centinaia per inocularsi a Belgrado il «rivoluzionario antidoto russo».
La Russia allora scelse i serbi e individuò subito uno stabilimento, sognando di produrre lo Sputnik e di penetrare in Europa con la sua assistenza sanitaria. Furono però le reazioni avverse, la guerra dei Big Pharma e le implicazioni politiche a suscitare più d’un dubbio, alla fine, inducendo Belgrado a rivendere una versione light del vaccino anti-Covid soltanto ai Paesi africani.
Anche sull’oncolitico Enteromix, ora, il mondo scientifico è cauto: primo, perché non è esattamente un vaccino che previene il cancro, ma semmai un trattamento attraverso l’inoculazione di quattro virus innocui e «capaci di distruggere al 60-80% la massa tumorale», assicurano i ricercatori russi, «rafforzando il sistema immunitario, non danneggiando gli organi e producendo pochi effetti tossici»; poi, perché i risultati positivi si son visti solo sugli animali e i primi test clinici su 48 volontari, fra i 18 e i 75 anni, sono cominciati solo in giugno (servono anni, su centinaia di pazienti, per avere risultati pubblicabili); terzo, perché la scorsa primavera i russi dell’Agenzia medica statale hanno scelto un convegno «politico» e per nulla specialistico – il Forum economico di San Pietroburgo -, sottraendosi alle domande della comunità scientifica mondiale che pure lavora da anni a un vaccino nei laboratori della Pfizer, nella tedesca BioNTech, in Israele; infine, perché gli oncologi mettono in guardia dalla soluzione «magica» d’un vaccino universale e avvertono, comunque, che l’immunoterapia è solo uno dei tanti percorsi curativi e poco o nulla, per il momento, potrà sostituire la chirurgia, la radio o la chemio.
L’Operazione Vaccino Russo, va da sé, è anche propagandistica: la neurologa (ed ex ministra della Salute) Veronika Skvortsova s’è recata da Putin in persona, per illustrargli i risultati della ricerca. E in pochi mesi lo Zar ha agganciato la Serbia, unico Paese in Europa che non abbia mai imposto sanzioni alla Russia, che aspira a entrare nell’Ue (ma da mesi sfida le proteste di piazza degli studenti contro la corruzione), che rifiuta le riforme democratiche richieste da Bruxelles e intanto preferisce mantenere rapporti strettissimi sia coi fratelli slavi di Mosca, sia coi mercanti di Pechino che da anni si stanno comprando aziende, autostrade, porti e ferrovie in tutti i Balcani.
Nei confronti del Cremlino, non è mai mancata la simpatia dei nazionalisti serbi – che nella Republika Srpska sono finanziati direttamente dalla Russia – e sono tutt’ora decine i mercenari serbi che combattono in Ucraina. A settembre, nella regione serbo-centrale di Loznica, è stato scoperto anche uno strano campo dove 170 fra moldavi, rumeni e altri cittadini europei venivano addestrati per due mesi a tattiche militari e di guerriglia urbana: il presidente Vucic, in persona, ha dovuto ammettere la presenza (e l’arresto) di tre uomini dei servizi segreti russi, addestratori che risultavano «coinvolti in manifestazioni violente a Parigi e in Germania».
Sempre in bilico fra Est e Ovest, ideologicamente più vicino ai valori del Cremlino che a quelli europei, c’è anche un altro aspetto che costringe il nazionalista Vucic a tenersi buono Putin e ad accettare di fare da hub pure per quest’ultima diplomazia vaccinale: la questione energetica. La principale compagnia petrolifera serba, la Nis, è finita sotto sanzioni Usa per il semplice fatto d’essere di proprietà russa. Ma Belgrado dipende totalmente dal gas di Mosca e la decisione Ue di porre fine alle forniture putiniane sta creando una «situazione quasi senza speranza», dice il ministro serbo dell’Energia, Dubravka Djedovic-Handanovic.
Dal primo gennaio, il gas non potrà più transitare nel territorio dell’Unione europea e quello destinato alla Serbia utilizza il Balkan Stream, che passa per la Bulgaria e l’Ungheria. «Una catastrofe», prefigura il ministro delle Finanze di Belgrado, Sinisa Mali. Per uscirne, Vucic è andato lunedì a parlarne col premier ungherese Viktor Orban. E s’è fatto reinvitare nei prossimi giorni a Budapest, quando Putin arriverà per il vertice con Donald Trump sull’Ucraina. Allo Zar, che non sa ancora che spazio aereo usare per raggiungere l’Ungheria senza essere arrestato, il presidente serbo ha offerto anche un corridoio Turchia-Mediterraneo-Montenegro, passando per la Serbia.
Cieli e vaccini, tutto va bene pur d’essere serbo vostro.
21 ottobre 2025
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