L’ultimo rapporto Istat sull’invecchiamento della popolazione ha descritto uno scenario complesso per i prossimi 25 anni. Nel 2050 l’età pensionabile sfiorerà i 69 anni e sempre più persone che oggi sono considerate per la loro età al di fuori della popolazione attiva si troveranno costrette a continuare a lavorare.

Anche soltanto per mantenere il numero assoluto di occupati odierno, ci sarà bisogno di un’iniezione significativa di lavoratori dalle fasce di popolazione oggi inattive. L’Istat prevede che questo contributo arriverà principalmente dalle donne, la cui popolazione inattiva è prevista in calo del 40,3%. Questo porterà a un aumento generale del tasso di attività, che supererà il 77% in alcune regioni del Paese.

In pensione a 69 anni, la previsione dell’Istat per il 2050

Il rapporto sull’invecchiamento della popolazione in Italia, pubblicato dall’Istat, stabilisce che, se la crescita dell’aspettativa di vita dovesse continuare nei prossimi 25 anni come previsto, nel 2050 la legge Fornero farebbe salire l’età pensionabile per la vecchiaia a 68 anni e 11 mesi. Non si tratterebbe dell’età media in cui si va in pensione, che anche oggi è molto più bassa dei 67 anni previsti dalla legge, grazie a varie forme di pensione anticipata. Ma sarebbe il limite massimo per la fine del periodo lavorativo.

La conseguenza sul mercato del lavoro di questo dato è immediata. L’Istat, infatti, considera “popolazione attiva” le persone tra 15 e 64 anni. Solo su di loro si calcola, per esempio, il tasso di occupazione. Se la pensione dovesse arrivare quasi cinque anni dopo i 64 anni di età, bisognerebbe iniziare a considerare anche la fascia 65-74 anni nei calcoli dei dati per la forza lavoro. In questo caso, nel 2050, la percentuale di persone in questa popolazione che lavorerà sarà del 16%.

La popolazione invecchia, sempre più donne al lavoro

L’invecchiamento della popolazione avrà anche un’altra conseguenza: la diminuzione della popolazione attiva. Nel 2050, le persone tra 15 e 64 anni saranno meno di 30 milioni in Italia. Oggi le persone occupate, quindi che hanno effettivamente un lavoro, in questa fascia, sono circa 24 milioni, a un tasso di occupazione del 62,6%.

Anche solo per mantenere questo livello di occupati in termini assoluti (i 24 milioni di oggi), avvisa l’Istat, il tasso di occupazione dovrà crescere moltissimo. La previsione è che, nel 2050, si arriverà a un tasso di attività (quindi occupati e disoccupati) del 73,2%, contro il 66,6% attuale. La crescita sarà guidata dalle donne.

Rispetto alla generazione dei baby boomer, che sta andando in pensione, quelle successive presentano infatti un tasso di istruzione delle donne molto più alto. Questo, nei prossimi 25 anni, dovrebbe garantire l’ingresso di una grande massa di inattive nel mondo del lavoro. La popolazione femminile inattiva dovrebbe calare, entro il 2050, del 40,3%.

La distanza tra Nord e Sud

Questo fenomeno dovrebbe coinvolgere tutte le aree del Paese. Anche nel Mezzogiorno il tasso di attività dovrebbe aumentare in maniera solo leggermente inferiore alla media nazionale, +5,8% contro il +6,6% del dato italiano. Questo però significa anche che il Sud vedrà aumentare la distanza con il resto del Paese in termini di occupazione.

Il tasso di attività nelle regioni meridionali dovrebbe attestarsi poco sotto il 62% nel 2050. Nel frattempo, però, Centro e Nord saranno cresciuti per anni a ritmi più alti. In queste aree, questo dato dovrebbe raggiungere vette del 77% o del 78% in alcune regioni.