Non sapremo mai se il suo è un processo inconsapevole, come succede alla maggior parte delle persone geniali. Oppure se, nel suo essere schivo e poco autocelebrativo, lo chef è consapevole del suo progetto ma non vuole sottolineare il fatto di aver avuto un’idea dirompente. Eppure, dopo aver ridisegnato i format gastronomici con Dinner Club, Carlo Cracco spariglia ancora e stavolta lo fa con i libri di cucina. Quando nel febbraio 2018 aprì Cracco in Galleria, l’evento fece notizia: l’alta cucina entrava per la prima volta nel cuore di Milano, dentro la cornice storica della Galleria Vittorio Emanuele II. Quattro piani – bistrot, caffè, cantina e ristorante con la scenografica Sala Mengoni – pensati come un salotto cittadino. Un luogo che rimetteva al centro la Galleria, riportandola alle origini: non solo spazio commerciale, ma casa degli artigiani e cuore delle feste popolari, come l’aveva immaginata l’architetto Mengoni nell’Ottocento.

Da questa storia nasce oggi un libro, Cracco in Galleria, pubblicato in doppia edizione (Phaidon per l’estero e L’Ippocampo per l’Italia), scritto da Gabriele Zanatta e costruito insieme al braccio destro dello chef Luca Sacchi e allo studio TOILETPAPER di Maurizio Cattelan e Pierpaolo Ferrari. All’inizio Sacchi pensava a un libro di ricette, convenzionale. Poi Cracco ha sparigliato e ha chiamato in causa TOILETPAPER. Il risultato è un volume eccentrico, che mescola linguaggi diversi, gioca con la fotografia, ironizza sulle forme e distrugge la struttura canonica del ricettario. E che nel suo essere totalmente anticonvenzionale, non urla, ma suggerisce, non si impone ma trova il suo spazio. Proprio come il più grande insegnamento che lo chef ha dato al suo giovane collaboratore: «La cosa più grande che Carlo mi ha insegnato è la serietà delle cose di valore. E se il mondo dei social ci distacca dal vero, per noi che facciamo questo mestiere è sempre più importante comunicare attraverso il silenzio e attraverso il nostro lavoro» sottolinea con orgoglio.
L’obiettivo dello studio creativo, invece, è di cimentarsi per la prima volta con un linguaggio diverso dal solito, e di alzare l’asticella di un settore sempre uguale a sé stesso da decenni: provare a fissare le persone per qualche secondo in più sulle pagine, farle riflettere, esattamente come serve tempo per pensare a un piatto di alta cucina quando lo si mangia per capirlo e non semplicemente per nutrirsi.

Il libro si sviluppa in verticale, come il ristorante: capitoli che seguono i diversi piani dell’edificio, ricette raggruppate e stampate su carte differenti, fotografie sfacciate e volutamente fuori registro. Non troverete la solita sequenza di piatto e ricetta, ma storie, pensieri, sentimenti che accompagnano ogni creazione. In totale, più di settanta piatti: dalla canonica e imprescindibile Insalata russa caramellata, ormai un must, al Timballo in Galleria, fino alle interpretazioni della tradizione milanese come Pane, polenta e bruscitt o la Cotoletta di pane in carpione.

Due i livelli di lettura che attraversano il volume: da un lato la parte tecnica, che soddisfa chi cerca la ricetta, fortemente voluta a Luca Sacchi. Dall’altro il racconto, che spiega perché un piatto è nato, quali errori lo hanno modellato, quali ossessioni lo hanno reso così com’è. È un libro che parla ai professionisti, agli appassionati di cucina, ma anche a chi ama la Galleria e Milano, la storia che qui si nasconde e che questo luogo custodisce e rilancia in un periodo contemporaneo, senza mai tradire la sua essenza, in una circolare visione Marchesiana del mondo.

Il merito del progetto è anche un altro: avere lasciato da parte l’ego dello chef per dare spazio al lavoro collettivo, dove Sacchi, Cracco e TOILETPAPER hanno unito libertà creative e mondi diversi. Un’opera che restituisce profondità a tutti gli aspetti: gastronomici, architettonici, artistici. Un oggetto eccentrico e originale, che mette in scena i protagonisti del ristorante senza incatenarli alla forma, e che aiuta l’editoria in affanno a vedere finalmente le cose da un nuovo punto di vista, senza incatenarsi alla tradizione e ai dogmi, ma provando a mescolare linguaggi, voci, contesti, settori e visioni.
Quello che esce oggi non è solo un libro su un ristorante, non è un best seller con le ricette di un grande chef televisivo, ma un laboratorio di possibilità, dove cucina, parola, design e arte continuano a contaminarsi, per raccontare una storia che si ripete, ma non è mai uguale a sé stessa.

