Guai ad accontentarsi nel ciclismo moderno. Lo sa bene Brent Copeland, che gira nell’ambiente oramai da più di 26 anni dopo essere sceso di sella nel 1999. Gli sponsor vogliono risultati. Le squadre si fondono e non sempre gli investimenti fatti a tavolino portano agli obiettivi sperati una volta che si è su strada. Il general manager della Jayco-AlUla non si nasconde dietro a un dito. Nei giorni scorsi ha applaudito il successo nella classifica generale al Tour of Guangxi di Paul Double (in apertura), ma rimane coi piedi per terra.
«E’ stata una stagione decente – ammette Copeland, prima di riavvolgere il nastro – ma potevamo fare meglio. Abbiamo vinto la tappa regina del Giro d’Italia con Chris Harper e poi fatto altrettanto con Ben (O’Connor, ndr) al Tour de France. A fine stagione però, ti viene sempre da pensare che forse avresti potuto fare qualcosa in più. Anche perché le aspettative all’inizio dell’anno sono sempre molto più alte di quello che si riesce a ottenere. Forse, gli unici casi che rappresentano l’eccezione dell’equazione sono la UAE di quest’anno (96 sigilli, ndr) o la Visma del 2023 che ha vinto quasi 70 corse (69 le affermazioni dei calabroni due anni fa, ndr) più tutti e tre i Grandi Giri».
Al timone del team australiano dall’estate 2020, Copeland si aspettava qualche fiammata in più dai suoi ragazzi e lo dice senza remore. «Vedendo la squadra di quest’anno con O’Connor, Matthews, Dunbar, Zana, Schmid – aggiunge Copeland – avevamo almeno 7-8 corridori capaci di vincere, ma non tutti loro hanno lasciato il segno. Guardando la classifica a squadre, siamo al 18° posto: non è la posizione che ci compete. Dovremmo essere quantomeno in top 10 per quello che abbiamo investito e per le energie che ci abbiamo messo».


Un tetto per i budget
La filosofia per il 2026 cambia. L’obiettivo è che qualche promessa diventi realtà con la speranza più allargata che si trovi un equilibrio. Il 2025 è stato dominato dal UAE Team Emirates-XRG, forte del budget e un vero e proprio Dream Team attorno al fenomeno Tadej Pogacar. Da presidente dell’AIGCP (Associazione Internazionale Gruppo Ciclisti Professionisti), Copeland rincara la dose. «Bisognerebbe parlarne di più di questa tendenza. Potrebbe portare all’esplosione della bolla se non si istituisce, ad esempio, per un tetto per il budget di ciascuna squadra. Se non si interviene, il gap crescerà ancora, ci sarà meno incertezza e il rischio è che ne vada della spettacolarità del nostro sport».
Copeland se ne intende . Oltre a gestire anche il team femminile della Liv AlUla-Jayco, in passato ha seguito il centauro Ben Spies in MotoGp. «In questo momento, i migliori team hanno un budget del 100 o del 200 per cento superiore rispetto alle squadre intermedie. E queste a loro volta hanno molta più disponibilità di quelle più piccole. Questo sistema non funziona e andrà sempre peggio se non lo regoliamo in qualche modo. Tetti salariali, limiti al budget complessivo delle squadre, altri interventi: qualcosa dev’essere fatto. Se il nostro sport diventa meno combattuto, perderemo tv, sponsor e pubblico. Formula 1 e MotoGp hanno cambiato moltissimo negli ultimi dieci anni per restare al passo. Noi dobbiamo evitare di restare indietro, sia nel ciclismo maschile sia in quello femminile. In quest’ultimo, ad esempio, si è fatta la scelta saggia di evitare sovrapposizioni in calendario tra le grandi corse. Una cosa che, invece, avviene in campo maschile con contemporaneità come quelle tra Parigi-Nizza e Tirreno-Adriatico».


Il ruolo di O’Connor
Poi torna sulla Jayco-AlUla per il 2026. «Per quanto ci riguarda – dice Copeland – abbiamo ridotto gli investimenti per comporre il nuovo roster, anche se è sempre più difficile trovare un equilibrio tra il budget ed essere competitivi ad alto livello. Noi vogliamo puntare sui giovani, ma senza abbassare il livello della squadra. Abbiamo fatto una scelta coraggiosa, ma sono sicuro che, se la gestiamo bene con i direttori sportivi e col nostro performance group, possa essere sostenibile e funzionale».
Sicuramente, gran parte delle aspettative pesa sulle spalle di Ben O’Connor. I pugni sferrati al cielo per celebrare il trionfo sul Col de la Loze sono l’istantanea di quest’annata per il team australiano. Eppure per quanto mostrato nel 2024, Copeland chiede di più alla sua stella.
«Il nostro sogno, così come quello di qualunque squadra – dice – è di salire sul podio al Tour de France. Per farlo, ci vogliono tanti investimenti e non è detto che bastino perché, davanti al tuo cammino, ti trovi ad affrontare tanti ostacoli. Se tutto fila liscio e i pianeti si allineano, diventa possibile. Noi abbiamo questa possibilità con Ben e, al giorno d’oggi, è ancora meglio un podio in un Grande Giro rispetto a vincere una Monumento. Certo, sappiamo di non avere un organico ai livelli delle supersquadre di Pogacar e Vingegaard, ma se il percorso che sveleranno in questi giorni sarà adatto alle sue caratteristiche, ci proveremo».


Il percorso del Tour
La presentazione della Grande Boucle si svolgerà il 23 ottobre e quello sarà un crocevia per i piani in casa Jayco-AlUla e per la stagione di O’Connor. D’altronde, il ventinovenne di Subiaco ha già dimostrato ai mondiali di Zurigo 2024 di poter dire la sua anche nelle corse di un giorno, terminando secondo nella corsa iridata alle spalle soltanto dell’imprendibile Pogacar.
«Una volta delineato il profilo del Tour– spiega ancora Copeland – decideremo se puntare a un possibile podio o comunque a una top 5, oppure se concentrarci sulle classiche. Non dimentichiamoci che è arrivato nella nostra squadra dopo aver terminato al 4° posto il WorldTour 2024. Quest’anno è fisiologico che abbia dovuto prendere le misure con il nuovo ambiente, i nuovi compagni. È giusto dargli tempo perché sono sicuro che nel 2026 ci farà divertire.


La centralità di Matthews
E per le gare di un giorno, torna a splendere la stella di Bling. Il sorriso di Copeland si illumina: «Matthews è il più grande “asset” della squadra. Forse non vince molto quanto meriterebbe, ma soltanto perché ci sono corridori con le sue caratteristiche che sono leggermente più forti, un po’ come accade a Remco quando si scontra con Pogacar. Michael, infatti, oggi affronta titani del calibro di Van der Poel o Van Aert».
Visto quanto mostrato al Lombardia, chissà che non possa proprio essere il veterano della squadra, il grande acquisto per il 2026. «Quando i dottori ci hanno detto che lui era guarito – replica Brent, che poi ricorda – non avevo dubbi che sarebbe tornato ancora più forte, vista la sua convinzione. Nel 2022, eravamo in piena lotta per non retrocedere. Invece Matthews fece terzo ai mondiali e salvò la nostra licenza per altri 3 anni. Ha fatto qualcosa di speciale, così come anche lo scorso anno, quando ha vinto in Canada il Grand Prix de Québec. Michael può dire la sua nella Milano-Sanremo o all’Amstel Gold Race. Per supportarlo, abbiamo scelto corridori come Capiot, De Bondt, Vendrame e Covi: lavorando insieme, sono certo che si creerà un gruppo affiatato».
E nei prossimi giorni, per provare a portare punti importanti, verrà annunciato anche Pascal Ackermann. In uscita dalla Israel, lo sprinter tedesco che vinse la maglia ciclamino al Giro d’Italia 2019 ha già svolto le visite mediche torinesi col resto dei compagni all’Istituto delle Riabilitazioni Riba di Torino due domeniche fa.