Nel 2018, le autorità della prefettura di Xingyi, nella provincia cinese del Guizhou, propongono alla famiglia di Chen e agli altri abitanti di un villaggio rurale di lasciare le loro case. L’area doveva essere demolita per fare spazio a un grande progetto turistico, che includeva un resort, un lago artificiale e un teatro.

La famiglia di Chen — due contadini che avevano costruito la loro casa negli anni ’80 e vi abitavano con i due figli — si oppongono all’esproprio. Tutti i vicini, invece, accettano l’offerta, convinti da risarcimenti economici sempre più consistenti e dalla promessa di nuovi appartamenti. 
In un primo momento, anche Chen e suo fratello cercano di negoziare: aggiungono un terzo piano alla piccola abitazione familiare, nel tentativo di aumentare i metri quadrati e quindi l’indennizzo. Ma presto, per Chen, la questione smette di essere solo economica. Diventa una sfida personale, una forma di resistenza contro quello che considera un esproprio forzato. Così, negli anni successivi, continua ad ampliare la casa: aggiunge un quinto piano nel 2019, un sesto nel 2022, un settimo nel 2023. Finisce per costruire un labirinto verticale, uscito da un sogno  di Studio Ghibli, mentre il progetto del resort si ferma.