Hanno lottato contro tutto e contro tutti. Contro i pregiudizi e contro quella che sembrava una sfida proibitiva. Alla fine, però, è stato qualcosa di quasi realizzabile. Il Team Solution Tech – Vini Fantini ha sfiorato fino all’ultimo l’obiettivo di entrare tra le prime 30 squadre al mondo del ranking UCI. Trentesimo posto che, ricordiamo, dà la possibilità di accedere ai Grandi Giri tramite wild card.
A precederla è stata la VF Group-Bardiani, appunto trentesima. E’ stata una lunga sfida, giocata sul filo dei punti. Un continuo botta e risposta. Ovviamente non con la squadra di Reverberi in sé e per sé, ma con “l’asticella del 30° posto”. A raccontarci di questa lunga lotta è Marco Zamparella, direttore sportivo della squadra toscana, che ci ha messo davvero tanto del suo…


Marco, dicevamo: una sfida che sembrava impossibile e invece alla fine non ci siete riusciti per pochissimo…
Eh già, appena 253 punti. Una sfida contro squadre molto più blasonate o più corazzate. Posso dire che è un boccone agrodolce. Il rimpianto di non esserci riusciti per poco c’è, però c’è anche la soddisfazione, come suggerivate, che rispetto a squadre più strutturate siamo riusciti a dar loro filo da torcere. Quindi dai, abbiamo perso la sfida ma ne usciamo comunque a testa alta.
E ve la siete pure studiata bene perché avete corso tantissimo in quelle gare dove potevate fare punti, tanta Asia…
Esatto, abbiamo cercato lidi che ci consentissero di raccogliere qualcosa.
Però siete stati bravi, perché in tanti dicono: “Andiamo a correre in Asia”. Ma poi i punti li devi fare. Non è che se vai a fare quelle gare automaticamente li prendi…
Assolutamente, anche perché cambiano le dinamiche di corsa rispetto magari a una categoria .Pro o una 1.1, dove spesso i punti li fai anche difendendo il piazzamento. Fare punti in corse 1.2 è molto più difficile se vuoi raggiungere una quantità importante. Non è semplice arrivare e fare gol, avere il vincente che ti finalizza la corsa. Credetemi, non è affatto scontato. Fai un terzo posto, quindi sei vicino alla vittoria, e non porti a casa praticamente niente. Superare i 2.000 punti come abbiamo fatto noi, in quel tipo di gare, se non hai corridori che sanno vincere non è affatto facile.


Come avete organizzato il vostro lavoro?
Ammetto che non è stato semplice, perché a me come a tutti nel professionismo piace vincere. Negli anni passati sono stato uno di quei direttori sportivi che, se c’era da riprendere un corridore o sgridarlo dopo l’arrivo perché non aveva tirato una volata o non aveva aiutato a vincere, lo facevo. Ho sempre lottato per la vittoria, perché fondamentalmente siamo professionisti e si corre per quello. Ma l’anno scorso, e ancora di più quest’anno, ho dovuto invertire la rotta: nelle riunioni, nelle telefonate, nelle conversazioni durante la settimana.
E in cosa consisteva questo cambio di rotta?
Per squadre che puntano a questo obiettivo diventa più importante piazzare due o tre corridori nei primi 15 o 20, in base alla categoria di corsa, piuttosto che vincere la gara stessa senza fare volume. E questo va un po’ a scapito dello spettacolo e del DNA della gara: però è così. Al momento bisogna correre in relazione a ciò che il regolamento prevede.


Ti aspettavi alcuni corridori, uno su tutti Tsarenko, così forti?
Tsarenko aveva già dimostrato buone qualità lo scorso anno, perché avevo corso parte del calendario con lui e si era visto che aveva un buon motore. La vittoria al Tour of Hainan (gara .Pro) gli ha dato più sicurezza in se stesso e più consapevolezza dei suoi mezzi. A mio avviso è quello che lo ha differenziato rispetto all’anno scorso. E poi conta anche il “saper provare a vincere”. Mi spiego: lui è un attaccante, e spesso i risultati migliori li ha ottenuti arrivando in fuga, ma questo lo portava quasi ad accontentarsi del piazzamento. Magari collaborava più del dovuto e sprecava tanto. Invece da metà stagione in poi ha mantenuto il suo spirito garibaldino, sempre all’attacco, ma con un pizzico di malizia in più nel gestire le fughe e gli sforzi.
Invece cosa hai detto alla squadra durante l’anno? Ci avete creduto veramente in qualche momento?
Diciamo che il ruolo del direttore sportivo è anche quello di filtrare parte dell’attenzione che arriva dalla dirigenza, e serviva farlo anche nei confronti dei ragazzi. Da parte mia l’atteggiamento non è cambiato: sono stato corridore anch’io, non ho smesso tanti anni fa. E credo che sia giusto avere motivazione e obiettivi forti per raggiungere risultati, ma bisogna anche correre con tranquillità. Sentivo che il discorso dei punti era già molto presente tra i ragazzi, quindi da parte mia cercavo più di smorzare la tensione che di aggiungerla.


Chiaro, vedi che già loro ne parlano, inutile insistere…
Esattamente, anche perché parte della nostra formazione era composta da ragazzi esperti, con diversi anni di professionismo. Questi sapevano già che la lotta ai punti nell’ultimo bimestre sarebbe stata fondamentale.
Quanto è importante essere in questi primi trenta posti della classifica UCI? E’ davvero così vitale questo potenziale invito per i Grandi Giri?
Vitale per il team spero proprio di no. Lo dico a malincuore: essendo italiani, per noi il Giro d’Italia è tutto. Siamo conosciuti per questo mito, e lo è soprattutto per gli sponsor italiani. Però mi auguro che ci siano sempre le basi per continuare nelle migliori condizioni possibili, perché comunque la visibilità di un team da gennaio a novembre è pazzesca. Quindi, come ripeto, il Giro d’Italia per noi è tutto o quasi, ma ci sono anche tante altre gare. E in alcune di queste, anche WorldTour, siamo riusciti a ben figurare. Ripeto: spero che lo stare fuori dal Giro non sia vitale.
Qualche giorno fa c’è stata l’ultima corsa: che discorso hai fatto ai tuoi ragazzi?
In realtà nelle ultime gare non ero presente come direttore sportivo. La mia ultima trasferta è stata al CRO Race – Giro di Croazia, fatta con gran parte di corridori giovani e specialisti, quindi non ci aspettavamo grandi risultati. Purtroppo al Langkawi e al Taihu Lake abbiamo avuto la perdita anzitempo di Rayovic e questo ci ha influenzato non poco nella lotta per i punti.