È un mondo immaginifico quello in cui ci introduce Aimee Bender nel romanzo che ha segnato il suo esordio, La ragazza con la gonna in fiamme, riproposto dalla casa editrice Minimum fax in una nuova veste grafica. La scrittrice di fama mondiale, autrice di successi come L’inconfondibile tristezza della torta al limone e i cui racconti sono stati pubblicati da prestigiose riviste letterarie (Granta, Harper’s, Tin House, Mcsweeney’s, The Paris Review), gioca con la realtà valicando i concetti di logica.
“Il mio ragazzo sta vivendo un’evoluzione al contrario. Non ne parlo con nessuno. Non so come sia successo, so solo che un giorno era il mio ragazzo e il giorno dopo era una specie di scimmione. Tempo un mese, e adesso è una tartaruga marina.”
16 racconti di varia lunghezza, da quattro a diciassette pagine, suddivisi in tre parti che propongono al lettore aspetti bizzarri e momenti assurdi ma mai ridicoli, come a voler offrire la cruda materia del vissuto che non si riconosce più nel mondo circostante e quindi cerca nuove forme per manifestarsi.
Concetti come la perdita, il lasciar andare, l’elaborazione del lutto, l’amore, l’amicizia, la solitudine vengono presentati in chiave surreale e fiabesca ad un pubblico adulto che deve sradicare ed eliminare strati di apparenza per arrivare all’essenza delle cose.
“C’era un folletto che andava a scuola su dei piccoli trampoli per non far capire che al posto dei piedi aveva gli zoccoli da capra. Ovviamente non portava mai i bermuda.”
Una donna che partorisce la propria madre, una bibliotecaria con atteggiamenti da ninfomane, due bambine mutanti, non sono altro che manifestazione di un disagio che è stato troppo a lungo silenziato.
La prosa spazia, osa, provoca, accende e con i suoi tratti fa capire quanto sia forte il desiderio di essere soltanto accettati, quanto sia doloroso trattenere e non elaborare e quanto sia salvifico lasciare andare quel peso che grava sulle spalle.
“Quando tornai a casa da scuola per pranzo, mio padre portava in spalla uno zaino fatto di pietra.
Toglietelo, gli dissi, è troppo pesante per te.
Così lo diede a me.
Era di pietra solida. E densa, che più densa non si può, grigia e fredda. Anche la minuscola impugnatura della zip era fatta di pietra e pesava una tonnellata. Io mi ingobbii sotto il peso e non riuscivo a sedermi, perché lo zaino non si adatta molto bene alle sedie, quindi rimasi in piedi, curva, in un angolo, mentre mio padre fischiettava, girando per casa, ormai rilassato, leggero e gioviale.”
Tradotto da Martina Testa, La ragazza con la gonna in fiamme nelle sue pagine fa vivere attimi di pura sensualità con un aspetto che primeggia su tanti altri, la necessità del contatto umano.
Ilaria Matà
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