Lorenzo Fortunato è stato uno dei migliori italiani al Giro d’Italia, e guardando il Tour de France è venuto spontaneo chiedersi come avrebbe potuto cavarsela anche lì, con le gambe del mese di maggio.
Ora è a Livigno, coccolato dall’Hotel Paradise Lodge, da sempre amico dei ciclisti, e in compagnia dei suoi compagni della XDS-Astana, per preparare una seconda parte di stagione intensa e stimolante, nella quale l’obiettivo principale sarà la Vuelta…
Passata la sbornia del Tour de France ritornano i corridori che erano stati protagonisti a maggio. C’è una sorta di grande rotazione. E tra coloro che rientrano in pista c’è anche Lorenzo appunto. La maglia blu del Giro, uno degli attaccanti più tosti e anche uno dei corridori italiani più solidi ormai.
Lorenzo Fortunato (classe 1996) al Giro si è comportato alla grande vincendo la maglia blu di miglior scalatore
Fortunato (classe 1996) al Giro si è comportato alla grande vincendo la maglia blu di miglior scalatore
Lorenzo, dal Giro di Svizzera non hai più corso. Hai fatto un bello stacco…
Sì, sono uscito bene dal Giro d’Italia, il Giro di Svizzera un po’ meno: ero in calo e, se tornassi indietro, avrei recuperato un po’ prima. Però poi ho avuto tutto il tempo per riposare. Ora sono in altura con la squadra, a Livigno, ospiti di Riccardo nel suo Hotel Paradise, che per i ciclisti è davvero un paradiso.
Come stai lavorando al rientro?
Tra poco concludo tre settimane qui, poi correrò la Vuelta a Burgos e infine la Vuelta. Un programma classico, simile all’anno scorso.
Qui tutti dicono che ogni anno si va più forte. Tu come giudichi la tua annata?
E’ vero, si va sempre più forte. Però io ho iniziato bene la stagione, ho fatto un bel Giro d’Italia e sono fiducioso di poter ripetermi nella seconda parte. Ho sempre lavorato sodo ma con equilibrio, quindi credo di poter arrivare bene alla Vuelta e chiudere in crescendo la stagione.
Alla Vuelta con che obiettivi andrai?
Un po’ come al Giro: da battitore libero. Quest’anno puntiamo su quello. Poi diciamo che è buono anche per le tappe: si fanno più punti, c’è meno stress e si raccolgono più risultati. E ci sono delle frazioni buone per fare qualcosa. Questa è la strategia.
L’emiliano si sta allenando in quota con i suoi compagni
L’emiliano si sta allenando in quota con i suoi compagni
Al Tour ci è capitato di chiacchierare con qualche corridore in fuga: dicevano che “il Fortunato del Giro ci stava bene”. Che ne pensi?
Il Tour è un’altra corsa. Le prime dieci tappe non hanno lasciato spazio alle fughe, poi sono partite ma hanno vinto soprattutto gli scalatori. Non c’è stato tanto margine per i corridori “mezzo e mezzo”. Penso per esempio a Simone Velasco, che ha faticato tanto ma ha fatto una grande fuga con un quarto posto. Magari si sarebbe trovato meglio al Giro.
In effetti hanno vinto corridori come Arensman, Healy, Paret-Peintre… e Groves ha sfruttato una caduta che ha messo in difficoltà proprio Velasco.
Anche a Boulogne-sur-Mer “Vela” era andato bene. Secondo me Simone ha fatto tutto quello che poteva.
Ti saresti visto bene nella tappa del Mont Ventoux?
Magari sì, erano tappe in cui la fuga partiva in salita, di forza. Potevo esserci anch’io. Erano fughe da scalatori. Quelle potevano essere le mie occasioni ma certo vincere non sarebbe comunque stato facile. Quindi sì: il Fortunato con la forma del Giro al Tour ci poteva stare ma non per la classifica ovviamente. Avrei sofferto molto nei primi dieci giorni, ma nella seconda parte avrei potuto dire la mia.
Prima hai detto: “Dopo il Giro avrei recuperato un po’ prima”. Perché, come hai gestito quella fase?
Dopo il Giro ho fatto due settimane tranquille, con qualche richiamo di forza e VO2Max, e poi sono andato al Giro di Svizzera. Ma avevo anche tanti impegni che forse potevo gestire meglio. Dopo la bella tappa con Scaroni, dopo la maglia blu, la fughe… ecco appuntamenti con sponsor, eventi, inviti… Belli e giustamente andavano onorati, ma non mi hanno permesso di lavorare al meglio per essere al 100 per cento allo Svizzera.
Il memorabile arrivo in parata a San Valentino Brentonico di Fortunato e Scaroni
Il memorabile arrivo in parata a San Valentino Brentonico di Fortunato e Scaroni
Chiaro…
Aggiungo però che ero comunque un po’ in calo. Se tornassi indietro salterei lo Svizzera e staccherei subito dopo il Giro. Nelle prime quattro tappe ho tenuto duro, ero decimo in classifica, poi anche mentalmente facevo fatica. Ho provato ad andare in fuga, ma non ero più il Fortunato del Giro. Però ci sta, io ci ho provato.
E dopo?
Dopo lo Svizzera sono stato una settimana completamente fermo, senza bici. Poi ho ripreso mettendo chilometri nelle gambe, in vista del blocco in altura.
E adesso come stai lavorando?
Tanti chilometri, tanto dislivello. Gli allenamenti classici: un po’ di forza, salite lunghe. Sto tornando al peso ideale: magari nello stacco ho messo su quel chiletto. Tutto qui. Senza inventare troppo. Dopo Burgos vedrò cosa manca di preciso e nelle due settimane prima della Vuelta lavorerò su quello. Anche perché dopo la Vuelta non sarà finita. Ci sono altre corse, anche quelle italiane.
Parli in modo maturo, Lorenzo. Questo Giro ti ha dato la consapevolezza definitiva?
Credo di sì. Col tempo capisci dove puoi puntare e dove invece è meglio rialzarsi. Ti costruisci obiettivi più realistici, più raggiungibili. Dopo la vittoria sullo Zoncolan ho provato a fare classifica, ma arrivavo sempre dodicesimo, quindicesimo... Allora ho detto: forse è meglio concentrarsi su altro. Non escludo che un giorno ci riproverò, ma per ora va bene così.
Anche perché arrivare quattordicesimo, per dire, non ti cambia molto…
Esatto. Ne ho parlato con Mazzoleni e con Shefer: se punti alla top 5 e ti va male, arrivi comunque nei 10. Ma se punti ai dieci e ti va male, arrivi quindicesimo.
Fortunato ha confermato che Ulissi (alla sua ruota) è stato un innesto importante per la XDS-Astana: un esempio e un diesse in corsa
Fortunato ha confermato che Ulissi (alla sua ruota) è stato un innesto importante per la XDS-Astana: un esempio e un diesse in corsa
E poi sei bloccato, non puoi andare in fuga…
Vero, non ti giochi le tappe, sei marcato: non hai spazio. E a a quel punto è tutto inutile. Per questo quest’anno ho fatto l’opposto.
E ti è piaciuto?
Sì, anche perché avevo dietro una bella squadra. Siamo un gruppo affiatato e con tanti italiani dai preparatori come Mazzoleni, ai direttori sportivi come Zanini, ma anche Shefer che ormai è italiano d’adozione, e Cataldo. Un bel gruppo, anche tra i corridori.
A proposito di Zanini, “Zazà” ha speso belle parole per Ulissi. Tu che impressione hai avuto?
Diego Ulissi è il direttore sportivo in corsa: dove non arrivano i diesse dalla macchina, ci arriva lui. E’ un nostro punto di forza. Quest’anno quando ha preso la maglia rosa sono stato contentissimo, quasi più che se l’avessi presa io. Quel giorno ero secondo a pochi secondi, ma il risultato gli ha dato ancora più morale e forza per continuare ad aiutarci anche nelle tappe successive.
Insomma, quando c’è Ulissi la squadra gira bene?
Sì, ma anche con Masnada, Conci, Scaroni, Velasco… Ripeto: siamo un bel gruppo. Ci alleniamo insieme, tra chi è a San Marino e chi è in Svizzera. Siamo uniti… e non solo in corsa.