L’attrice da oggi in sala con “La vita va così” di Milani “Parla di appartenenza, quella che vedo anche negli stadi. Mi sarebbe tanto piaciuto essere tifosa, è un’unione magica”
Giornalista
23 ottobre – 08:51 – MILANO
Il calcio non è mai riuscito ad appassionarla davvero. Proprio per questo le manca. Virginia Raffaele è tutta passione e cuore, allo stadio si sarebbe trovata bene, lo sa anche lei: “Mi piacerebbe tanto essere una vera tifosa. Quando vedo tutta quella gente insieme, nello stesso posto, penso sempre ‘Che figata questa cosa che unisce così le persone’. Certo, capita pure di vedere cose orrende, lì mi chiedo come una situazione così bella porti a reazioni tanto disumane”. Il calcio poi è anche, fortemente, appartenenza. Nel film di Riccardo Milani, La vita va così, di cui è protagonista con Aldo Baglio e Diego Abatantuono (nelle sale da oggi con Medusa), ci sono lampi di Cagliari e di “Giggirriva” a segnare il legame potente dei sardi con la propria terra. “L’appartenenza è un tema centrale del film, così come il coraggio e la dignità. Riccardo tocca il sociale facendo sorridere, una ricetta che ha una vecchia scuola, quella della commedia all’italiana, con tocchi di neorealismo se pensate che ho recitato con un pastore di 84 anni”.
Il film, tratto da una storia vera, mostra il passare del tempo anche attraverso fatti che hanno segnato il nostro Paese. Come la vittoria del Mondiale 2006. Cede almeno al fascino della Nazionale?
“Beh sì, l’Italia la tifo, è bello ritrovarsi tutti insieme davanti alla tv, è un momento magico che per fortuna non si sta perdendo nonostante sia cambiato tutto. C’è della poesia, ne abbiamo bisogno. Speriamo davvero che l’Italia stavolta riesca a qualificarsi!”.
Qualche ricordo particolare?
“Mia madre che durante Usa ’94 si fece stampare la maglietta ‘Signori sei Mondiale’. Eravamo al Luneur, dove avevamo il banco del tiro a segno e quello dei pesci rossi, e lei girava fiera con questa maglia con la foto di Beppe Signori”.
“Sì, ma quello era un omaggio agli azzurri”.
I laziali pensano che tifi Lazio anche lei.
“Perché una volta feci una cosa con la Ferilli in cui lei era romanista, e non poteva essere altrimenti, e io laziale. Ma come ho detto purtroppo il calcio non l’ho mai seguito più di tanto, mezza famiglia è laziale, l’altra metà romanista, mi tiravano da una parte e dall’altra… Meglio tenersi fuori! Peraltro sono nata il 27 settembre, lo stesso giorno di Totti, come mi fanno presente ad ogni compleanno i miei amici giallorossi”.
Ci dicono sia appassionata di tennis.
“C’è stato un periodo in cui mi era presa proprio la fissa, giocavo da mezzogiorno alle due, anche a luglio e agosto. Mi piaceva tanto… Adesso è un po’ che non lo faccio, ma lo trovo uno sport meraviglioso, anche se è il gioco del diavolo! Mi ci incaz… tantissimo, però ti fa staccare con la testa in modo unico”.
“Beh sì, soprattutto Sinner. Ho seguito la finale di 18 ore contro Alcaraz al Roland Garros e per fortuna anche quelle che ha vinto, a partire da Wimbledon. Sono finti quei due… Come Djokovic che neanche suda, è un po’ un alieno”.
Visto che si parlava di appartenenza, come ha preso la rinuncia di Sinner alla Coppa Davis?
“Bah, io lo vedo come un ragazzo tanto sano. Mi piace il rapporto che ha con la famiglia, mi piace quello che dice, è un bravissimo ragazzo. E poi io ho una stima infinita per i grandi campioni, quando giocano non riesco a non pensare ai sacrifici alimentari, fisici, di vita che ci sono dietro a quei gesti atletici”.
“Quando ero piccola ero affascinata da Andre Agassi, ho letto anche il suo libro, Open, e l’ho trovato stupendo”.
Com’è stato il suo incontro con Adriano Panatta?
“Che ridere! È stato il primo a farmi tirare una pallina con la racchetta, sono entrata nel mondo del tennis dalla porta principale. Eravamo in un villaggio turistico per un lavoro, gli dissi: ‘Adria’, se non me la fai te una lezione non me la fa nessuno’. Da romanaccio qual è e da romanaccia quale sono io, ci siamo trovati subito. Mi chiamava Olivia, quella di Braccio di ferro, lunga e secca, mi prendeva in giro. Adriano è simpatico davvero, un signore, pieno di ironia”.
Ha lavorato spesso con Bolle.
“Roberto è unico, una persona meravigliosa con un carattere delizioso. Poi è anche un grande professionista e uno stakanovista, in questo ci troviamo. Cerchiamo la perfezione in modo maniacale. Auguro a tutti di essere sollevati almeno una volta nella vita da Roberto Bolle: è un’esperienza meravigliosa, ti senti leggerissima, voli!”.
Ha ballato anche con Carla Fracci.
“Una donna di un’ironia e un’intelligenza superiori. Per l’imitazione che facevo di lei mi raccontò una storia: ‘Una volta incontrai Chaplin’ e io già lì ero tramortita ‘mi disse sarai veramente famosa quando qualcuno ti imiterà, quindi grazie’. Geniale”.
Ha imitato pure Federica Pellegrini.
“Vero, dentro la vasca… Ma non ho mai saputo se le sia piaciuta, in realtà non mi è mai nemmeno capitato di incontrarla”.
Per il tipo di spettacoli che fa, due ore in piedi con decine di cambi, deve essere allenata.
“Io da piccola ho sempre fatto danza e quello mi aiuta. Ora vorrei imparare a nuotare bene, l’estate scorsa ci ha provato Paola Cortellesi ma non c’è stato verso, vado sotto e poi emerge solo il sedere, tipo boa, ma perché? Sul lavoro però faccio sul serio, allenamento funzionale e metabolico. Lo sport è veramente importante, a livello fisico, ma anche culturale, mentale e sociale”.
“Sono cresciuta in un tiro a segno, il brivido della competizione sportiva fa parte di me. Quella carognetta un po’ ce l’ho…”. Visti i risultati, benvenga, la carognetta.
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