Il trend di queste ore è “crollo dell’oro” e il motivo è presto spiegato. Dopo giorni di record positivo, martedì 21 ottobre l’oro ha registrato il crollo più violento degli ultimi dodici anni, perdendo il 5,7% del proprio valore in una singola seduta di contrattazioni e scivolando da oltre 4.380 dollari l’oncia a 4.109 dollari. La caduta, che ha sorpreso i mercati globali proprio nel momento in cui il metallo prezioso sembrava inarrestabile dopo aver toccato 39 nuovi massimi storici nel corso del 2025, rappresenta il peggior calo in un solo giorno dal 2013, quando il mercato dell’oro subì una delle sue più severe correzioni. Mercoledì 22 ottobre le quotazioni hanno continuato a scendere, chiudendo sul Comex (Commodity exchange), il principale mercato statunitense per i futures sulle materie prime, a 4.098,60 dollari l’oncia, con una variazione giornaliera di -0,62%.

Il perché del crollo dell’oro

Il crollo dell’oro arriva in un momento particolarmente delicato per i mercati finanziari globali, dato che l’oro aveva registrato una performance straordinaria per tutto il 2025, aumentando il proprio valore del 47% e raggiungendo lunedì 20 ottobre un picco di 4.381 dollari l’oncia, il massimo storico assoluto per il metallo prezioso. La corsa dell’oro era stata alimentata da molteplici fattori strutturali, tra cui le tensioni geopolitiche persistenti, l’incertezza sulla politica economica statunitense e gli acquisti massicci da parte delle banche centrali mondiali. In particolare, gli exchange-traded fund (Etf) dedicati all’oro avevano registrato afflussi record nel corso dell’anno, con 310 tonnellate di nuovi investimenti che hanno portato le partecipazioni globali a crescere del 10%, spinte principalmente dagli investitori statunitensi e cinesi.

Gli analisti di diverse istituzioni finanziarie interpretano il crollo dell’oro come una correzione tecnica dopo un rally eccessivo, piuttosto che come l’inizio di una tendenza ribassista di lungo periodo. “L’oro era enormemente sotto pressione, enormemente ipercomprato. C’è stata molta FOMO (fear of missing out, paura di perdersi qualcosa, ndr) all’ingresso di quel mercato”, ha affermato Tony Sycamore, analista di mercato di IG citato da Reuters, aggiungendo che i titoli tecnologici e alcuni altri mercati si trovavano in una situazione simile. Tuttavia, come riporta JP Morgan, il World Gold Council, l’organizzazione che riunisce le principali aziende del settore aureo a livello mondiale, conferma che la domanda strutturale da parte delle banche centrali rimane robusta, con acquisti previsti intorno alle 900 tonnellate per il 2025, motivati dalla strategia di diversificazione delle riserve valutarie internazionali lontano dal dollaro statunitense.

Una possibile rotazione di capitali

Un’altra delle ipotesi del crollo più discusse dai trader riguarda una possibile rotazione di capitali dall’oro verso Bitcoin, la principale criptovaluta, che ha registrato un rally proprio nei giorni del crollo dell’oro. Alcuni analisti del settore crypto, citati da BeInCrypto, hanno notato che schemi simili si erano già verificati in passato, in particolare nell’aprile 2025 quando l’oro aveva perso il 5% in tre giorni immediatamente prima di un’impennata di Bitcoin. Il rafforzamento del dollaro americano, che presentava condizioni di oversold (ipervenduto) secondo le analisi tecniche, potrebbe aver esercitato pressioni ribassiste sull’oro, dato che storicamente esiste una correlazione inversa tra la valuta statunitense e il metallo prezioso. Inoltre, le aspettative sul futuro dei tassi di interesse della Federal Reserve (Fed), la banca centrale degli Stati Uniti, potrebbero aver contribuito alla volatilità, dato che i mercati stanno ricalibrando le proprie previsioni sui tagli dei tassi dopo i dati economici recenti. Il World Gold Council ha però rassicurato gli investitori sostenendo che, in assenza di una crisi di liquidità sistemica, le caratteristiche di copertura dell’oro rimangono intatte nonostante la correzione, e che fattori come la debolezza del dollaro, l’attività nei mercati delle opzioni e le tensioni politiche continuano a supportare il metallo sul medio periodo.