di
Natalia Distefano

Cantautore e attore per spot: «Pierfrancesco è tifoso come me: ci siamo divertiti a fare i giardinieri». Trastevere ispira le mie canzoni

Romano e romanista. Carl Brave — al secolo Carlo Luigi Coraggio, classe 1989 — è tra i cantautori più camaleontici della scena contemporanea. Un esordio da fuoriclasse con la Love Gang (collettivo musicale trasteverino). Poi artista rivelazione del 2018 grazie al primo album solista «Notti Brave» (doppio disco di platino). 

Rapper capace di cantare la sua generazione e la sua città senza filtri e censure. Ma anche golden boy dei tormentoni estivi e collezionista di concerti sold out. E ora, un po’ per gioco ma soprattutto per fede calcistica, anche attore e giardiniere nel nuovo spot Adidas per la terza maglia dell’As Roma. Con il siparietto accanto a un partner d’eccezione come Pierfrancesco Favino — anche lui romanista — diventato virale in un baleno, nel tempo di una sforbiciata alla siepe. 



















































Dal microfono sul palco al tosaerba in giardino, cosa non si fa per la Roma? 
«Tutto! Si fa tutto per la Roma, tranne fare a botte! Essere tifosi è un gesto d’amore: chi tifa ama, soffre, spera, fa un atto di fede. La violenza non c’entra niente e non è mai giustificata, tanto meno nello sport». 

Il primo ricordo da romanista? 
«Sono nato romanista, è nel dna di famiglia. Eppure conservo un ricordo molto preciso del momento in cui l’essere romanista è diventato per me un valore. Ero un bambino, stavo in soggiorno con i miei genitori: ricordo che c’erano le luci spente, i volti illuminati dal teleschermo, e dentro quella scatola magica la Roma che giocava a calcio. I miei erano felici, anche io. Da allora per me la Roma è casa, è famiglia, è felicità». 

Anche quando gioca un derby non performante, come l’ultimo? 
«Non è stato il derby della vita. Non sarà ricordato negli annali. Però abbiamo vinto, e nello sport conta il risultato. Io poi l’ho visto a Milano, ma con amici rigorosamente romanisti. E da Milano Roma, se possibile, sembra ancora più bella. Non voglio essere frainteso: adoro viaggiare, conoscere posti, suoni e culture diverse; mi piace collezionare esperienze. Ma poi ho bisogno di tornare a Roma. Di Trastevere, è qui che metto insieme le idee e le canzoni prendono forma». 

Il rione riecheggia da sempre nelle sue canzoni, quasi un co-protagonista nella carriera. 
«Assolutamente sì. Non solo perché è il mio quartiere e i miei testi sono tutti molto autobiografici. Ma perché è un posto unico, sincero. Tra i pochi rimasti ancora così in città. Sembra quasi un paese a sé, un microcosmo con un battito a diverse frequenze tutto suo. Di giorno incontri i vecchietti al bar che giocano a carte, come se il tempo si fosse fermato, mentre intorno sfilano frotte di turisti. E la sera ci sono i ragazzi, italiani e stranieri, in un’unica grande baraonda. Ci trovi lo scorcio romantico e la rissa in un vicolo. La tradizione e le nuove tendenze. Trastevere ha mille anime, è la mia più grande ispirazione». 

Nei testi fioccano le parole romanesche e i riferimenti a luoghi, abitudini, gioie e inquietudini trasteverine. Non teme di non essere capito fuori dal Grande raccordo anulare? 
«Io canto la mia vita, la mia città. Non scrivo canzoni per gli altri. Faccio musica per condividere con gli altri le mie emozioni, ma senza fare il ruffiano. Sempre con grande schiettezza, che è la virtù dei romani che più amo. L’immediatezza è la mia cifra: limitarsi nelle forme di espressione e di creatività per farsi capire da tutti non credo sia il modo più onesto per raccontarsi. Io sono così: vado a farmi una birra a San Callisto, giro per piazza Mastai e vicolo dei Cenci. Nel mio ultimo Notti Brave Amarcord, che è forse il mio disco più personale in assoluto, quasi un diario, ad esempio rivivo le serate al Goa Club di Ostiense, quelle al Rialto nel quartiere ebraico. Racconto il mio legame con la città e ne disegno una mappa personalissima. Porto chi mi ascolta alla scoperta della mia Roma». 

Un autentico testimonial capitolino. 
«Sì, questa cosa mi piace e mi riempie di orgoglio. Qualche giorno fa una pischella a Milano mi ha raccontato che, ascoltando le mie canzoni, ha sognato Roma, se ne è innamorata, tanto che ha voluto fare un tour di tutti i posti citati nelle mie canzoni. Ha detto: “volevo vederli con i miei occhi, sono stata a Roma grazie a te”. Ecco, non importa se tutti mi capiscono, la musica è scoperta, è accendere connessioni». 

Da guida turistica dove porterebbe un visitatore? 
«Innanzitutto lo porterei in motorino. È il modo migliore per godersi la città liberi dall’incubo del traffico, che è il più odioso difetto di Roma. Poi al Giardino degli Aranci, a mangiare in trattoria. I monumenti non mancano, certo, ma credo che le cose da fare siano talmente varie che ognuno può vivere la città a modo suo». 

Posto del cuore? 
«Roma la amo tutta, e dire Trastevere sarebbe scontato. Ma c’è un posto fuori dai circuiti turistici che posso davvero considerare un luogo del cuore: è un campo da basket non lontano dalle Terme di Caracalla. Per anni ho giocato a pallacanestro (cestista nella Serie A Dilettanti, ndr.) e appena possibile vado ancora a fare due tiri in quel campo a un passo dalla Grande Bellezza». 

Nello spot Adidas lei e Favino fate i giardinieri, ci racconta come è andata? 
«È andata una bomba! Prima di quel set, allestito in una villa a Roma nord, ci eravamo solo incrociati. Ma quando ci siamo visti c’è stata subito una bella confidenza. Poi, un attimo dopo, mi sono ritrovato davanti tutto il suo talento e la professionalità. Sebbene si trattasse di uno spot con poche battute, Favino era assolutamente assorto, ripassava la parte: per lui il copione di un film o poche righe per una pubblicità hanno lo stesso peso. Ho osservato da vicino la grandezza di un attore, il mestiere affrontato con la massima serietà in ogni occasione». 

E la maglia bianca dal colletto verde-giallo? 
«Mi piace da impazzire, e che emozione vestirla! Elegante, raffinata, versatile. Rappresenta la storia della Roma (richiama la squadra fondatrice del club, Alba Roma, ndr.) e ha un tocco green, ambientalista, così contemporaneo». 

Allo stadio? 
«Ci vado! Sempre volentieri ma sempre meno, purtroppo. Perché spesso sono fuori per lavoro. La squadra di questa Roma, ad esempio, non l’ho conosciuta all’Olimpico ma in Giappone. Per una felice casualità. Io ero lì con amici, mentre il club era impegnato in un torneo, sono andato alla partita e poi negli spogliatoi. Chi lo avrebbe mai detto!». 

In compenso riempie i palazzetti? 
«Il 27 novembre, per la prima volta, suonerò al Palazzo dello Sport, all’Eur. Non nascondo l’emozione, il live chiude il mio tour e non a caso ho scelto Roma. Suonare qui è speciale, nel pubblico ci saranno la mia famiglia, mamma con le amiche, i miei amici di sempre. E qualche collega salirà sul palco. Una grande festa per un sogno che si realizza: in una canzone tempo fa promettevo “Arriverò al Palalottomatica”. Beh ecco, quel momento è arrivato».


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23 ottobre 2025 ( modifica il 23 ottobre 2025 | 09:49)