Il settore bancario italiano è al centro della nuova manovra economica 2026, che prevede un impatto complessivo stimato di 10 miliardi di euro in tre anni. Una cifra solo leggermente inferiore agli 11 miliardi indicati in precedenza nel Documento programmatico di bilancio, ma che conferma la volontà del governo di mantenere invariato l’impianto delle misure fiscali per le banche e le assicurazioni.
Il testo, già bollinato dalla Ragioneria generale dello Stato e ora all’esame del Parlamento, ribadisce le principali disposizioni inizialmente annunciate. Le modifiche rispetto alla prima bozza sono minime e non cambiano la sostanza del provvedimento, che prevede un contributo stabile al bilancio pubblico da parte del comparto creditizio.
Le misure principali: Irap e deduzioni ridotte
Il punto centrale della manovra è l’aumento dell’Irap per banche e assicurazioni. L’aliquota passa:
- dal 4,65% al 6,65% per le banche;
- dal 5,90% al 7,90% per le assicurazioni.
La misura produrrà un gettito stimato di 4,11 miliardi di euro nel 2026, a condizione che gli istituti di credito “liberino” parte delle riserve patrimoniali accantonate negli ultimi anni, per un introito di circa 1,65 miliardi. Nel 2027 il gettito resterà pressoché invariato, per poi scendere a 1,8 miliardi nel 2028.
Sono previste anche restrizioni alla deducibilità fiscale di alcune componenti negative, tra cui le svalutazioni dei crediti e l’avviamento. In particolare, la deducibilità dell’avviamento si ridurrà dal 20,58% all’8,22% nel 2027, limitando i vantaggi fiscali per le banche.
Il pacchetto fiscale non si configura come una tassa straordinaria una tantum, ma come una ristrutturazione permanente del carico fiscale e regolamentare sul sistema bancario e assicurativo.
Le reazioni del settore bancario
Il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, ha espresso una posizione prudente ma decisa, chiedendo “maggiore rispetto” per il ruolo delle banche nel sistema economico nazionale.
“Le banche devono fare il loro lavoro con un totale clima di serenità”
ha dichiarato nel suo intervento al Salone del Leasing, sottolineando che l’associazione attenderà la discussione parlamentare prima di esprimere valutazioni ufficiali.
Secondo Patuelli, il comparto bancario non può essere considerato un “corno della fortuna” da cui attingere risorse, ricordando che i margini di interesse sono già in calo nel primo semestre del 2025 e che anche le commissioni mostrano segnali di rallentamento. Pur in presenza di utili elevati – come i 10,5 miliardi netti annunciati da Unicredit per l’anno in corso – gli istituti si trovano a operare in un contesto di crescente incertezza economica.
Le condizioni del mercato e i rischi futuri
Il settore deve fare i conti con uno scenario economico complesso. Secondo l’outlook Abi-Cerved 2025-2027, il tasso di default delle imprese salirà dal 2,6% del 2024 al 3% nel 2026, segnalando un aumento dei crediti deteriorati. Anche la Banca d’Italia prevede una crescita del PIL limitata allo 0,6% per il 2025 e per il 2026, a fronte di una domanda interna debole e di un calo della redditività industriale.
A queste criticità si aggiungono i dazi statunitensi sulle esportazioni italiane, che stanno già incidendo sulle imprese manifatturiere, con effetti indiretti sulla richiesta di finanziamenti. Un contesto che aumenta la prudenza del mondo bancario, impegnato a garantire liquidità e credito all’economia reale ma con margini più ridotti.