La stagione 2025 ha messo in luce un aspetto chiaro: per puntare al vincere, i team hanno scelto soluzioni sempre più estreme, arrivando a modificare in profondità alcuni elementi chiave delle vetture durante l’inverno. La McLaren rappresenta l’esempio più evidente: la superiorità mostrata nella prima parte dell’anno affonda le radici proprio in quelle decisioni, considerate innovative, che hanno guidato la progettazione della MCL39.

Un’altra scuderia che ha imboccato questa strada è stata la Ferrari, adottando con la SF-25 una filosofia progettuale diversa per superare i limiti strutturali della SF-24, ormai giunta al capolinea del proprio sviluppo. Per vincere, serviva andare oltre con scelte più spinte e le modifiche, meccaniche e aerodinamiche, erano pensate per liberare la creatività non solo durante l’inverno, ma anche durante la stagione. 

Una svolta per aprire nuove strade, ma qui nasce il paradosso: quelle stesse modifiche, che avrebbero dovuto aprire a opportunità inedite, si sono rivelate anche un… limite allo sviluppo. L’obiettivo era quello di presentarsi con una vettura competitiva già a inizio stagione, ma quelle scelte progettuali, che hanno frenato la Rossa sin dalle prime gare, alla fine ne hanno limitato anche la crescita durante il mondiale. 

Charles Leclerc, Ferrari

Charles Leclerc, Ferrari

Foto di: Andy Hone/ LAT Images via Getty Images

Non è un mistero che la SF-25 sia una monoposto estremamente sensibile alle variazioni delle altezze da terra. Un tema che riguarda tutte le vetture a effetto suolo, ma che sulla Ferrari quest’anno si è limitato in un fattore ancora più limitate, capace di generare un impatto a cascata sin dal primo GP in Australia fino agli appuntamenti più recenti. Un tema che ha pesato anche ad Austin, uno dei tracciati con l’asfalto più sconnesso dell’intero calendario.

Dopo le difficoltà del venerdì, la bella reazione della Rossa ha ragioni sia tecniche che di esecuzione. Al di là delle modifiche di setup e della cura nella preparazione del giro d’uscita in qualifica, ambiti in cui la Ferrari ha dimostrato un’ottima capacità di lettura e interpretazione dei dati, resta la questione di fondo. Ed è qui che si arriva alla radice del problema: la gestione delle altezze da terra ha condizionato profondamente la stagione della Ferrari, trasformandosi in un limite che non può essere risolto.

Gestire le altezze è più complesso di quel che sembra

C’è infatti un aspetto cruciale: non si tratta soltanto di quanto si fa girare bassa la vettura. Ogni monoposto, infatti, consuma il pattino in modo diverso anche alla stessa altezza da terra, perché ciascuna macchina possiede una propria mappa aerodinamica: ciò vuol dire che anche i punti in cui si genera pressione e carico sotto il fondo saranno distribuiti in maniera differente. Non è un caso che i controlli FIA avvengano su più aree del pattino, proprio perché ci sono zone possono avvicinarsi più di alte all’asfalto con picchi di carico differenti.

Lewis Hamilton, Ferrari

Lewis Hamilton, Ferrari

Foto di: Hector Retamal – AFP – Getty Images

Si tratta di un sottile gioco di equilibri, molto più complesso di quanto possa sembrare, che affonda le radici nella fase stessa di progettazione di una monoposto, dalla meccanica all’aerodinamica. Già nel pre-stagione avevamo sottolineato come la Rossa avesse cercato di spostare, proprio dalle fondamenta del progetto, il bilanciamento, ridistribuendolo con alcune scelte di telaio, meccanica e aerodinamica.

Questi tre elementi, inclusa la rinnovata sospensione posteriore, poi ulteriormente modificata in corso di stagione, hanno ridistribuito le zone di pressione nella parte inferiore del fondo, nel tentativo di rendere più omogenea rispetto al passato la generazione del carico per trovare performance. Il problema è che tali scelte hanno finito per produrre un effetto inatteso, un consumo anomalo del pattino, non previsto nelle simulazioni.

Dove lavorano i team per trovare un vantaggio

“Penso che in tanti soffrano con il consumo della parte posteriore del pattino. Ma chi riesce a distribuirlo meglio spostandolo verso l’anteriore, significa che può girare più bassi degli altri. Questo è qualcosa di molto intelligente, chi è riuscito a far ciò ha un vantaggio competitivo. Vuoi creare carico da dietro, ma fare in modo che il punto di contatto sia davanti”, ha detto Inaki Rueda, direttore sportivo della Sauber, spiegando il perché certe squadre, come tra l’altro la stessa scuderia svizzera, sia più in difficoltà sul fronte della gestione delle altezze da terra rispetto ad altri team.

Questo è uno dei motivi per cui la McLaren riesce a girare tendenzialmente più bassa rispetto ai rivali, senza però incorrere negli stessi limiti, come dimostrato a Barcellona dove arrivava addirittura a generare del porpoising che la portava a toccare l’asfalto nella percorrenza delle curve molto veloci. Non sorprende, dunque, che Andrea Stella abbia definito la monoposto come innovativa su più fronti, e la stessa Red Bull ha ritrovato performance lavorando, tra i vari elementi, anche sulle altezze.

Lewis Hamilton, Ferrari

Lewis Hamilton, Ferrari

Foto di: Andy Hone/ LAT Images via Getty Images

Ciò spiega anche perché la creazione delle scintille dal fondo, generate dalla placca collocata nella parte più avanzata del pattino, rappresenti solo parzialmente un indicatore di quanto una vettura stia girando bassa. Il consumo del fondo, infatti, non è uniforme né omogeneo tra le diverse monoposto in griglia, per quanto naturalmente non ci si possa nemmeno spingere troppo nella direzione opposta ed è qui che entra in gioco la necessità di trovare un equilibrio.

Un tema nato alle radici del progetto e difficile da risolvere

Ma quando il consumo si concentra in maniera eccessiva su una zona specifica, come il posteriore, si è costretti ad alzare la vettura, sacrificando inevitabilmente carico aerodinamico. È un problema che ha colpito la Ferrari soprattutto a inizio stagione, persino su piste dove l’asfalto era teoricamente più liscio: un segnale evidente di come la Rossa cercasse di girare al limite per estrarre ogni centesimo dalla vettura.

Il fatto è che questa marcata sensibilità alle altezze non incide soltanto sulla quantità di carico generato, ma anche sul modo in cui la macchina viene impostata in altri ambiti, soprattutto a livello sospensivo, potendo essere più o meno rigidi a seconda della situazione. Ne deriva un effetto a cascata che, nei casi più estremi, può far uscire la macchina ben oltre la sua finestra operativa ideale con un calo di performance eccessivo, costringendo talvolta a interventi in corsa durante i pit stop o persino a modificare le traiettorie in gara.

Un problema che affonda le radici nel progetto e che non è semplice da correggere a stagione in corso. La Ferrari ha provato a intervenire sul piano aerodinamico, introducendo un nuovo fondo, e su quello meccanico, nel tentativo di ampliare il margine operativo e trovare margine, ma si tratta di un esercizio tutt’altro che semplice che richiede tempo e risorse. Anche per questo motivo, unito all’impossibilità di centrare gli obiettivi prefissati, a Maranello si è scelto di interrompere presto lo sviluppo della SF-25 per concentrare le risorse sul progetto della prossima stagione.

Leggi anche:

Vogliamo la vostra opinione!

Cosa vorresti vedere su Motorsport.com?

Partecipate al nostro sondaggio di 5 minuti.

– Il team di Motorsport.com